top of page
Vice

Brescia, piazza della Loggia: cronaca di una strage ancora impunita

di Vice


La bomba è nascosta in un cestino portarifiuti che nessuno ha pensato di sigillare, né a controllare. Eppure, da mesi, settimane, di quel maggio 1974 Brescia, la "leonessa d'Italia" come è conosciuta dal Risorgimento, è nel mirino del terrorismo fascista, di bombaroli che seminano morte e dolore. L'Italia lo è da anni. Lo è dal materializzarsi della Strategia della Tensione, dal tritolo nascosto in una borsa nella grande sala della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana a Milano che dilania 17 persone; dalle bombe piazzate sui binari ferroviari a Gioia Tauro il 22 luglio, con le sue 6 vittime; dalla Cinquecento Fiat imbottita di candelotti di dinamite a Peteano, il 31 maggio 1972, che falcidia tre carabinieri e ne ferisce altri due, fino al 17 maggio 1973, quando Gianfranco Bertoli, l'informatore dei servizi segreti italiani, anarchico eteroguidato da movimenti neofascisti, lancia una bomba all'ingresso della Questura di Milano, in via Fatebenefratelli, che uccide 4 persone e ne ferisce 52.

La Strategia della tensione, letta attraverso il “memoriale” di Aldo Moro, prigioniero delle BR "[...] ebbe la finalità, anche se fortunatamente non conseguì il suo obiettivo, di rimettere l’Italia nei binari della “normalità” dopo le vicende del '68 ed il cosiddetto Autunno caldo". Un piano di destabilizzazione sostenuto, come hanno mostrato le indagini della magistratura, da i servizi di informazione di strutture e Stati interessati a bloccare il processo di avanzamento delle sinistra in Italia, cui concorsero provocatori fascisti al soldo degli allora governo fascisti di Grecia e Spagna, uniti nella convinzione che fosse necessario dare un giro di vite anche sul terreno politico. Un terreno che vede nel 1974 l'Italia stretta tra le battaglie per i diritti civili e un nuovo terrorismo che avanza sempre più pericolosamente, quello delle Brigate rosse.

Brescia si rivelerà nelle indagini successive alla strage un punto di incrocio dei movimenti neofascisti con le istituzioni, servizi segreti e forze dell’ordine, che oscillavano tra «disponibilità» e «complicità», ognuno pronto a servirsi della "manovalanza" fascista per poi scaricarla ai primi segnali di pericolo. I nomi che ritornano prepotenti sono quelli di Enzo Tartaglia, ex repubblichino, nostalgico di Salò, informatore dei carabinieri, imprenditore; di Carlo Fumagalli, ex partigiano, fortemente anticomunista, sostenitore di una Repubblica presidenziale, fondatore dei Mar, Movimento di Azione rivoluzionaria; di Vic Giannino, servizi segreti americani durante la guerra, in stretto contatto con Fumagalli; di Gaetano Orlando, braccio destro di Carlo Fumagalli.

Sotto questo profilo, Brescia divenne una sorta di «laboratorio» del rapporto tra estremismo nero e istituzioni dello Stato, dove le organizzazione neofasciste non si limitano alla teoria ideologica, ma impartiscono lezioni "pratiche": l’uso delle armi, con annesse esercitazioni belliche, assemblaggio di materiale esplosivo, falsificazione di documenti, una vera e propria "scuola superiore" per la guerriglia urbana con l’obiettivo di allevare «terroristi in erba» e «militanti rivoluzionari» pronti a provocare il caos con azioni violente. 


Caos a cui contribuiscono nell'aprile del 1974 le Brigate rosse che a Genova sequestrano il sostituto procuratore della Repubblica Mario Sossi, che aveva condotto le indagini su un gruppo terroristico accusato dell'omicidio di un fattorino nel corso di una rapina. Il magistrato, dopo oltre mese di prigionia in una villetta del Tortonese, è liberato il 23 maggio. 

