21 settembre, giornata mondiale dedicata ai malati di Alzheimer
Aggiornamento: 21 set
di Fausto Fantò ed Emanuele Davide Ruffino
Dedicare una giornata ad una malattia serve per portare l’attenzione sulla problematica e fare il punto sugli sviluppi della scienza nel settore: nel caso dell’Alzheimer sarebbe più opportuno parlare di scienze, perché sono diverse le discipline che si occupano degli effetti diretti ed indiretti che la malattia comporta.
La malattia di Alzheimer (AD) è una malattia cronico-degenerativa, caratterizzata da un deterioramento delle funzioni cognitive superiori, tale da interferire con la normale attività della vita quotidiana. Sono 55 milioni persone nel mondo affette da demenza e di queste, la maggioranza sono affetti da Alzehimer.
Un milione e mezzo di persone colpite dalla malattia
Secondo quanto diffuso dalla Federazione Alzheimer Italia, rappresentante per il nostro Paese di Alzheimer’s Disease International (ADI), si stima che le persone con demenza, al momento, siano quasi un milione e mezzo, un numero destinato ad aumentare esponenzialmente nei prossimi anni, causa gli andamenti demografici.
Trattasi di una malattia neurodegenerativa che causa una progressiva perdita delle cellule del sistema nervoso (neuroni) e delle loro connessioni (sinapsi) con un forte impatto sia sulla qualità di vita del paziente sia, e con pari importanza, su quella della sua famiglia.
Nel nostro Paese circa l’80% dei pazienti affetti da demenza vive al proprio domicilio coinvolgendo più o meno direttamente 6/7 milioni di persone nell’assistenza e nella cura. Si tratta in genere di donne (mogli, figlie, sorelle, badanti, definite generalmente come caregiver) del malato; sono donne spesso in età lavorativa e costrette a conciliare il loro lavoro con una nuova esperienza alla quale non sono preparate. Un “lavoro” che richiede un impegno continuativo e che ha un forte impatto sia emotivo che fisico, entrambi da non trascurare.
Le donne sono le “prime vittime” della malattia, sia perché colpite direttamente, sia perché spesso per accudire il proprio caro, si ammalano a loro volta. Diventa quindi indispensabile approfondire le conoscenze su questa malattia ricordandosi sempre che si è di fronte a una sindrome (insieme di malattie) clinica che si manifesta con la perdita delle funzioni cognitive, in primis la memoria, e che con la comparsa di disturbi della personalità e del comportamento di entità tali che interferiscono e compromettono le usuali attività sociali e lavorative del paziente.
Le forme patogenetiche che possono determinare un quadro "dementigeno" sono di diversi tipi. Le demenze possono essere suddivise, in prima approssimazione, in degenerative primarie e secondarie.
Le demenze degenerative (o primarie) sono caratterizzate da un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive causato da un danno primitivo al Sistema Nervoso Centrale (SNC).
A loro volta esse si dividono in demenze corticali (il danno risiede a livello della corteccia cerebrale) e demenze sottocorticali, il cui danno principale risiede a livello delle strutture più interne del cervello.
Un problema estremamente complesso
Solo elencando le possibili manifestazioni ci si rendo conto di come il problema sia complesso e come risulti indispensabile non abbandonare pazienti e caregiver, ma fornire supporti di diverso genere. Per questo l’Associazione San Luigi Onlus, in collaborazione con l’Università degli studi di Torino sta predisponendo diversi canali comunicativi, in ultimo la stesura di un testo “L’Alzheimer è donna” proprio per approfondire l’argomento e per fornire informazioni e conoscenze a chi convive con questa patologia.
Aiutare anche dall'esterno le persone affette dal morbo e i relativi caregiver, diventa quindi un argomento socialmente rilevante, che richiede l’aggregazione di forze tra loro culturalmente diverse ma tutte in grado di offrire un loro contributo originale nell’approfondire le conoscenze del fenomeno ed affrontare i disagi che questo provoca.
La qualità della vita connessa alla salute è sempre più al centro dell’attenzione nelle società evolute e tale deve rimanere: i consumi sanitari tendo infatti a mantenere, per loro intrinseca natura, una maggiore rigidità a contrarsi anche in presenza di riduzioni del reddito. L’argomento ha acquisito particolare interesse in relazione all’allungamento della vita nella popolazione e quella femminile surclassa quella maschile in termini di speranza di vita (la speranza di vita alla nascita è di 76,7 anni per gli uomini e a 82,9 anni per le donne). Condizioni che lasciano prevedere un maggior numero di soggetti affetti da Alzheimer, da seguire in un contesto sociale sempre più fragile a cominciare dalla diminuzione del ruolo (e del numero di componenti) della famiglia, al tessuto sociale di supporto.
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