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Fine vita: ora la legge garantisce il diritto di scegliere

di Libero Ciuffreda


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La prima volta è accaduto nel 2019 nel caso di Dj Fabo quando la Corte Costituzionale stabilì che, per poter accedere legalmente al suicidio assistito e non essere punito ai sensi dell’articolo 580 del codice penale (Istigazione o aiuto al suicidio), la persona deve essere in possesso di determinati requisiti: essere affetta da una patologia irreversibile, capace di autodeterminarsi, reputare intollerabili le sofferenze fisiche o psicologiche che la malattia determina, e infine, che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale. Quattro requisiti, che Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, a seguito di un grave incidente stradale avvenuto nel 2014, manifestava senza alcuna ombra di dubbio: tetraplegico, con  cecità bilaterale corticale (dunque, permanente).

Non era autonomo nella respirazione, nell’alimentazione e nell’evacuazione. Era percorso, altresì, da ricorrenti spasmi e contrazioni, che procuravano acute sofferenze. Conservava, però, intatte le facoltà intellettive e la volontà irremovibile di porre fine alla sua esistenza. Per l’inerzia del Parlamento Italiano, che aveva il compito di rendere operativa la sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale, Dj Fabo ottenne assistenza al suicidio, non in Italia, nel suo Paese, ma a Plaffikon, in Svizzera, presso la sede dell’Associazione Dignitas.

La Consulta con la sua sentenza aveva chiesto al Parlamento di indicare i tempi entro cui il servizio sanitario deve verificare i requisiti e garantire l’assistenza. Così, pur avendone il diritto, molte persone con i requisiti previsti per accedere al suicidio medicalmente assistito, hanno atteso invano per mesi, persino anni, una risposta dalla propria ASL, che non arrivava mai, o si perdeva, nei grovigli inestricabili della burocrazia, non curanti delle atroci sofferenze delle persone coinvolte.

Come è accaduto recentemente a Gloria, costretta ad accettare la sedazione terminale profonda per evitare una morte atroce per soffocamento, straziata da dolori intrattabili e lucidamente in attesa del farmaco per il suicidio assistito, negato dalla Usl Toscana Centro. Per la legge del contrappasso, dall’11 febbraio 2025 proprio la Toscana ha approvato, la prima in Italia, la Legge Regionale di iniziativa popolare “Liberi subito” promossa dall’Associazione Luca Coscioni, che finalmente prevede una tempistica chiara e definita, che il Servizio Sanitario Regionale (SSR) deve rispettare: entro 30 giorni il SSR deve rispondere. Se la persona conferma la sua decisione, entro 7 giorni il medico, che su base volontaria  l’assisterà, riceverà tutto il necessario per garantire il diritto costituzionale di scegliere. Il voto in Toscana rappresenta finalmente l’inizio di altre analoghe  iniziative che porteranno all’approvazione di  leggi simili, già annunciate da altre Regioni, anche con maggioranze diverse (come  il Veneto presieduto dal leghista Zaia).                                                    

Garantire la libertà di scelta, aggiunge una possibilità in più, che nessuno è obbligato a usare. Malgrado le prese di posizione contrarie alla legge dei vescovi cattolici toscani o di alcuni esponenti politici di centro destra ideologicamente contrari, siamo in molti a sostenere che nessuno ne esce sconfitto, proprio perché vince la libertà di scegliere, quale garanzia di democrazia e di laicità, anzi, di civiltà.

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