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Alberto Trentini, 236 giorni nelle carceri venezuelane

Aggiornamento: 9 lug

Si liberi il nostro connazionale.

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Un ex detenuto svizzero che ha appena lasciato il carcere El Rodeo: «Mi dicevano di essere un terrorista. Ho visto il cooperante Alberto, fisicamente sta bene, i suoi genitori non perdano la speranza». Comincia così il racconto pubblicato oggi sul quotidiano Avvenire di chi ha conosciuto Alberto Trentini, operatore umanitario di una Ong, da 236 giorni prigioniero in Venezuela, da 234 nel carcere di El Rodeo I, fatiscente struttura penitenziaria alla periferia della capitale Caracas. [1]

Dall'intervista emerge un elemento centrale della vicenda: Alberto Trentini, così come tanti altri fermati, arrestati e in attesa di non si sa bene che cosa, è una pedina di scambio. L'intervistato lo spiega a chiare lettere: "Al momento della detenzione non sono stato informato sulle ragioni dell’arresto. Eravamo più di quaranta: tutti dicevamo di essere innocenti. Ma non ci fidavamo gli uni degli altri: questione di sopravvivenza. Poi siamo stati presentati a gruppi nel Tribunale e quando ci hanno parlato di “terrorismo” e “cospirazione” abbiamo capito di essere tutti innocenti. In fondo siamo pedine di scambio. E c’entrano le sanzioni contro Caracas e tutti i problemi politici del Venezuela".

Infatti, le trattative per la sua liberazione con il regime Maduro sono state condotte dal governo elvetico. Non c'è da aggiungere altro.


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