Alberto Trentini, 195 giorni nelle carceri venezuelane

Si profila una mediazione dell'Eni per il suo rilascio.

L'uscita di scena del colosso americano Chevron dal mercato petrolifero venezuelano, con la conseguente rilevante perdita economica per le casse erariali, ha lasciato uno spazio rilevante a nuovi soggetti del settore. I media venezuelani ne hanno parlato diffusamente il 27 maggio, non appena è diventato ufficiale l'addio della multinazionale californiana, che ha fatto addensare nuove nubi sullo stato di salute dell'economia del Paese, che il governo Maduro stenta a risollevare. Dunque, non si può escludere la possibilità di usare un potente chiavistello economico per aprire la cella in cui è detenuto da 195 giorni Alberto Trentini. E questa possibilità è rappresentata dall'Eni. L'ipotesi è suggerita da un articolo de Il Fatto Quotidiano che ha ripreso la deposizione di ieri l'altro a Roma al processo per l'omicidio di Giulio Regeni di Claudio Descalzi, amministratore delegato della società petrolifera italiana. All'udienza, infatti, si è fatta strada appunto l'ipotesi che la presenza dell'Eni a Caracas potrebbe favorire l'avvio di un negoziato che porta alla liberazione di Trentini.

Come è noto, la fonte di guadagno derivato dal petrolio non è irrilevante per il Venezuela, anche se, secondo la Reuters, il governo degli Stati Uniti avrebbe emesso un'autorizzazione limitata per consentire alla Chevron di detenere attività in Venezuela, comprese le sue joint venture con la PDVSA, di proprietà statale, ma non gestire giacimenti petroliferi in Venezuela, esportare il suo petrolio o espandere le attività. Un problema in più per il Venezuela, la cui ripresa (leggera) della produzione petrolifera, circa un milione di barili al giorno, come ha osservato il quotidiano di Caracas El National, è dipeso negli ultimi anni dalla Chevron e da altre società straniere. Quale potrà allora essere il ruolo dell'Eni?