Alberto Trentini, 199 giorni nelle carceri venezuelane
- La Porta di Vetro
- 1 giu
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Aggiornamento: 2 giu

Era il 2 giugno del 1948, settantasette anni fa, quando gli italiani ascoltarono il radiomessaggio dell'allora presidente della Repubblica Luigi Einaudi, primo presidente eletto dal Parlamento, al quarto scrutinio, meno di un mese prima, l'11 maggio. Fu un discorso che si concluse con un forte richiamo a tre valori: Famiglia, Pace, Umanità. Un trinomio fondamentale per la convivenza civile e il rispetto dei diritti civili che il Venezuela ha bruciato con l'abituale prepotenza del Potere cieco arrestando Alberto Trentini che oggi vive la festa della sua Repubblica in una cella di un carcere alla periferia di Caracas. Fermato dalle autorità il 15 novembre scorso, al nostro connazionale è stata negata la possibilità di informare con i legittimi crismi giuridici la sua Famiglia e nessuna altra notizia è successivamente filtrata, oscurando di fatto la sua missione di Pace con una Ong al servizio di persone disabili, privandolo così dell'Umanità che per ogni essere umano in carcere ha le sue radici nel conoscere le ragioni del suo arresto.
Il nostro appello per la liberazione di Alberto Trentini è quotidiano. L'operatore umanitario d'origine veneziana, 45 anni, si trova in Venezuela con la Ong internazionale Humanity & Inclusion dal 17 ottobre scorso. Le forze dell'ordine lo hanno fermato durante il tragitto che per lavoro lo portava dalla capitale Caracas a Guasdualito, nel nordovest del paese. Come più volte ricordato, le autorità hanno fermato anche l’autista della ong che lo accompagnava. Alcune settimane fa, Trentini ha avuto la possibilità di parlare al telefono con i suoi famigliari dal carcere di El Rodeo I. Poi è calato, almeno ufficialmente, nuovamente su di lui il silenzio assoluto.










































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