Edili: lo sciopero di oggi a Torino contro l'ennesimo infortunio mortale sul lavoro
- Yuri Larizza
- 16 ore fa
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di Yuri Larizza

I colleghi di Andy Mwachoko, il quarantaduenne lavoratore edile morto sabato scorso nel cantiere di Torino Esposizioni in corso Massimo D’Azeglio 17, a Torino, hanno scioperato oggi due ore dalle 10 alle 12 ed effettuato un presidio per denunciare l'ennesimo infortunio mortale sul lavoro. Secondo Federico Bellono (nella foto), segretario della Camera del lavoro di Torino, la tragedia è la conferma di un dato inquietante, e cioè che "il il problema della sicurezza va al di là delle dimensioni dei cantieri, ed è trasversale" e non vi è sufficiente impegno da parte degli organi preposti alla sicurezza per fermare questa catena mortale.
Andy Mwachoko, di origine nigeriana, padre di tre figli, è rimasto schiacciato dal peso di un materiale che si è staccato improvvisamente da una gru. In tema di sicurezza pubblichiamo l'intervento di Yuri Larizza, Cgil Torino.
Il 18 ottobre 2025 è un'altra delle date che segnano il tributo di sangue che continuano a versare i lavoratori in Italia. A Torino, la morte di Andy Mwachoko ha rappresentato anche un'altra delle tante modalità con cui gli infortuni sul lavoro si trasformano in una gabbia letale. Da anni si continua a parlare di "morti bianche", quasi a volere addolcire responsabilità che all'opposto sono note. Prendiamo soltanto i recenti infortuni mortali nel Torinese. L'8 settembre, in via Genova (quartiere Nizza Millefonti), un operaio egiziano di 69 anni ha perso la vita precipitando da una gru, da un’altezza di circa 12 metri; 16 settembre, Leinì, un altro operaio, di 61 anni, è stato schiacciato da un carro attrezzi in manovra nell’officina di autodemolizioni; infine, il dramma di Mwachoko.

Questi incidenti mostrano modalità diverse – una caduta da altezza significativa, un travolgimento da veicolo industriale/mezzo e per ultimo uno schiacciamento per una caduta dall’alto del carico – sono accomunate da un denominatore comune: lavori che si svolgono in condizioni di rischio elevato, dove la catena di prevenzione, protezione, manutenzione e organizzazione del lavoro appare inadeguata.
Altri episodi luttuosi. Il 19 settembre scorso, a Marcianise, in Campania, una grave esplosione in azienda di trattamento rifiuti speciali ha provocato tre morti: il titolare, un operaio e il rappresentante per la sicurezza dei lavoratori, e due lievi feriti. L’esplosione è avvenuta su un silos contenente oli esausti, mentre operai erano impegnati in lavori di manutenzione sul silo. L’onda d’urto ha sbalzato le vittime a diversi metri. Il silos coinvolto era già stato nel passato oggetto di interventi per “miasmi e irregolarità” e, nel 2018, era stato chiuso per problemi gravi riscontrati da ARPAC e Vigili del Fuoco.
Inutile girare attorno agli argomenti: i problemi sono sempre gli stessi, cioè scarsa formazione, scarsa vigilanza interna, poca percezione del rischio e poca informazione da parte del Datore di Lavoro sulle procedure di lavoro e contenimento del rischio.

La salute e sicurezza è un tema che, purtroppo, ritorna a galla solo ed esclusivamente quando si manifestano le tragedie. L'argomento è scomodo e chiama in causa le aziende attente soprattutto al contenimento dei costi e che sono refrattarie a rispettare le normative. Tra l'altro, il caso di Marcianise ha messo in evidenza più di un aspetto critico, in primis, la poca consapevolezza da parte dello stesso datore di lavoro delle sue responsabilità normative penalmente perseguibile e sulla formazione. Peraltro, si è evidenziato che nonostante i controlli degli enti di vigilanza, in questo caso i Vigili del Fuoco, abbiano comunque svolto il loro lavoro in un luogo considerato insicuro, non si è mosso nulla. E questo ultimo punto solleva anche un altro problema: l'incremento di controlli da parte dell’Ispettorato e dello SPRESAL.
La mancata cultura sulla sicurezza, un’informazione, una formazione e addestramento non adeguati, una prevenzione vista come un costo eccessivo, i tempi di lavoro insostenibili, dettati da DL o da committenti a volte anche pubblici, che non consentono di lavorare con le dovute attenzioni e procedure, rischi sottovalutati, sono fattori che rendono insufficiente un sistema che è solamente sanzionatorio
La norma già nel 1942 con il Codice civile dava all’imprenditore la responsabilità del benessere del lavoratore nel luogo di lavoro, di seguito la famosa 626 del 1994 creò un sistema più organizzato e per ultimo il D. Lgs 81/2008 nato con un’accelerazione per il dramma ThyssenKrupp, questo per dire che nel nostro paese il concetto di prevenzione non è nato ieri, ma, nonostante ciò, le stesse normative sul mercato del lavoro e le varie riforme tentano di indebolire e complicare l’applicazione delle dovute cautele. In molti casi la sorveglianza sanitaria (obbligatoria) è carente se non addirittura totalmente assente.
Se prendiamo in esame non solo gli infortuni gravi che si concludono con la morte del lavoratore ma anche quelli che portano all’inabilità totale al lavoro, ci rendiamo conto anche del dramma e delle difficoltà che devono affrontare le famiglie; non solo per quanto riguarda il riconoscimento delle responsabilità con un percorso giuridico, ma la carenza e l’inadeguatezza dei supporti e aiuti sociali che servono a loro per affrontare il futuro.













































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