Un libro per voi: "Millanta facce. Racconti dal Salento"
Aggiornamento: 29 set 2023
di Bruna Bertòlo
Una vera geografia umana intrisa di ironia affabulatoria con uno sguardo politico tra il bizzarro e l'imprevedibile sul carattere degli individui e le loro relazioni: è questo il libro postumo di Piero Manni, raffinato editore, scomparso nel 2020 all'età di 76 anni. E sono pagine che tracciano un quadro straordinario di quella bellissima parte della Puglia che è il Salento da cui si scorge immagine autentiche di Lecce, città che si è sempre considerata, per il suo linguaggio raffinato, "la Firenze del Mezzogiorno d'Italia".
Piero Manni, personaggi estroverso, ha insegnato Lettere per 20 anni nel carcere di Lecce: prima nel minorile, poi nel giudiziario, nel penale e nel femminile. Nel 2001 è andato in pensione per far fronte al suo impegno editoriale, ma ha sempre conservato l'attenzione per i giovani, per coloro espulsi dalla scuola (solo di rado per responsabilità degli insegnanti) e che di questa espulsione "conservavano le stigmate e l’odio per le istituzioni, per il potere comunque costituito; non avendone avuti altri, i loro modelli culturali provenivano dai peggiori spettacoli televisivi".[1]
Presentato al Polo del '900 di Torino dall'Istituto storico della Resistenza (Istoreto) e dall'Anpi provinciale, la pubblicazione si è immediatamente sposata al ricordo di Piero Manni, figura di rilievo nel panorama politico pugliese (fu consigliere regionale per Rifondazione comunista) e nell'Anpi, di cui fu presidente per la provincia di Lecce.
Sul piano culturale, "Millanta facce", cioè mille facce, s'invola con le sue parole dialettali verso una sorta di "gramelot", simile a quello di Dario Fo. E per questo la parola diventa teatro e il linguaggio è popolare e semplice, come quello che si ascolta nelle strade, come ha ricordato Bruno Gambarotta, amico di lunga data del fondatore della casa editrice Manni, oggi diretta dalla figlia Agnese, presente al Polo del '900.
Un "gramelot" che Erminio Risso, in una recensione su "Patria Indipendente", ha tradotto come l'ingresso un teatro, in cui si osservano "esseri in carne ed ossa in un movimento che è fermento e che trascorsi pochi minuti ci chiamano sul palco con loro e se mostriamo resistenza e perplessità, ci obbligano: non si può stare fuori dalla vita. Tutti siamo dentro a questo mondo, non c'è via di fuga possibile. Per renderlo più umano bisogna conoscerlo, interpretarlo e lottare per cambiarlo. Senza mai perdere l'umanità che è passarsi un pezzo di pane con l'olio.”
Le storie sono numerose come numerosi sono i suoi personaggi: dal Circolo dei Signori del Paese, frequentato soltanto da laureati e diplomati, che decide di aprirsi anche a quelli con la licenza media al mondo dei pescatori (mirabile è il racconto della pesca con la lampara), alla storia del disertore della Grande Guerra. Ma c'è anche lo sguardo che cala sul presente crudele e violento: c'è il Salento della corruzione, degli attentati del racket, dei morti di droga, del turismo sfrenato e del pizzo, che è meglio pagarlo alla camorra, che pagare le tasse allo Stato.
[1] http://www.ristretti.it/interviste/cultura/manni.htm
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