Ultima ora: il criminale dittatore al Bashir evade dal carcere di Khartoum
- La Porta di Vetro
- 23 apr 2023
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Guarda il video. L'ex Presidente sudanese Omar al Bashir, 79 anni, per trent'anni al potere al Khartoum, ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra e genocidio (in Darfur), è evaso dalla prigione di Kobar (nella zona nord della capitale), dove era stato recluso nel 2019, a seguito di un teso scontro nella prigione tra l'esercito sudanese e i ribelli[1]. Il 30 giugno del 1989, al Bashir aveva rovesciato con un putsch il primo ministro sudanese democraticamente eletto, Sadiq al-Mahdi.
ll 14 luglio 2008, il procuratore capo della Corte penale internazionale (CPI), Luis Moreno Ocampo, accusò al-Bashir di essere il responsabile di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra nel Darfur del 2003[. Il procuratore accusava al-Bashir di aver "ideato e implementato" un piano per la distruzione di 3 gruppi etnici: Fur, Masalit e Zaghawa con campagne d'omicidio, stupro e deportazione. Il mandato d'arresto venne supportato dalla NATO, dal Genocide Intervention Network, e da Amnesty International.

A fronte della richiesta del mandato di cattura nei confronti di al-Bashīr per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi contro la popolazione civile in Darfur, la CPI emise il mandato di cattura il 4 marzo 2009, anche se non accolse l'accusa di genocidio per la quale non ravvisava prove sufficienti per perseguirlo; si trattava del primo ordine di arresto emanato nei confronti di un capo di Stato nell'esercizio delle proprie funzioni[. Il mandato fu comunicato al governo sudanese; malgrado ciò, l'Unione Africana e la Lega Araba non riconobbero questa incriminazione e al-Bashīr rifiutò di consegnarsi: Bashīr negava tutte le accuse, aggiungendo che "non valgono l'inchiostro con cui sono scritte". Molte manifestazioni si sono svolte a Khartoum in suo favore e, dal palco, al-Bashīr si scagliò contro Usa, Gran Bretagna ed ebrei, accusandoli di essere i responsabili dei veri genocidi del Novecento in Vietnam, in Iraq e in Palestina.
Iniziò poi la lunga battaglia per applicare il mandato di cattura; quando dal 7 dicembre al 18 dicembre del 2009 si tenne il vertice climatico di Copenaghen, i giudici chiesero al governo danese l'arresto di al-Bashīr nel caso in cui si fosse presentato a questo importante incontro. Il 27 agosto 2010 si è recato in Kenya e non è stato arrestato, stessa cosa è avvenuto quando si è recato in Etiopia, Uganda, Egitto e Nigeria. Il leader sudanese ha prestato giuramento per il suo nuovo mandato presidenziale il 27 maggio 2010, ma il presidente sudafricano Jacob Zuma assicurò, durante i mondiali di calcio, che al-Bashīr sarebbe stato arrestato se fosse giunto in Sudafrica per seguire i campionati: «Il Sudafrica rispetta la legge internazionale e certamente siamo rispettosi e firmatari della legge» aggiunse.
Il 16 settembre 2015 l'Alta Corte sudafricana ha ordinato l'arresto di Al-Bashīr con l'accusa di genocidio e crimini di guerra durante il conflitto in Darfur. Il presidente sudanese stava soggiornando in Sudafrica per partecipare al 25º summit dell'Unione africana. Tuttavia l'arresto non è avvenuto e Al-Bashīr ha potuto lasciare il Sudafrica.[2]
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