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Un libro per voi: il carteggio tra Dionisotti e Galante Garrone

Aggiornamento: 26 mar

a cura di Piera Egidi Bouchard



Ma quali sono le “radici della vita” [1] , titolo evocativo della raccolta del carteggio cinquantennale tra Carlo Dionisotti e Alessandro Galante Garrone, ora edito per la cura dello storico Gian Paolo Romagnani?

Certamente gli ideali e le scelte che hanno contrassegnato nella sfera pubblica e negli studi l’esistenza di questi due importanti personaggi, ambedue formatisi in giovinezza alla scuola dell’antifascismo - scelte difficili e progressiva in una dittatura che permeava tutto -, ma anche e contemporaneamente l’amicizia reciproca e all’interno di un gruppo di coetanei che tanto peso avranno nella nostra storia e nella nostra cultura (Mila, Agosti, Venturi, Garosci, Bobbio, Foa, Vaccarino), quegli esponenti del nucleo torinese di “Giustizia e libertà”, la cui scomparsa - scrive Romagnani nella sua Premessa - “rischia di  far perdere per sempre quell’ispirazione culturale e politica, quella cultura laica, liberale e riformatrice che nell’effimera, ma esaltante esperienza di GL prima e del Partito d’Azione poi aveva trovato – fra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento – la sua migliore espressione.”

La straordinarietà dell’humus culturale e politico di Torino, arrivato fino ad oggi in un’infinità di iniziative e di centri culturali - di cui l’esperienza del Polo del '900 è un inveramento significativo – è l’incontro e il vicendevole scambio tra le linee del gobettismo e del gramscianesimo, presenti nel dopoguerra poi nei singoli partiti politici progressisti e anche nelle  diverse fedi religiose, dal cattolicesimo democratico al protestantesimo all’ebraismo. Noi, generazioni successive a quella della Resistenza, abbiamo avuto il dono inestimabile di conoscere anche personalmente, di leggere, di confrontarci con il pensiero e la vita di questi grandi Maestri, che furono anche aperti al rapporto con le più giovani generazioni.

Carlo Dionisotti, laureato in Lettere e Galante Garrone in Giurisprudenza, incontratisi con il comune amico Giorgio Agosti  a studiare nella Biblioteca Nazionale - ebbero carriere del tutto diverse e residenze diverse (nel 1941 Dionisotti si trasferirà ad insegnare a Roma, e successivamente nel dopoguerra in Inghilterra, insegnando prima a Oxford e poi a Londra, dove rimarrà fino alla pensione, nel 1970). Inevitabile quindi scriversi, ed ora il ricchissimo epistolario è stato donato dalla figlia di Dionisotti, Anna Carlotta, alla figlia di Galante Garrone, Giovanna, che ne ha consentito a Romagnani la consultazione, in attesa di donarlo al Centro studi “ Piero Gobetti”, insieme al resto del suo Archivio.

Dionisotti fu soprattutto concentrato nei suoi studi letterari, per i quali l’amico Sandro non nasconde il suo entusiastico apprezzamento: “Io non so se la mia natura piuttosto silenziosa ti abbia mai lasciato comprendere tutta l’ammirazione profonda che io sento per te da anni, per il tuo ingegno, il tuo fervore d’animo, la tenacia eroica del tuo lavoro e la passione con cui pur riesci a uscire dal tuo lavoro e a vedere acutamente tante cose che ci stanno sommamente a cuore” - scrive nella sua prima lettera, del 30 ottobre 1941, in piena  dittatura e guerra, ai problemi della quale c’è l’allusione  dei due antifascisti alle “tante cose che ci stanno sommamente a cuore”.

Galante Garrone, invece, fu presente in vari ruoli sullo scenario torinese e nazionale (nel suo iter di antifascista e rappresentante del Partito d ‘Azione nel Cln piemontese, magistrato e infine docente universitario di Storia del Risorgimento, la sua grande passione), ed espresse il suo “insegnamento civico“ per decenni nei suoi bellissimi editoriali su La Stampa.

Aperto all’ascolto e al dialogo, concesse la sua amicizia ai più giovani, come con Paolo Borgna, anch’egli magistrato e storico, ora presidente dell’Istituto torinese della Resistenza, autore del famoso saggio in dialogo con  lui “ Il mite giacobino”. E anche con Gian Paolo Romagnani, il curatore di questo carteggio, - tra i tanti incarichi anche attuale presidente della Società di studi valdesi- che si laureò con lui, lo considerò fino alla fine suo Maestro, intessendo un rapporto di venerazione che divenne anche amicizia. E a cui negli ultimi tempi, riflettendo dolorosamente sulle tante morti di amici della sua generazione, Galante Garrone scrive: “E mi sento già, come sopravvissuto, quasi colpevole. Non lasciarmi solo. Rassicurami, se non mi hai ancora cancellato dalla lista dei tuoi amici.”

Anch’io ho avuto l’onore di una intervista per la rivista “Confronti”, nel lontano 1998, dal significativo titolo “Per me Parigi non vale una messa: era uscito di recente il suo libro "Un affare di coscienza. Per una libertà religiosa in Italia”, e Galante Garrone era stato allievo all’Università di Francesco Ruffini, il grande teorico della libertà religiosa, (difeso dai suoi studenti, tra cui oltre a Galante Garrone, Dante Livio Bianco e Ludovico Geymonat durante l’assalto di una squadraccia, e “ce ne siam prese, delle bastonate! “– ricordava  il futuro partigiano nell’intervista), privato della cattedra perché fu tra i dodici docenti universitari che nel 1931 non giurarono fedeltà al fascismo.

Anche quella generazione aveva avuto dei grandi Maestri!

E, tornando alle “radici della vita”, il percorso dell’amicizia negli anni è certamente il filo conduttore di questo carteggio, che unisce l’aspetto culturale tra questi due studiosi, lo scambio di libri e di opinioni sull’attualità, con l’affetto e la stima reciproca. E non mancano gli aspetti “leggeri”- perché tra i tanti impegni questi studiosi sapevano anche sorridere, che è un dono dell’intelligenza - come lo scherzo che ritorna nel tempo riferito a “ Dionisotti” il bello, che quest’ultimo assume firmandosi “Dionisotti fu bello” o “Dionis il brutto”, e ne scrive a Sandro, nel 1964: “Ero, come sai, bello allora e però svagato, e quelli erano maestri troppo esigenti. Ho fatto penitenza dopo, diventando brutto. Ma era già tardi".

E ne è testimone nei suoi diari anche Virginia Galante Garrone, la "sorella maggiore", che lo ebbe collega di scuola, giovani insegnanti ambedue,  prima della guerra: lo ricorda “ammirato in segreto dalle sue alunne per la sua bellezza”.

 "Quando Dionisotti morirà, in un articolo - necrologio su La Stampa, il 23 febbraio 1998, Sandro lo ricorda come “Un grandissimo storico della letteratura italiana; un Francesco De Sanctis di questo nostro secolo”.



Note


[1] Carlo Dionisotti, Alessandro Galante Garrone, “Le radici della vita” – Una lunga amicizia attraverso la corrispondenza -1941-1997, a cura di Gian Paolo Romagnani, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2024

 

 

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