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Un libro per voi: "Fra le rocce. Storie e immagini di montagna"

di Tiziana Bonomo

Fotografie di montagna, storie di montagna che sembrano raccolte per leggerle la sera davanti al camino o al bordo del letto di qualche figlio. È la gradevole sensazione che provoca il libro “Fra le rocce. Storie e immagini di montagna” a cura di Giorgio Enrico Bena.[1] Venti racconti ispirati alle fotografie dell’alpinista, fotografo e pittore Gino Balzola che rendono omaggio ad un personaggio eclettico ed originale. Le sue fotografie, scattate negli anni Cinquanta del secolo scorso tra le Alpi piemontesi e le Dolomiti restituiscono per immagini una vita vissuta intensamente tra la passione per la montagna e la passione per l’arte.

Questo lascia supporre quanto le immagini fotografiche e la relazione con la montagna suscitino reazioni diverse. Ad iniziare dal figlio Andrea che ricorda, da due fotografie del Cervino, come “insieme al sole mio padre sale verso una delle sue vette preferite, il Cervino. Una piramide di roccia che ha scalato più volte per vie diverse, fotografato, disegnato.”

Poi Davide Longo – scrittore, sceneggiatore, regista – ci trascina dentro ad una storia di un personaggio greve, tignoso, rancoroso come Pricot che sembra proprio essere dentro all’immagine di quelle tipiche case di montagna in pietra con i tetti in ardesia dal quale esce il fumo del camino. D’altronde è proprio lui che ha scritto la sceneggiatura del film Il mangiatore di pietre interpretato da Luigi Lo Cascio: sempre montagna, sempre immagini e storie forti, pungenti come il freddo della neve.

Cosa non sollecita a Enrico Camanni, famoso giornalista alpinista, la magnifica immagine del Campanile Basso: “Il Basso è un prodigio della geologia. Visione fantastica dal lato di Molveno (quello della fotografia), se le nuvole acconsentono. Distinguendo tra le guglie degli Sfulmini, i contadini di Cembra lo battezzarono il campanile delle Strie: le streghe. Per i cantori della montagna eroica divenne l’Urlo pietrificato”. E continuando ci fa sognare nel racconto di cosa riuscì a fare l’austriaco Paul Preuss: “…si appese al muro grigio di centodieci metri, danzando per due ore sulla punta delle dita.

Il Campanile

Sono sicuro che anche l’artista Balzola incontrò lo spirito di Paul Preuss sul Campanile Basso, perché la roccia le terrà anche su, ma le montagne sono fatte di sogni”. Tre alberi, le nuvole, tre figure, un prato che rimandano all’ossessivo sogno di Camminare (titolo proprio del racconto) come metafora di un esercizio mentale condiviso con amici dentro ad una fotografia che fa da specchio ai pensieri del racconto di Gian Paolo Caprettini, professore di semiotica e di semiologia.

Anche l’autrice Bruna Peyrot, che da anni conduce ricerche sull’identità, prende spunto dall’immagine di un sentiero di neve per ritornare al sogno, alla memoria: “L’alpinismo in fondo era nato così: nell’eterna sfida fra ardore umano e conoscenza altra”.


Il sogno però ce lo interrompe bruscamente Roberto Mantovani, giornalista che da una bellissima fotografia d’antan, attacca il racconto: “Le montagne di Gino Balzola e degli alpinisti della sua generazione non esistono più”. Se settant’anni fa lo scenario di quei monti sembrava una favola oggi hanno perso gran parte del loro mistero per le tante ragioni legate al clima, all’aumento degli scalatori “i corridori d’alta quota” e “delle innumerevoli brigate di climber”.

Poi ci sono diverse altre storie che incantano e quella di Caterina Schiavon, nonostante il titolo “Il lamento dei morti” il suo racconto, uno tra i più lunghi, rispecchia la fotografia, simile ad un disegno di una cappella che aggetta su un profilo di montagne: “La montagna regala suggestioni incantate a chi si mette in ascolto della sua voce. Scalare i misteri della montagna vuol dire andare alla ricerca di noi stessi e delle nostre più intime paure”.

Anche se la montagna ci libera dalle paure, fa respirare il nostro corpo e fa scattare immagini anche senza la macchina fotografica nella nostra mente. Ed è così che il racconto “La meditazione della montagna” con un’altra bellissima immagine che sembra una china animata da tende, abeti, creste di montagne e case di pietra conduce a Bari, al mare dell’autrice Mariella De Santis: “Mio padre mi diceva che il mare era contenuto in enormi montagne rivoltate” e allora impossibile non leggere tutta la sua storia: tenera, fantastica, forse vera o forse no, ma dolcissima.

Così come il racconto di Raffaele Tomasuolo, che dall’immagine di un’orrido si avverte il vento, la luce, la forza, la grandezza della natura e l’incredibile minuscola grandezza dell’uomo svolge il suo racconto nel deserto di Wadi Rum in Giordania.

Insomma impossibile citare le tante storie ispirate alle ventuno fotografie di Gino Balzola: storie molto diverse tra loro così come gli autori con esperienze, professioni ma tutti ispirati e tutte intriganti, da leggere. Le parole sembrano prendere il sopravvento rispetto alle immagini ma quando finite la lettura ritornate indietro fermandovi a leggere ogni singola fotografia ed ecco che ancor di più sentirete lo slancio di andare lì in cima, di scoprire i paesaggi di montagna e di scoprire un pochino di più di questo mondo così ben preservato da Gino Balzola.


Note

[1] Fra le rocce. Storie e immagini di montagna, a cura di Giorgio Enrico Bena, Neos Edizioni, 2023


Foto di Gino Balzola




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