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Alberto Trentini, 347 giorni nelle prigioni venezuelane

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Un silenzio plumbeo è caduto sulla sorte di Alberto Trentini, il cooperatore italiano, originario di Venezia, quarantasei anni, arrestato lo scorso 15 novembre 2024 in Venezuela.

Dunque, quasi un anno di prigionia. Fa impressione persino a scriverlo. Proviamo a immaginare l'angoscia per chi vive lo sta vivendo, senza uno straccio di capo d'accusa, tagliato fuori del mondo, impossibilitato a comunicare con i suoi affetti. Ma è giusto? Perché non lanciamo tutti insieme un urlo di rabbia e disapprovazione contro chi vuole farci accettare l'inaccettabile?

Tre settimane fa, grazie anche agli sforzi del governo, del ministro degli esteri Antonio Tajani, della Santa Sede, e sottotraccia di alcune organizzazioni cattoliche, sembrava essersi accesa una luce, flebile, debole, tuttavia incoraggiante. Ora si è nuovamente al buio. Neppure un cerino acceso, cioè una notizia sulle condizioni reali di Alberto Trentini che si muove in un'angusta cella del carcere di El Rodeo I, una struttura gestita dai servizi segreti venezuelani, dove sono seppelliti i prigionieri politici, a poche decine di chilometri dalla capitale.

Il Venezuela in questo momento è distratto dalla tensione con gli Stati Uniti. La Casa Bianca, infatti, un mese fa ha ordinato a una flotta di navi da guerra di presidiare le coste venezuelane. Washington dice di volerla fare finita con il presidente Maduro, accusato di dirigere il narcotraffico verso gli Usa.

Il ministro dell'Interno e della Giustizia, Diosdato Cabello, numero 2 del regime, l'unico che può influenzare il presidente Maduro e che ha il potere di liberare Trentini, si dichiara sempre a caccia di agenti della Cia per sventare invasioni del territorio - e non a torto, dopo le dichiarazioni aggressive di Donald Trump - ed è pubblicamente impegnato sul terreno diplomatico per sostenere il presidente brasiliano Lula, promotore di una mediazione tra Caracas e Washington. Non stupiamoci dunque se Trentini è nuovamente ricaduto in un buco nero. Salviamolo, è urgente.


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