Un libro per voi: "La comunista che amava il tango"
di Vice

L'8 marzo, giornata internazionale dedicata alla donna, appare più che propizio per leggere le intense pagine che raccontano l'avventurosa esistenza di Maria Cristina Casati di Soncino contessa di Huntingdon, nata a Milano nel 1901, morta il 22 marzo del 1953.
Aristocratica e comunista, intrepida e coraggiosa fino all'inverosimile, pronta a battersi in più continenti tra le due coste separate dall'Oceano Atlantico per riaffermare la libertà contro le dittature, Maria Cristina è il prototipo dell'eroina che rifiuta di essere incasellata nella sua classe d'appartenenza e di essere appiattita nell'essere donna, come lo si poteva essere nei primi decenni del Novecento.
Non è una femminista ante litteram, ma è una donna che fa dell'idea di emancipazione una meravigliosa idea da vivere e non semplicemente da accarezza. Dunque, la sua stella polare. E il suo è un andare controcorrente che la porta ad essere etichettata la "Contessa Rossa" negli anni Venti e Trenta del Novecento, nell'abbraccio della causa comunista in prima persona, mai all'ombra di qualcuno, fosse il marito, il compagno, un amico.
Una "qualità" che non le sarà perdonata e la destina all'oblio. Da cui l'ha recuperata Massimo Novelli, reduce dall'intenso Il caso Lea Schiavi e da altre storie di donne cancellate dalla memoria, dimenticate o trascurate, con un affresco della sua vita in "La comunista che amava il tango".[1] E lo fa con la sua abituale e incalzante penna dell'esperto cronista, preciso, meticoloso, quanto raffinato nel trasformare freddi documenti ritrovati in emozioni forti, e trasformarsi a sua volta in lucido storico che associa luoghi e date a noti contesti e a nomi famosi, dando prova anche di una pregevole capacità di scavo psicologico nella descrizione del personaggio. Si scopre così, in una delle 170 pagine attraverso le quali Novelli fa viaggiare il suo lettore nel mondo al seguito di Maria Cristina, che di lei si era invaghito anche il grande Charlie Chaplin, magari per quegli occhi che ricordavano un po' quelli di Virginia Cherrill, la fioraia di Luci della città. Né era rimasta insensibile al suo fascino anche l'amica Frida Kahlo, conosciuta negli anni Trenta, a casa di Diego Rivera negli Stati Uniti, in una rutilante reciprocità di interessi intellettuali per le visioni che caratterizzavano la sinistra in quel periodo storico, schiacciata in Europa da fascismi consolidati, avanzanti, incipienti, tutti similmente violenti.
Una violenza rifiutata in nome di un antifascismo militante che la trascina, lei Viscontessa Hastings, moglie di Jack Hastings, figlio ed erede del conte di Huntingdon, uniti in matrimonio il 25 ottobre 1925 contro i voleri della famiglia di lui, sul fronte della guerra civile spagnola, dove incontra, frequenta e ama Wogan Phillips, destinato a diventare il suo secondo marito, primo e unico comunista a sedere nella Camera dei Lord negli anni Sessanta. In quei mesi di crudeli battaglie, di lei scrissero che amava volteggiare come una farfalla con la grazia di un'allodola, leggiadria ereditata dalla madre Luisa, la Divina Marchesa, ballando il tango. E sempre in Spagna divenne la farfalla che schivava i proiettili, annota Novelli, esattamente come venne descritta Gerda Taro, la compagna di Robert Capa, schiacciata da un carro armato in quella lotta impari contro i fascisti di Francisco Franco.
Dalla Spagna in Inghilterra con il suo nuovo amore, mentre incombe la II guerra mondiale e su Londra cadono le bombe della Luftwaffe nazista, e i giorni che si consumano in attesa del divorzio e poi nei rapidi preparativi del secondo matrimonio che avvenne nel 1944.
Il dopoguerra per Maria Cristina è un lento scivolare nell'anonimato, che non le impedisce agli inizi degli anni Cinquanta di realizzare quel sogno di Terra e Libertà con la costituzione sulle sue proprietà terriere della "Società cooperativa - Azienda agricola Cristina" con sede a Cusago-Cascina Fornace (Milano). L'ultimo atto d'amore verso l'ideale comunista, mentre il tumore la divorava. Da quel momento, il silenzio. Neppure una riga alla morte del marito, nel novembre del 1993. Quasi vent'anni dopo, un piccolo squarcio nelle tenebre. E' quello che Novelli definisce un cammeo: l'intervento di Aldo Tortorella, recentemente scomparso, che nel 2012, alla Casa della Cultura, celebrando i 110 anni dalla nascita di Wogan afferma che "sarebbe da conoscere bene la storia intellettuale di questa bella e intelligente signora che si sente vicina ai comunisti, lei, erede di uno storico casato milanese". Ora, "la comunista che amava il tango" ha rotto quel silenzio.
Note
[1] Massimo Novelli, La comunista che amava il tango, Mursia 2024
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