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Francia, all'Assemblea nazionale ritornano i fantasmi della guerra d'Algeria

  • Vice
  • 11 ore fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Passa per un solo voto un testo dell'estrema destra che denuncia gli accordi del 1968


di Vice


@Ministère français de l'Enseignement supérieur et de la recherche
@Ministère français de l'Enseignement supérieur et de la recherche

Un solo voto è bastato ieri all'Assemblea nazionale francese per riportare indietro le lancette dell'orologio, per ritornare alla guerra d'Algeria (1954-1962) con il suo corollario di attentati fascisti dei pieds noir dell'OAS e tentativi di colpi di stato e d'assassinio del generale Charles de Gaulle. Ieri, giovedì 30 ottobre, il Rassemblement National, il partito d'estrema destra di Marine Le Pen, con l'adesione dei gruppi LR (Les Républicains, centro destra) e Horizons (centro destra), ha conquistato la maggioranza parlamentare con un voto che mette in discussione l'accordo franco-algerino del 27 dicembre 1968.[1] Un accordo che ha mirato a "compensare" gli algerini con una serie di "privilegi" in Francia, emendando il passato coloniale (dal 1831) e quella guerra combattuta dalla Legione straniera guidata dal generale Jacques Massu, anche con il ricorso alla tortura e in spregio alle convenzioni di Ginevra.

La vittoria è risicata: 185 voti contro 184. E il testo non è vincolante, perché soltanto il Presidente della Repubblica ha la prerogativa di recedere dall'accordo. Ma se il voto si associa ad altri due elementi, cioè al 54 per cento dei francesi che si dichiara, secondo un sondaggio, pronto a votare per l'estrema destra, e alla caduta ai minimi storici, l'11 per cento, della fiducia nel presidente Macron, lo scenario si trasforma in inquietudine, perché come osserva Liberation quella minima differenza di un voto ha abbattuto l'unica diga che ancora si frapponeva tra l'estrema destra con le sue idee mortali e il potere. O per dirla con le parole de Le Monde si è spezzato "quel cordone sanitario, appeso a un filo, che emarginava il Raggruppamento Nazionale (RN)".[2]

Il balzo all'indietro della politica francese è scioccante. Misura, infatti, il ritorno al 10 luglio 1940, ai giorni dell'Armée in ginocchio, travolta dalla Wermacht, e l'Assemblea nazionale che ratifica i pieni potere al maresciallo Pétain, dando vita al governo di Vichy, al collaborazionismo istituzionale con i nazisti, con Hitler. Una vergogna riscattata soltanto dalla forza morale dei generali De Gaulle e Henry Giraud, e dalle truppe francesi della France libre.

Ieri tutto ciò è stato cancellato, mostrando una fragilità della democrazia d'Oltralpe che impone una riflessione anche fuori dai confini nazionali. Ben si comprende, quindi, la preoccupazione espressa da Libération che oggi scrive:

"Questo voto non è insignificante. Rivela un'agghiacciante continuità storica: il Rassemblement National non ha mai rotto con le sue origini, quelle dei terroristi dell'Algeria francese, dei sostenitori della colonizzazione, di coloro che hanno sempre cercato di prolungare la dominazione coloniale stigmatizzando gli immigrati".

Ora i francesi sono ad un bivio, anche se la considerazione finale potrà sembrare semplicistica: o dare definitivo corpo alle proposte restrittive (per un usare un eufemismo) del Rassemblement Nazionale, che equivale a guardare all'Europa con un'opzione altrettanto restrittiva sulla politica dell'Unione Europea, o riprovare a dare fiducia al suo presidente e ai partiti antifascisti per scongiurare quel "rancido ritornello dell'odio contro gli immigrati e della negazione della parte algerina della Francia, come ha denunciato il politologo Paul Max Morin.

Non ci si illuda che il segnale che arriva da Parigi si possa ridurre, come si è scritto sopra, soltanto all'esagono francese. Riguarda tutti noi, perché potrebbe mettere, insieme agli accordi del 1968, anche il senso della convivenza civile che ha finora permeato (e goduto) il Vecchio Continente. Se salta la diga francese, la storia insegna che la violenza delle acque potrebbe travolgere più di un Paese.


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