Dalle aree dismesse una spinta... per l'edilizia pubblica
- Pasquale Fedele
- 17 lug
- Tempo di lettura: 2 min
di Pasquale Fedele

"Il disagio abitativo in Italia riguarda già oltre 1,5 milioni di famiglie, il 78% delle quali vivono in locazione" e, ancora, "la perdita del potere d’acquisto degli italiani (-8,7% dal 2016 al 2024)" si somma "alla crescente indisponibilità di offerta abitativa sul mercato, con conseguente aumento dei prezzi di affitto e mutuo". Questi sono alcuni degli argomenti affrontati nell'articolo de Il Sole 24ore "Emergenza casa, 1,5 milioni di famiglie in difficoltà..." del 16 luglio 2025, a firma di Martina Amante, che approfondisce e informa sugli accordi tra Regioni e Federcasa proprio per promuovere le politiche abitative. Federcasa è l'associazione che rappresenta le varie agenzie italiane di edilizia pubblica.
Ma per rendersi conto della situazione occorre fare un confronto a livello europeo. Certamente anche gli altri paesi continentali devono affrontare il problema dell'aumento del costo della vita e della difficoltà a trovare lavoro, soprattutto dopo il covid e le guerre, e la conseguente crisi energetica, con la chiusura di molte aziende che sono entrate in crisi, a partire dal settore auto e indotto.
Ma, a differenza di molti paesi del Vecchio Continente, l'Italia è tra quelli che hanno il minor numero di alloggi destinati all'edilizia residenziale pubblica (ERP). Solo per fare qualche esempio, secondo i dati di Housing Europe, la percentuale di alloggi sociali per il patrimonio edilizio urbano totale è del 30% in Olanda, del 17% in Francia, del 7 % in Polonia e solo del 3,7% in Italia.
La situazione in Piemonte
In effetti, mentre in Europa, al momento, si discute se e come il settore del patrimonio pubblico abitativo potrà trainare con esempi virtuosi la riqualificazione energetica degli edifici, in Italia dobbiamo affrontare oltre che una crisi per mancanza di alloggi pubblici, anche la difficoltà a reperire risorse per la manutenzione dell'esistente che, peraltro, è molto datato. Altro che riqualificazione energetica.
In Italia, si potrebbe pensare che proprio la crisi di tradizionali settori industriali del settore secondario e la nascita di nuovi settori del terziario, potrebbe essere una strada percorribile per trovare il modo di reperire nuove risorse anche per l'edilizia pubblica. Per esempio, dalle cronache di questi giorni, si legge che Torino è alle prese con notevoli investimenti per diventare entro il 2030 una città più sostenibile, vivibile e innovativa, grazie a un piano d'azione ambizioso che già vede in corso trecento cantieri. In questo ambito potrebbe inserirsi la suggestione di riqualificare, per esempio, i diversi siti ex industriali dismessi nel corso del tempo, proprio per la crisi sopra accennata.
Da una mappatura effettuata dalla Regione Piemonte è emerso che sul territorio ci sono 35 milioni di metri quadrati di aree industriali dismesse. Ma allora, vista la cronica mancanza di alloggi di edilizia pubblica in Italia, nell'ambito della nascita di nuovi poli logistici, commerciali, turistici, perché non destinare una percentuale degli oneri di urbanizzazione, che di fatto sono richiesti, per costruire o riqualificare alloggi ERP?
È chiaro che dovrebbe essere una legge nazionale che tutti i maggiori comuni dovrebbero applicare, parametrandola alle singole situazioni esistenti, attraverso gli enti che gestiscono le case popolari. Di conseguenza tutto ciò in una logica di decentramento non avrebbe neanche senso iniziare ad attuarla.













































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