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Cattolici e politica: un ritorno da protagonisti nell’agorà democratica

di Luca Rolandi


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Il 18 gennaio 1919, nascita dell’appello ai Liberi e Forti che sarebbe diventato Partito Popolare, grazie al coraggio dell’esile e visionario prete di Caltagirone don Luigi Sturzo, è lontanissimo, una distanza siderale, così come la Prima Repubblica. Ma il 18 gennaio 2025 certamente è una cesura, nel presente, rispetto ad una nuova fase della politica e il ruolo dei laici cattolici che in qualche modo non sono scomparsi, ma si sono solo divisi, inseriti in varie forze politiche, ma forse dimenticati del valore della politica diretta e rappresentativa per molti, troppi anni. E dunque sull’asse Milano-Orvieto i cattolici democratici, i riformisti, i liberali e i popolari dell’area cristiana, rialzano la testa e affermano la loro centralità nell’elaborazione del progetto dell’Italia futura.

A Milano, il deputato dem Graziano Delrio ha chiamato a raccolta la "Comunità democratica" con personalità di rilievo del mondo cattolico politico: Pier Luigi Castagnetti, Fabio Pizzul, Del Bono, Elena Granata, Leonardo Becchetti, Maria Grazia Garavaglia e tanti altri ancora. Tra loro il torinese Stefano Lepri, Monica Canalis, i consiglieri comunali Camarda e Santiangeli, ma anche Saitta, Gariglio, Alberto Avetta e tanti e tanti altri. Da tutta Italia soprattutto del nord, mondo del prepolitico, associazionismo, sindacato, corpi intermedi, esponenti del mondo europeo tra i quali Luca Jahier, ci sono amministratori locali e parlamentari, insomma una vera ripartenza. Due campi, due squadre, un unico obiettivo, riportare la riflessione sui programmi non sui leader, sulle cose da fare dal 2027 e il successivo decennio. E allora le parole di Sala che vuole vincere, il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, che, nel dibattito politico, ha espresso la volontà di recuperare il voto degli incerti e di coloro che formano il primo partito in Italia, gli astensionisti, sono parte di un progetto molto largo, non campo ma di idee.

Pierluigi Castagnetti si commuove, Prodi va al sodo dei problemi, in tanti ricordano i giganti del passato, come Tina Anselmi, ma anche i giovani troppo presto partiti come David Sassoli. C’è voglia di Futuro senza dimenticare il passato, fame e sete di politica che non la si trova nei luoghi ordinari. La necessità di dare un’anima anche cattolica, in un partito dinamico e plurale, servono parole nuove, linguaggi diversi. L’intelligenza connettiva che è qualcosa di inedito e che super l’individualismo e l’Io che domina in tutti i campi ideali da destra e a sinistra.  "Nel mondo dei riformisti di centrosinistra c'è un senso quasi di attesa - ha detto Prodi - Bisogna dire: io voglio questo. È il momento giusto, perché la gente comincia a essere stanca del governo".

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Il professore ha poi negato un suo ruolo da sponsor per un impegno politico di Ruffini: "Se fossi io a lanciarlo lo rovinerei". Gli appuntamenti di Milano e di Orvieto sono indipendenti, ma saranno connessi con ponti virtuali: l'ex senatore Pd Giorgio Tonini parla a Orvieto. ma lo seguono in video Milano e viceversa Castagnetti. Per Prodi "c'è bisogno di ricominciare e discutere. Da due anni il centrosinistra è sostanzialmente muto nel senso dei programmi futuri. È bene cominciare a discutere ed è bene se nello stesso giorno lo fanno due gruppi anche con opinioni diverse. La democrazia comincia dalla base e dal dialogo".

Nutrita la compagine Pd anche ad Orvieto dove a fare gli onori di casa erano presenti il presidente di Libertà Eguale Enrico Morando e il vicepresidente Stefano Ceccanti. A Milano erano presenti Guerini, la presidente dell'Umbria Stefania Proietti, il deputato Pd Paolo Ciani, segretario di Demos. Nel suo intervento nel capoluogo lombardo, Castagnetti ha richiamato due maestri, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella “La democrazia non è parteggiare, ma costruire” e Guido Bodrato “I partiti sono fatti dalla storia non dai sedicenti leader o gruppi di amici”, che sono due moniti, ma anche due strade sulle quali cattolici tra sinistra e centro, centro e sinistra, dentro e fuori dal Pd si sono rimessi in marcia in modo più dinamico e coraggioso. Ricordano la settimana sociale di Trieste. E Graziano Delrio ha sollecitato a produrre cultura. Senza cultura non c’è politica. Meno che mai partiti veri, in grado di rispondere ai bisogni delle persone e delle comunità. La crisi della politica non si risolve serrando i gruppi dirigenti, ma riconnettendosi con i mondi vitali, con le associazioni, con gli amministratori, con chi risolve problemi importanti ogni giorno e lo fa non solo per una capacità tecnica, ma per una tensione morale, etica, per una visione del mondo.

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