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Vice

Gaza e Ucraina: la perversione delle armi va spezzata

di Vice


Siamo al 229° giorno di guerra tra Israele e Hamas e nella Striscia di Gaza e, secondo i dati forniti dal quotidiano Al Jazeera, sono morte 35.647 persone e 79.852 sono rimaste ferite negli attacchi dell'esercito di Tel Aviv. Israele, dall'incursione del 7 ottobre scorso, piange la morte di 11.39 persone e decine sono ancora ostaggio dell'organizzazione palestinese. [1] Ma da questo bilancio infernale in terra sono esclusi gli odi che non si possono sotterrare, destinati puntualmente a riemergere con il dominio delle armi, la violenza tossica che intasa e avvelena le menti degli uomini, le distruzioni morali, psichiche e materiali che agli occhi ed ai cuori finiscono per giustificare gli odi. Questo circuito perverso va spezzato. E' un nodo gordiano che va tagliato "costringendo", e la comunità internazionale e le Grandi Potenze hanno ancora questa forza, le parti ad aprirsi ad una tregua.

E non solo nel Vicino e Medio oriente. Le esercitazioni nucleari tattiche delle Forze armate di Mosca al confine ucraino, dal Ministero della Difesa russo in un video giustificate per testare i tempi di reazione dell'esercito nell'eventualità di un'aggressione, non sono il miglior preludio alla distensione militare e politica, né le si possono definire rassicuranti per la "minore" potenza dell'ordigno nucleare che si testa. La tensione crescente nelle relazioni tra Russia e Occidente su cui, nell'ambivalenza della politica, il presidente Vladimir Putin poggia per rafforzare il collante del sentimento di patriottismo tra le masse nel suo Paese, è una oggettiva preoccupazione per i riflessi e le influenze sulle prossime elezioni europee e per il grado di credibilità del presidente americano Joe Biden, preso tra i fuochi interni accesi da Donald Trump, le pressanti richieste di nuovi armamenti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e l'indifferenza che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu accompagna nei suoi confronti, al netto del rifiuto di distribuire ai palestinesi le centinaia di tonnellate di assistenza umanitaria inviate dagli Stati Uniti a Gaza, secondo quanto affermato dallo stesso Pentagono, e delle "retromarce" che stanno caratterizzando i comportamenti di "Bibi" in questa sua personalissima sfida a Washington. L'ultima del premier israeliano, ha visto i militari di Tel Aviv sequestrare ieri, martedì 21 maggio, il materiale tecnico per una diretta da Gaza dell'agenzia statunitense Associated Press. Provvedimento, poi revocato in serata, dopo l'intervento della Casa Bianca, reso possibile dall'approvazione di una legge che permette a Israele di bloccare un'emittente straniera in grado di arrecare "un danno alla sicurezza dello Stato".

In forza della legge, alcune settimane fa è stata bandita la televisione qatariota Al Jazeera. Non sono necessari ulteriori commenti per comprendere la pericolosità di una legge per gli stessi cittadini israeliani che nel reggersi sulla massima discrezionalità dell'esecutivo è quanto di più elastica, flessibile e prona ai voleri del potere. Un'altra picconata alla democrazia dello Stato di Israele, le cui forze armate hanno continuato anche ieri a spingersi in profondità nel campo profughi di Jabalia, nel nord di Gaza, con attacchi d'artiglieria a un ospedale e con bombardamenti aerei e di carri armati ad aree residenziali.[2] Una strategia militare sempre più invisa al mondo occidentale. Le proteste diplomatiche verso Tel Aviv che si saldano alla per gli abitanti della Striscia di Gaza, con tutti e necessari distinguo su Hamas, stanno provocando anche una accelerazione al processo di riconoscimento politico dello Stato di Palestina. Ieri, lo hanno fatto con un annuncio Norvegia, Spagna e Irlanda, che si sono hanno affermato di essere sulla strada di riconoscere lo Stato palestinese. Per il primo ministro norvegese Jonas Gahr Stoere "la Palestina ha il diritto fondamentale a uno Stato indipendente" e il suo Paese "considererà quindi la Palestina come uno Stato indipendente con tutti i diritti e gli obblighi che ciò comporta".


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