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Alessandria, quel male oscuro di una antica provincia

di Alberto Ballerino


 La percezione che gli alessandrini hanno della propria città è tradizionalmente poco positiva. Fanno testo tutti i risultati elettorali di questo secolo, che non hanno mai visto un sindaco riuscire a confermarsi per il secondo mandato. Un chiaro segno di insoddisfazione che punisce alternativamente le coalizioni di destra e di sinistra. Certamente è una realtà che il Comune non si è mai ripreso veramente dal default del 2012: i conti sono ora a posto, ma si è sempre al limite delle spese che si possono compiere. Questa percezione di una città grigia - il colore delle maglie della squadra di calcio decaduta in un amen dalla serie B conquistata proprio quattro anni fa, il 17 giugno 2021 - incapace di  reagire al proprio declino, viene però da molto lontano del dissesto.

Già nel 1995 Paolo Zoccola, direttore del principale giornale locale, riflettendo sulla situazione prima dell’alluvione del novembre 1994 presentava una città profondamente in crisi, tra calo demografico, disoccupati e crisi del commercio. I danni compiuti dal Tanaro però provocarono una reazione importante, sorretta anche dagli importanti aiuti dati dallo Stato. Così, non a caso il sindaco dell’epoca - Francesca Calvo - è stato l’unico con l’attuale sistema elettorale a vincere le elezioni per il secondo mandato. Ma se torniamo indietro nel tempo ancora di più, continuiamo a trovare questo mugugno che si ripropone sempre. Negli anni Sessanta ci si lamenta di non avere saputo sfruttare il boom economico e si teorizza la possibilità di rilanciare la città puntando sulla posizione al centro del triangolo industriale composto da Torino, Milano e Genova. Così si favorisce l’insediamento della Michelin e si punta sulla costruzione delle nuove autostrade, ma anche in questo caso il bilancio non sarà positivo: sempre Zoccola scriveva ironicamente che automezzi, tir, autobotti ecc sfrecciavano e non si fermavano, puntando ai vertici del mitico triangolo.

E volendo si può andare ancora più indietro. Ma è realmente così? Se guardiamo la tradizionale classifica sulla qualità della vita del Sole 24 Ore vediamo che Alessandria è migliorata di sei posizioni nell’ultimo anno, piazzandosi sessantaquattresima: risultato magari non entusiasmante, ma neppure catastrofico e che comunque indica un miglioramento. Significativo il dato sulla criminalità con il trentesimo posto, a indicare che questa è una delle provincie più sicure d’Italia. E non è in fondo una novità. Anche la delinquenza è permeabile agli umori e depressioni..., se vogliamo concederci una battuta.

Chi scrive, intervistando il comandante dei carabinieri negli anni Novanta, si sentì dire che ora, vivendo ad Alessandria, si sentiva finalmente tranquillo quando sua figlia usciva di sera: l’unica preoccupazione era al limite per la nebbia. Ecco, forse il punto è proprio questo. Alessandria incarna uno certo tipo di  provincia dove il costo della vita è magari più basso e l’esistenza scorre senza grandi scosse, ma proprio per questo immancabilmente ogni nuova generazione sogna di potere evadere e andarsi costruire un futuro magari incerto ma che può lasciare più spazio alla fantasia e all’immaginazione. Salvo magari, invecchiando, tornare volentieri  a quella comoda poltrona che la propria città di origine. 

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