Un film per voi: "Come ti muovi, sbagli"
- Mariella Fassino
- 23 set
- Tempo di lettura: 2 min
a cura di Mariella Fassino

Gianni di Gregorio, classe 1949, è un attore, sceneggiatore romano (autore del film Gomorra diretto da Matteo Garrone) approdato alla regia nel 2008 con Pranzo di Ferragosto, pellicola che ci ha fatto apprezzare nella maturità dell’autore, lo sguardo ironico, un po’ melanconico sul mondo, il disincanto, la tolleranza.
Come ti muovi, sbagli racconta, già dal titolo, l’approccio del protagonista alle vicissitudini della vita nell’intreccio tra gli opposti: solitudine-affetti, abitudine-imprevisto, inerzia-azione.
Gianni di Gregorio nella doppia veste di regista e protagonista è il professore in pensione che conduce nel suo comodo appartamento romano, una vita scandita dalle abitudini e da quel “tempo vuoto” a cui molti di noi aspirano dove il pensiero vaga senza impegni precisi, senza scadenze, senza impicci. Il Professore scrive, legge, incontra i soliti amici della trattoria, gira intorno al progetto di scrivere una monografia sull'epoca dei longobardi senza approdare a un’opera compiuta. Il suo approccio alla vita ci pare improntato in modo disarmante alla passività, tant'è che persino il domestico di casa può esercitare una discreta autorità imponendogli regole e divieti. Tuttavia il personaggio ci mostra che acquiescenza e remissività, pur essendo valori poco celebrati dal nostro tempo, possono accedere a risorse come l’empatia, la tenerezza, la tolleranza, la pazienza.
La quiete del protagonista viene improvvisamente sovvertita dall’irruzione nella sua vita, nella sua casa, nelle sue abitudini dalla figlia in dolorosa crisi coniugale e dai due giovani nipoti che nell’esuberanza dei ragazzi reclamano spazio, attenzione, affetto e conforto.
L’intreccio di confusione, rabbia, egoismo in cui verrà imprigionato, tuttavia non scalfisce il suo approccio alla vita e, in deroga alle abitudini e alla sua quiete riuscirà a destreggiarsi tra notti trascorse sul divano e pasti cucinati senza abilità, esercitando le sue peculiari virtù, la pazienza e la tolleranza. Saprà anche agire, uscendo dalla passività, per raggiungere e salvare il genero che nel dolore, nel pentimento e nell’espiazione per la propria infedeltà coniugale si è messo in una situazione di rischio e pericolo.
Il nucleo centrale del film rimane la famiglia raccontata nel dispiegarsi degli affetti e nel binomio solitudine-legami. Le relazioni affettive richiedono sempre un piccolo o grande sacrificio di sé, tuttavia l’esigenza di vivere in compagnia e di stabilire relazioni significative è un tratto saliente dell’umano, forse una piccola “trappola” in cui possiamo incappare senza tuttavia colludere con le nevrosi che comportano gli intrecci affettivi quando diventano ingombranti e destabilizzanti.
La famiglia, si sa, è il microcosmo in cui si rispecchia la società, ed è sotto gli occhi di tutti che quando l’approccio ai conflitti raggiunge la soglia in cui lo scambio diventa sempre più muscolare e intransigente, vincono la prepotenza, la forza, la denigrazione della parte avversa, l’ostentazione di ragioni assolute e inappellabili. Abbiamo urgenza di modelli improntati alla pacificazione, alla buona volontà e alla tolleranza, il film di Gianni di Gregorio ce ne offre un piccolo saggio.













































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