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Yahya Sinwar, l'inafferrabile capo di Hamas, ucciso a Gaza

Maurizio Jacopo Lami

Aggiornamento: 29 dic 2024

di Maurizio Jacopo Lami


"Da Dio andiamo, a Dio torniamo"

La frase più consueta fra gli arabi per annunciare una morte

"Se volete uccidere un serpente dovete tagliargli la testa. Se volete mettere in crisi un' organizzazione terroristica dovete eliminare il suo comandante più carismatico. Dovete trovare la testa del serpente "

Dal manuale di istruzione per i Navy's Seal, i corpi speciali americani.


Ora la testa del serpente è stata tagliata. Yahya Sinwar, il potente leader di Hamas, ritenuto la mente del raid del 7 ottobre, è stato ucciso dai suoi nemici implacabili, gli israeliani. Secondo le prime notizie, dopo una guerra feroce che ha devastato l'intera Striscia di Gaza, causato più di cinquantamila vittime, spezzato l'apparato militare di Hamas, risvegliato l'odio per gli ebrei nel mondo, coinvolto l'intera opinione pubblica in un crudele pro e contro, è arrivata, sia pure casualmente la fine anche per Sinwar.  

Durante uno dei frequenti spostamenti (per sicurezza non poteva rimanere a lungo nello stesso nascondiglio) si è fermato in un edificio scolastico. Era con un giubbotto militare pieno di granate, aveva solo due uomini di scorta (probabilmente per non dare nell'occhio) ed è morto in pochi secondi durante quello che l'IDF ha descritto come un "combattimento di routine". Nel senso che non era uno dei tantissimi blitz militari (ora gli esperti usano il termine strike) finalizzato ad un bersaglio preciso: i soldati che lo hanno ucciso non sapevano assolutamente che lui fosse lì. Infatti, come ha scritto Jerusalem Post, "l'IDF e lo Shin Bet (Sicurezza interna) avevano rilasciato una dichiarazione congiunta dicendo: "Rapporto iniziale - Durante le operazioni dell'IDF nella Striscia di Gaza, tre terroristi sono stati eliminati.

L'IDF e lo Shin Bet stanno verificando la possibilità che uno dei terroristi fosse Yahya Sinwar. In questa fase, l'identità dei terroristi non può essere confermata". Nel pomeriggio di giovedì 17 ottobre, la conferma. E il ministro della Difesa israeliano, Gallant, in un video in tuta mimetica ha manifestato tutto il suo entusiasmo per l'uccisione.

Sinwar è morto a causa del fallimento della sua strategia. Confidava di portare alle estreme conseguenze lo scontro con Israele, per provocare un conflitto di quest'ultimo con l'Iran e provocare un incendio su vasta scala nell'intera regione del Medio Oriente. Nella sua visione strategica, la umma, cioè l'insieme immenso dei credenti musulmani, si sarebbe schierata contro lo Stato d'Israele e l'avrebbe distrutto, in una spaventosa lotta finale. Sognava la morte per ogni ebreo, uomo, donna o bambino: "non esistono ebrei innocenti. È scritto sul Corano che non ci potrà essere vittoria dell' Islam finché l'ultimo degli ebrei non si rifugerà dietro una pietra e la pietra parlerà: 'oh servo dell'Islam, o credente in Allah, c'è un ebreo nascosto dietro di me: vieni ed uccidilo'. Così sarà, perché così è scritto".

Sinwar era rimasto nelle prigioni di Israele per 22 anni, colpevole di numerosi omicidi. Anni trascorsi nello studio dell'ebraico, per comprendere meglio come ragionavano i suoi nemici. Giorno e notte aveva meditato sui punti forti e sui punti deboli di Israele. Poi era uscito per uno scambio di prigionieri e si era dimostrato subito pieno di energie e di idee.

Diventato capo di Hamas nel 2017, aveva subito chiarito i suoi due obiettivi di breve termine: trasformare l'armata Brancaleone di Hamas, feroce, ma quanto mai improvvisata, in una formazione disciplinata ed efficiente. Per questo aveva individuato due validi collaboratori, che come lui non lasciavano niente al caso: Mohammed Deif e Marwan Issa. I due  uomini si erano messi al comando della sezione militare di Hamas e l'avevano trasformata secondo le idee base di Sinwar: rigore ed efficienza. 

Inoltre avevano cercato (non ci sono riusciti e non potranno più farlo, entrambi sono stati uccisi dagli israeliani in questo conflitto) di dividere la struttura di Hamas in "celle", cioè sezioni a compartimenti stagni, per evitare lo spionaggio nemico. Ambizione legittima, ma evanescente sul piano empirico: contro il Mossad, non c' è organizzazione che tenga.

L'altro obiettivo di Sinwar era l'alleanza con l'Iran. Il capo di Hamas non aveva la minima simpatia per gli "eretici" sciiti, ma sperava di servirsi dei loro potenti mezzi per trascinare l'intera regione in guerra. Teheran, a sua volta, pensava di usarlo per "immobilizzare" Israele come in una tenaglia e diventare così la maggiore potenza del Medio Oriente. Gli ayatollah non sognavano minimamente di fare la guerra ad Israele, non ci tenevano proprio a scoprire in fretta se esiste il Paradiso. È finita in un modo che nessuno avrebbe potuto immaginare nemmeno in un romanzo: prima una storica vittoria tattica (cioè una battaglia iniziale vinta), poi però una storica sconfitta finale nella guerra.

