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Ultima ora: il criminale dittatore al Bashir evade dal carcere di Khartoum



Guarda il video. L'ex Presidente sudanese Omar al Bashir, 79 anni, per trent'anni al potere al Khartoum, ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra e genocidio (in Darfur), è evaso dalla prigione di Kobar (nella zona nord della capitale), dove era stato recluso nel 2019, a seguito di un teso scontro nella prigione tra l'esercito sudanese e i ribelli[1]. Il 30 giugno del 1989, al Bashir aveva rovesciato con un putsch il primo ministro sudanese democraticamente eletto, Sadiq al-Mahdi.

ll 14 luglio 2008, il procuratore capo della Corte penale internazionale (CPI), Luis Moreno Ocampo, accusò al-Bashir di essere il responsabile di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra nel Darfur del 2003[. Il procuratore accusava al-Bashir di aver "ideato e implementato" un piano per la distruzione di 3 gruppi etnici: Fur, Masalit e Zaghawa con campagne d'omicidio, stupro e deportazione. Il mandato d'arresto venne supportato dalla NATO, dal Genocide Intervention Network, e da Amnesty International.

A fronte della richiesta del mandato di cattura nei confronti di al-Bashīr per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi contro la popolazione civile in Darfur, la CPI emise il mandato di cattura il 4 marzo 2009, anche se non accolse l'accusa di genocidio per la quale non ravvisava prove sufficienti per perseguirlo; si trattava del primo ordine di arresto emanato nei confronti di un capo di Stato nell'esercizio delle proprie funzioni[. Il mandato fu comunicato al governo sudanese; malgrado ciò, l'Unione Africana e la Lega Araba non riconobbero questa incriminazione e al-Bashīr rifiutò di consegnarsi: Bashīr negava tutte le accuse, aggiungendo che "non valgono l'inchiostro con cui sono scritte". Molte manifestazioni si sono svolte a Khartoum in suo favore e, dal palco, al-Bashīr si scagliò contro Usa, Gran Bretagna ed ebrei, accusandoli di essere i responsabili dei veri genocidi del Novecento in Vietnam, in Iraq e in Palestina.

Iniziò poi la lunga battaglia per applicare il mandato di cattura; quando dal 7 dicembre al 18 dicembre del 2009 si tenne il vertice climatico di Copenaghen, i giudici chiesero al governo danese l'arresto di al-Bashīr nel caso in cui si fosse presentato a questo importante incontro. Il 27 agosto 2010 si è recato in Kenya e non è stato arrestato, stessa cosa è avvenuto quando si è recato in Etiopia, Uganda, Egitto e Nigeria. Il leader sudanese ha prestato giuramento per il suo nuovo mandato presidenziale il 27 maggio 2010, ma il presidente sudafricano Jacob Zuma assicurò, durante i mondiali di calcio, che al-Bashīr sarebbe stato arrestato se fosse giunto in Sudafrica per seguire i campionati: «Il Sudafrica rispetta la legge internazionale e certamente siamo rispettosi e firmatari della legge» aggiunse.

Il 16 settembre 2015 l'Alta Corte sudafricana ha ordinato l'arresto di Al-Bashīr con l'accusa di genocidio e crimini di guerra durante il conflitto in Darfur. Il presidente sudanese stava soggiornando in Sudafrica per partecipare al 25º summit dell'Unione africana. Tuttavia l'arresto non è avvenuto e Al-Bashīr ha potuto lasciare il Sudafrica.[2]


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