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Terrorismo italiano: i morti e la morte della Giustizia francese

Aggiornamento: 28 mar 2023

di Vice

Un pugno alla bocca dello stomaco farebbe meno male. Ma, alla pari della giustizia francese, toglie il fiato e lascia con gli occhi umidi. Effetto della decisione della Cassazione d'Oltralpe che ha ratificato oggi, 28 marzo, il parere negativo della Corte d'Appello espressa lo scorso anno all'estradizione di 10 terroristi per i quali la Giustizia italiana aveva chiesto il provvedimento. I giudici francesi hanno sostenuto che i 10 terroristi dell'epoca si sono rifatti un'esistenza. Un titolo di merito che equivale a uno sconto, se non all'estinzione della pena? I famigliari delle vittime del terrorismo si sono uniti nel giudicare ipocrita la sentenza che preclude alla nostra giustizia di mandare in archivio i fascicoli di vecchi processi. Che a Parigi non esistono perché, al di là della Dottrina Mitterand che ha offerto asilo, rifugio a chi fu coinvolto in fatti di sangue in Italia, la giustizia francese ha avuto la mano pesante con i suoi terroristi, ed è sufficiente seguire le sentenze su Action Directe, un'organizzazione eversiva di sinistra.

Nell'agenda dei magistrati italiani compaiono i nomi di sei ex militanti delle Brigate rosse: Giovanni Alimonti (1955), 11 anni da scontare per banda armata e associazione terroristica; Roberta Cappelli (1955) condannata all'ergastolo per una serie di reati dall'associazione con finalità di terrorismo a concorso in rapina aggravata, concorso in omicidio aggravato e attentato all’incolumità; Marina Petrella (1954), una condanna all'ergastolo per l'omicidio di un agente di pubblica sicurezza; Sergio Tornaghi (1958), sentenza d’ergastolo per aver ucciso Renato Briano, direttore generale della Ercole Marelli; Maurizio Di Marzio (1961), condanna a 5 anni per tentato sequestro dell’ex dirigente della Digos di Roma, Nicola Simone; Enzo Calvitti (classe ’55), circa 19 anni da scontare per i reati di associazione sovversiva, banda armata, associazione con finalità di terrorismo, ricettazione di armi. A quei nomi si aggiunge Giorgio Pietrostefani (1943), fondatore di Lotta Continua, condannato a 22 anni come uno dei mandanti dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi, avvenuto a Milano nel 1972.

L'elenco si chiude con Narciso Manenti (1957), membro dei Nact (Nuclei armati comunisti territoriali) sentenza d'ergastolo per l'omicidio dell'appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri avvenuto a Bergamo Alta il 13 marzo del 1979; Raffaele Ventura (1952), militante delle Fcc (Formazioni Comuniste Combattenti) fondate da Corrado Alunni, che ha sulle spalle una condanna a 20 anni per concorso morale nell'omicidio del vicebrigadiere Antonio Custra, ucciso a Milano il 14 maggio 1977; Luigi Bergamin (1948), ritenuto l'ideologo dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo), deve scontare 16 anni e 11 mesi di reclusione per il concorso nell'omicidio del maresciallo delle guardie carcerarie di Udine, ucciso da Cesare Battisti il 6 giugno 1978. Queste le brevi biografie dei terroristi della lotta armata in Italia negli anni Settanta che da anni vivono in Francia. Non sappiamo quanto essi hanno vissuto sereni. Una cosa è certa: questa domanda, non la si potrà mai rivolgere ai morti da essi uccisi.



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