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Michele Corrado

Difesa e presa di coscienza se collassa l'esercito ucraino

Aggiornamento: 13 nov

di Michele Corrado

Fare finta di niente è una buona tecnica per gestire un’emergenza. Ed è quella che noi europei (in particolare gli italiani) abbiamo deciso di adottare. Un po’ perché non costa nulla, un po’ per pigrizia, molto per presunta convenienza. Certi che gli Stati Uniti (e gli inglesi, che europei non sono più) risolvano questa incresciosa situazione che inizia ad incunearsi nel nostro quotidiano come un tarlo che non riposa mai. Ma se gli ucraini collassassero e le forze russe dilagassero senza limiti, quali effetti si produrrebbero nei Paesi occidentali? Essendo abituati ad orizzonti limitati, e confidando comunque nella capacità di reazione e nei mezzi degli americani, non riusciamo ad immaginare uno scenario diverso da una vittoria sicura.

A volte però la realtà non ci asseconda e se provassimo a pronosticare anche solo un paio di effetti che la sconfitta dell’Ucraina potrebbe produrre, dovremmo invece iniziare a preoccuparci.

La filosofia russa d’impiego delle sue capacità militari si basa su due concetti cardine: la pazienza ed il tempo. Secondo le loro tradizioni, applicando queste due caratteristiche del popolo russo sono in grado di risolvere positivamente qualunque tipo di conflitto armato. E negli ultimi mille anni, pur con qualche dispiacere (come ad esempio il conflitto con il Giappone del 1904/05, che ebbe però come teatro soprattutto lo scontro tra marinerie), ci sono riusciti.

Un conflitto come quello ucraino dipende fondamentalmente dalle disponibilità finanziarie che gli americani decidono di dedicare e dalla volontà di combattimento (e quindi del numero dei combattenti) ucraini. Senza il connubio di questi due fattori non si realizza la possibilità di condurre operazioni militari convenzionali (come quelle in corso nelle aree contese), che abbiano risultati concreti.

Ora, pare che il contributo di Washington non sia più scontato e le campagne di reclutamento di combattenti ucraini stiano riportando significative flessioni. Con questa doppia negatività, visto che in un conflitto di questo tipo conta soltanto, alla fine, chi è capace di occupare permanentemente un territorio, il destino di Kiev e, probabilmente di Zelensky, è segnato. Forse non accadrà in tempi brevi, ma è plausibile che accada.

Gli effetti di una sconfitta ucraina potrebbero avere ripercussioni profonde all’interno dei Paesi occidentali. Proviamo ad analizzarli.

Il primo è concettuale: non si vince una guerra soltanto perché la si ritiene "giusta".

Il secondo è di natura tecnologica: la superiorità in quel campo deve essere schiacciante per fare la differenza in battaglia e in tempi contenuti, altrimenti non produce i risultati sperati.

Il terzo è di ordine pratico: per essere vincenti nella condotta di attività complesse, come le operazioni militari, bisogna essere costantemente "capaci" di combattere, non solo quando non se ne può fare a meno.

Il quarto, ci riporta al primo: investe il grado di conoscenza e di cultura militare che, inesistente in qualsiasi contesto formativo attuale, per effetto transitivo produce una mancata comprensione del fenomeno.

È pertanto facile per chi gestisce i media propagandare falsi concetti di superiorità occidentali che ci consentirebbero di padroneggiare situazioni di conflitto contro qualsiasi avversario non occidentale, come sempre accaduto in passato.

Senza che si demonizzi o sovrastimi alcuno, è possibile che il risveglio da questo assunto possa essere molto diverso da quanto immaginato. A meno di non riprendere in mano i nostri destini, dare forma e sostanza al concetto di difesa per mandare un chiaro segnale a terzi e dintorni, e ridare smalto a una diplomazia unita e rappresentativa dell'intera Europa per proseguire nel dialogo e nella pace che ci accompagna da 79 anni.

 

 



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