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Comune di Torino elezioni 2027, se fosse sfida tra "moderati"?

di Andrea Ciattaglia


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Stasera, 9 settembre, alle 21, il momento-clou della Festa de l'Unità di Torino è l'intervista al sindaco della città Stefano Lo Russo. Ci auguriamo, e sono in molti ad augurarselo, soprattutto tra i militanti del Pd, che le parole di Lo Russo diano vitalità alla politica, apparsa sotto tono nelle cronache di fine estate, presa com'è dalla solita estenuante ricerca di un dietro le quinte, stavolta stagnante sulle prossime elezioni comunali con i fotofit dei candidati sindaco. In primis, l’uscente Lo Russo ricandidato o meno, dopo la richiesta di "chiarimenti" di Avs per l'alternativa e il tira e molla con il Movimento 5 Stelle, mentre il ventaglio è allargato da altri possibili sfidanti, dai “civici” agli uomini forti dei partiti.

Tuttavia, tra i vari scenari manca, o è decisamente in sordina, quello che ci pare più promettente per il centrodestra (usiamo queste definizioni, pur riconoscendone tutti i loro limiti) e, in modo speculare, più insidioso per l’attuale maggioranza di governo della città: la candidatura di un sindaco politico moderato-centrista, con forte sostegno a destra. Da qui, dall'eventuale sfida tra “moderati” (dando per assodata la ricandidatura del sindaco uscente Lo Russo, al momento la migliore assicurazione sulla vittoria del centrosinistra) la possibilità che a Palazzo Civico vada il primo sindaco torinese di centrodestra dell’epoca repubblicana.

Si è scritto nelle note politiche di queste settimane della possibilità che il candidato sindaco della destra sia l’attuale assessore alle politiche sociali della Regione, Maurizio Marrone, la cui capacità politica e il fiuto per le situazioni di maggior convenienza è riconosciuta anche dagli avversari, ma con più riserve sugli atteggiamenti e qualche uscita a spot sulla storia del Ventennio, soprattutto indigesta all'Anpi. Tra gli osservatori politici, chi ha buona memoria ricorda la sua avanzata senza clamore sulle deleghe di peso (e di consenso) che a inizio del mandato Cirio I erano di titolarità della leghista Caucino (su tutte, le Politiche sociali e dell’integrazione socio-sanitaria che gli hanno permesso la lunga campagna elettorale sul bonus “Scelta sociale”).

In modo analogo, il Cirio II si è aperto con il passamano di Marrone – almeno stando a quanto raccontano i bene informati – sulla pesante (e scomodissima) delega alla sanità, in favore del collega di partito Federico Riboldi. Un “avanti lei” che è andato di pari passo con l’acquisizione della pesante delega sulla Casa e non ha precluso fin qui (anzi) frequenti sconfinamenti proprio nel comparto sanitario: dalla Stanza dell’Ascolto all’ospedale Sant’Anna al contributo Vesta per la natalità, dalla destinazione del Fondo sociale europeo alle Residenze sanitarie assistenziali al prevedibile nuovo bonus sui caregiver di malati non autosufficienti e persone con grave disabilità curati a casa.

Provvedimenti spesso controversi, però spendibili sul medio-breve termine e anche funzionali ad una certa “narrazione” oscillante tra l’affermazione identitaria e il presidio di una «destra sociale» su temi non usuali (è nota, per esempio, in altro ambito, l’insistenza di Marrone sulla necessità di una presenza “culturale” di destra). Il contrario esatto delle sabbie mobili di una campagna elettorale di prevedibili rimpalli («fascista!»/«complici dei delinquenti!», «più integrazione!»/«più sicurezza!») che passerebbe a lato, senza troppo disturbare, le tante inaugurazioni degli ultimati cantieri del PNRR, previste tra fine 2026 e inizio 2027, sulle quali non è mistero che il sindaco Lo Russo – e anche il presidente Cirio, destinazione Roma – punti per un lungo rush finale verso le elezioni.

Sembra paradossale, ma i toni roventi e i temi polarizzanti gioverebbero molto più al centrosinistra che a un centrodestra, intenzionato a ribaltare nei quartieri torinesi a sud di corso Regina Margherita il consenso da tempo acquisito nelle Circoscrizioni 5 e 6, dove i municipi locali sono di colore politico opposto a quello della Giunta comunale.

La “discesa” sull’altra Torino richiederebbe modi e argomenti diversi, ritagliati sulle aspettative di un bacino elettorale rassicurato dalla “moderazione” garantita da un candidato di centro sul quale far confluire i voti di Fratelli d'Italia in cambio di contropartite politiche: un certo numero di assessorati di peso, un accordo blindato per posti di sottogoverno e per alcune politiche identitarie... Non una “sottomissione” di uno dei due poli del centro destra nei confronti dell’altro, ma la convivenza – così potrebbe configurarsi il racconto della candidatura – di anime diverse con l’obiettivo comune di un’amministrazione della città alternativa a quella attuale e a tutte quelle del passato. Un rischio davvero grosso per il centro sinistra.

Del resto, la calorosa accoglienza riservata alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni dalla platea del Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini (che ha dato manifestazione di una saldatura auto percepita «di alta responsabilità nazionale» tra la destra dell’arco parlamentare e il mondo cattolico di Compagnia delle Opere), non abbia suggerito negli ultimi scampoli di ferie politiche, un’analoga traccia di lavoro anche per Torino. Direzione Palazzo Civico, primavera 2027. Lo Russo è avvertito. Il Pd, insieme all'intera galassia del centro sinistra pure.

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