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Difesa europea, si affaccia l'ipotesi del modello federale

Domenico Moro

di Domenico Moro


Quando si affronta il tema della difesa europea, istintivamente, si pensa ad un unico esercito europeo, perché questa è l’esperienza che ci viene dal modello istituzionale dello Stato unitario in cui siamo nati e vissuti [1]. Ma l’UE non sarà mai uno Stato unitario, bensì una federazione e questo modello istituzionale riguarderà anche la struttura militare.

Questo aspetto è stato affrontato nell’ottobre del 2020 dal gruppo di lavoro della SPD al Bundestag che si occupa di politica di sicurezza e difesa e che ha diffuso un documento in cui si propone la costituzione di quello che chiama il 28° esercito: un esercito europeo, in aggiunta a quelli nazionali, posto sotto il controllo delle istituzioni europee. Questa proposta, se sostenuta e discussa pubblicamente, avrebbe consentito di far fare un passo avanti importante nel dibattito su come dotare l’Unione Europea di un esercito autonomo, e molto più di quanto abbiano fatto le parole del Presidente Macron, al quale il documento della SPD non risparmia critiche.

Il documento ha il merito di intervenire sul punto in cui è possibile sbloccare il processo per la costituzione di un esercito autonomo europeo. L’idea è che gli Stati disponibili abbandonino la via della cooperazione intergovernativa, affiancando ai rispettivi eserciti nazionali un esercito autonomo europeo, appunto il 28° esercito, adattando i trattati, dove necessario e, dopo una fase transitoria durante la quale sarà finanziato con i contributi degli Stati partecipanti, il costo sarà a carico del bilancio europeo.

La proposta della SPD, in assoluto, non è una novità: il modello di difesa è quello delle federazioni e, in particolare, di quella americana. Sono stati gli USA i primi ad aver introdotto quello che il costituzionalista australiano Kenneth C. Wheare (On Federal Government, 1951) ha chiamato il modello della “dual army”, perché fondato su un (inizialmente) piccolo esercito federale e una preponderante struttura militare basata sulle milizie statali (oggi Guardia nazionale), di cui ciascun Governatore dello Stato di appartenenza è il comandante in capo.

Come contributo alla discussione, si commentano le parti principali del documento, iniziando dall’architettura istituzionale proposta e che è, forse, la meno convincente. La proposta che viene avanzata è che l’esercito europeo debba dipendere direttamente dalla Commissione europea. Difficilmente il Consiglio europeo accetterebbe una proposta che lo taglierebbe fuori del tutto. La strada da percorrere dovrebbe piuttosto essere quella che coinvolge sia il Consiglio europeo che la Commissione.

L’attuale struttura istituzionale dell’UE prevede che l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza (AR) sia nominato, a maggioranza qualificata, dal Consiglio europeo in accordo col presidente della Commissione europea. L’AR è anche vicepresidente della Commissione e, in tale veste, riceve l’investitura dal Parlamento europeo. Egli presiede il Consiglio “Affari esteri”, che include i ministri della difesa. Quanto previsto dai Trattati sembra dunque assicurare l’equilibrio tra l’istituzione che rappresenta i cittadini, il Parlamento, e quelle che rappresentano gli Stati, Consiglio europeo e Consiglio. Il fatto che l’esercito europeo risponda all’AR, peraltro, ha un parziale precedente proprio nella Costituzione tedesca, la quale prevede che le forze armate facciano capo al Ministro della difesa e non al Cancelliere. La storia della Germania del Novecento ha il suo peso.

Un’altra proposta contenuta nel documento riguarda i compiti dell’esercito europeo il quale, oltre alla difesa collettiva dell’Unione, dovrebbe essere utilizzato per “fornire aiuti di emergenza e per difendere il territorio dell’Unione da gravi catastrofi”. Il ruolo dell’esercito europeo e quello degli eserciti nazionali dovrebbe però essere, piuttosto, l’opposto. Ad esempio, nel caso americano, le milizie statali, oggi Guardia nazionale, sono state sempre la struttura militare preposta alla difesa dei confini statali e, in passato, anche contro un eventuale intervento del governo federale (J. Madison, The Federalist Papers, n. 46). Inoltre, la Guardia nazionale dello Stato interviene, in caso di disordini o di catastrofi naturali, a difendere o assistere la popolazione civile. Pertanto, il previsto esercito europeo dovrebbe occuparsi solo della difesa europea e per interventi fuori dei confini UE su mandato dell’ONU o su richiesta delle organizzazioni regionali, come succede già oggi per le operazioni condotte dall’UE. Gli eserciti nazionali dovranno occuparsi della difesa dello Stato, integrare l’esercito europeo nel suo ruolo quando necessario, operare per la difesa territoriale sul modello svizzero, ed eventualmente anche delle conseguenze dei disastri naturali.

Infine, il documento della SPD sostiene che essendo “imperativo evitare di creare strutture parallele con istituzioni già esistenti a livello UE”, queste ultime dovrebbero essere integrate nelle strutture del 28° esercito e la “capacità militare di pianificazione e condotta” missioni (MPCC), recentemente costituita, impiegata come struttura operativa. In secondo luogo, viene proposto che il comandante in capo del 28° esercito dovrebbe essere membro paritetico del Comitato Militare dell’UE (CMUE). Bisognerebbe solo precisare che il comandante in capo di quest’ultimo dovrebbe sì far parte del CMUE, ma essere nominato dal Consiglio europeo, su proposta dell’AR, ed esserne il presidente, perché è a partire dal quadro europeo che lo strumento militare, europeo e nazionale, deve essere reso interoperabile, standardizzato ed è il presidente del CMUE che deve essere in grado di valutare le esistenti deficienze di capacità militari.

Per concludere, il documento della SPD, che dovrebbe essere ripreso, ha presentato una proposta concreta e, soprattutto, politicamente viabile, perché propone un modello duale di difesa europea, cioè un modello di difesa federale. I Trattati esistenti, peraltro, consentono di fare un primo passo in questa direzione, in quanto si può decidere, a maggioranza qualificata, che un gruppo di paesi disponibili istituisca una forza multinazionale europea (art. 42.6 TUE e art. 1.b Protocollo 10): una possibilità su cui incalzare le forze politiche di maggioranza ed opposizione.


Note

[1] M. Corrado, Difesa europea: mille domande, ma pochissime risposte certe

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