Ma sono i mesi che precedono l'anniversario della Liberazione in Italia, mentre in Portogallo è incipiente la sollevazione dei militari contro il partito unico fascista che ha guidato il Paese per oltre quarant'anni da Salazar a Caetano, a gettare Brescia e la sua provincia in uno stato di allarme permanente. Si tratta di episodi prodromi della strage di piazza della Loggia, sempre firmati dal terrorismo di destra: tra il 15 e 16 febbraio, una bomba devasta il supermercato della Coop gestito da una cooperative che fa riferimento al Pci; l’azione è rivendicata con un volantino firmato SAM, squadra d’azione Mussolini; il 22 febbraio viene rinvenuto un pacco esplosivo a Offlaga nel bagaglio di un pullman di Brescia; il 27 febbraio a Lumezzane, con un volantino un gruppo neofascista si attribuisce il lancio di due ordigni incendiari contro la sede della Flm; il 14 marzo, ignoti lanciano un ordigno contro la sede Cisl di Leno, a quindici chilometri da Brescia; il 30 marzo, viene ritrovata una borsa contenente tritolo in via Medici a Brescia; il 22 aprile, una bomba a mano viene scagliata contro la sede della Federazione socialista in via Torrelunga. Brescia, ma non solo: più province lombarde sono nel mirino dell'eversione fascista anche alla vigilia del 25 aprile, quando si registrano esplosioni a Milano e a Lecco, mentre in altre parte dell'Italia, si contano tentati incendi, bombe e aggressioni squadristiche.

Tuttavia a Brescia, l'attentato alla sede del Psi è quasi cosa minima rispetto al piano omicida studiato l’8 maggio per fare crollare l'edificio che ospita la Cisl provinciale: soltanto la casuale scoperta nell'atrio da parte di un fattorino di una borsa con otto candelotti di dinamite e 300 grammi di tritolo collegati a un detonatore a miccia evita una strage. In una comunicato, Cgil, Cisl e Uil bresciane ritengono "il tentativo dinamitardo effettuato contro la sede Cisl parte della più generale strategia della tensione in atto nel Paese".

Ma è nella notte tra sabato 18 e domenica 19 maggio che si registra l'episodio più inquietante e di maggiore eco a Brescia: la morte del ventenne neofascista Silvio Ferrari, dilaniato da un ordigno che trasporta sulla sua Vespa 125. La bomba di un chilo di tritolo e nitrato di ammonio con detonatore elettrico doveva essere piazzata nel centro storico della città, dov'era prevista una manifestazione paramilitare e conservatrice.

La morte di Silvio Ferrari è uno scossone per Brescia, dove il giovane, di famiglia benestante, iscritto alla Facoltà di Farmacia a Parma, era il leader del gruppo di destra "Anno Zero", sempre in prima fila negli scontri con i suoi coetanei di sinistra, riconosciuto per aver lanciato un paio di mesi prima una bomba molotov contro un corteo studentesco e sorpreso a imbrattare i muri della città con slogan nazisti e fascisti.  

In un crescendo di tensione, si arriva così allo sciopero generale promosso per il 24 maggio dai sindacati e sostenuto dal Comitato unitario antifascista, ma la festa religiosa del Corpus Domini induce gli organizzatori a posticiparlo il 28 con manifestazione in piazza della Loggia.

La cronaca è quella tipica di ogni manifestazione sindacale o politica che ha nel freddo e nella pioggia la sua iniziale descrizione, con i partecipanti che cercano riparo sotto il portico. Alle 10,12 la bomba esplode e uccide otto persone.

Brescia strage piazza loggia manifesto by Stefano Bolognini.

La folla si sposta in piazza Vittoria che comunica con piazza Loggia, sia per timore di nuove esplosioni, sia per facilitare le operazioni di soccorso. Nei dirigenti sindacali e di partito prevale immediatamente la decisione di prolungare lo sciopero generale fino al giorno successivo e di una simbolica occupazione delle fabbriche. Riunioni e presidi si svolgono in tutti i luoghi di lavoro. Le scuole sono chiuse per due giorni. La città diventa così l’emblema dell’emergenza nazionale.

Alle 13, però, terminati i soccorsi, avviene un'azione che risulterà irresponsabile per le indagini giudiziarie: i vigili del fuoco lavano con gli idranti il luogo dell'eccidio, spazzando via i reperti dell'ordigno esplosivo collocato nel cestino. Prove che "annegano". Come scrive Mimmo Franzinelli nel suo libro «La sottile linea nera», si tratta di un’ordinanza doppiamente sconsiderata, sia per la dispersione dei reperti della bomba, sia perché le decisioni erano di competenza del magistrato. Spettava infatti al procuratore capo della Repubblica, Dante Maiorana, assumere il controllo della piazza sino all’intervento della polizia scientifica col recupero dei reperti. Un altro mistero nei misteri d'Italia.  

37 visualizzazioni0 commenti

Comments


L'associazione

Montagne

Approfondisci la 

nostra storia

#laportadivetro

Posts Archive

ISCRIVITI
ALLA
NEWSLETTER

Thanks for submitting!

bottom of page