In sintesi: con l'incredibile attacco del 7 ottobre 2023, che per Israele ha rappresentato non solo una tragedia, ma anche una sequela di errori su cui meditare per un'intera generazione, Sinwar è riuscito ad ottenere quello che nessun terrorista mai, nemmeno Osama Bin Laden o il califfo dell'Isis era riuscito, neppure lontanamente: costringere l' Occidente a trattare.

La Casa Bianca, Tel Aviv, l' Unione Europea, tutti a chiedere una trattativa per liberare gli ostaggi israeliani e far cessare la guerra: un successo storico indubbiamente per Sinwar. Subito dopo però è arrivato l'errore più grande della sua vita: quando Israele ha ricominciato ad attaccare, dopo una bravissima tregua, Sinwar non ha ammorbidito per nulla le sue richieste, peraltro "facilitato" in questo dalla assoluta ostilità di Netanyahu ad un accordo. Una volpe Netanyahu, consapevole che con il capo di Hamas in vita, il bancomat dalle parti di Washington non sarebbe mai ritirato. All'opposto, Sinwar sperava che nel lungo termine si avverasse il sogno della sua vita, lo scopo finale di tutte le sue azioni: Israele che perde lucidità, attacca l'Iran, in un delirio suicida.

Qualcuno dirà: ma Sinwar non si preoccupava delle vittime palestinesi? Perché mai, è la risposta dominante. Come il generale nord vietnamita Giap, l'eroe di Dien Bien Phu, ricordava, "muoiono milioni e milioni di persone per cause naturali ogni anno. Che differenza può fare davvero uno o due milioni di morti in guerra? Le grandi cause meritano grandi sacrifici".

Ma il calcolo crudele alla fine si è dimostrato errato. Sinwar non aveva calcolato due cose: primo, l'estrema determinazione di Israele a non farsi schiacciare. Memorabili le parole di Netanyahu: "Non andremo a morire cantando: Israele combatterà".

Il secondo errore di calcolo di Sinwar, è stato quello di non pensare che Israele si preparasse da molti anni alla guerra con gli Hezbollah libanesi ed in prospettiva con i servizi segreti iraniani. Invece, il Mossad ha studiato per anni le strutture avversarie e le ha infiltrate con infinita e certosina pazienza. Esattamente come nelle serie che spopolano su Netflix), mostrando prodigiose capacità di spionaggio finalizzate a colpire con incredibile fantasia e precisione. Prima abbiamo visto l'uccisione di Ismail Haniyeh, capo di Hamas, eliminato a Teheran nel palazzo più sorvegliato dell'Iran, mentre attendeva di assistere all' insediamento del nuovo capo di governo iraniano (il suo predecessore era precipitato con l' elicottero...) .

Poi, a settembre, l'incredibile azione dei cerca persone: Nasrallah, il leader degli Hezbollah libanesi, aveva ordinato di "seppellire i telefonini in una scatola sottoterra", intendendo dire di usare ogni precauzione possibile per non essere intercettati. Cosi gli sciiti libanesi filoiraniani si sono riforniti di cerca persone da una ditta orientale che pareva super affidabile... peccato che era un paravento del Mossad, come nella più tradizionale spy-story. Gli israeliani hanno letteralmente decimato l'organizzazione facendo esplodere i cerca persone. Per Hezbollah un colpo terrificante. Ma era solo la prima fase. 

Il giorno dopo, replica con i walkie-talkie, anche essi sabotati: un'altra carneficina per Hezbollah e ulteriore motivo di demoralizzazione. Nasrallah, perdendo lucidità, ha ordinato ai suoi migliori ufficiali, in particolare ad Ibrahim Aqil, succeduto ad Fuad Shukr, il comandante in capo militare ucciso a fine luglio, e ai comandanti dell'unità sceltissima Radwan, di riunirsi per decidere che fare. Un altro passo falso: Israele ha colpito implacabile, uccidendo oltre trenta ufficiali, praticamente tutti quelli importanti dell'unità. Poi il colpo più grande, quello che fa poggiare il ginocchio dell'avversario al tappetoo: Nasrallah viene ucciso in un bunker sotterraneo, un immenso spazio sotto popolosi edifici, insieme con tutti i suoi principali collaboratori. Poi è toccato anche al suo erede Nasreddine.

E Sinwar davanti allo sfascio del suo piano? Ha taciuto, forse consapevole del suo fallimento. Ma non era intenzionato a cedere. Orgoglio, presunzione, delirio di onnipotenza di essere rimasto comunque l'ultimo, chissà? La risposta se ne è andata con la sua morte e in un modo persino banale: una casa circondata da una pattuglia israeliana, un carro armato che spara, i soldati che entrano e fanno crepitare i mitra. Infine, la grande sorpresa: Israele ha schiacciato la testa del serpente 

E ora? Aos Harel, uno dei più lucidi commentatori israeliani ha scritto su Haaretz: dopo la morte di Sinwar, Israele deve portare avanti un accordo sugli ostaggi. Anche se le possibilità sono scarse, Israele farebbe bene ad approfittare del disordine di Hamas e del senso di realizzazione di Israele per salvare gli ostaggi.[1] Il punto rimane però sempre lo stesso da oltre un anno: di che cosa ha bisogno Netanyahu per sentirsi sufficientemente realizzato da cercare una soluzione politica, come auspica Biden a poche settimane dal voto?



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