Spinte e controspinte delle destre italiane sicure al potere
di Giancarlo Rapetti
“A Fiuggi c’ero e non mi sono opposta”. Questa la risposta di Giorgia Meloni all'interrogativo, posto nel 2022, se approvasse la svolta di Fini sul fascismo e sulla eredità del MSI, svolta avvenuta appunto al congresso fondativo di Alleanza Nazionale a Fiuggi nel 1995. Risposta che sintetizza in modo perfetto il virtuosismo equilibristico che al momento regge il successo di Fratelli d’Italia. E’ evidente che nessuno vuole sapere che cosa pensasse l’allora diciottenne Meloni; tutti vorrebbero invece sapere che cosa pensa adesso che si trova sul ponte di comando della Repubblica nata dalla Resistenza e fondata sulla Costituzione antifascista.
In altri termini, la traduzione è: penso quello che mi conviene (cosa del tutto legittima in politica).
Che Meloni sia o non sia fascista è del tutto irrilevante. E’ invece rilevante che qualcuno pensi che lo sia: il risultato è un gioco per lei solo vincente. Ritengono la cosa negativa quelli che sono già suoi avversari, e perdono tempo a rinfacciarglielo, senza che questo porti loro alcun vantaggio. Ritengono invece la cosa positiva quelli che hanno vissuto il 25 settembre 2022 come la rivincita sul 25 aprile 1945. Rivincita per procura, visto che ormai i protagonisti o i semplici testimoni di quella stagione non ci sono più e quindi ognuno è libero di pensare (di norma sbagliando) quello che vuole: una costante della storia è che il passaggio della memoria tra generazioni non riesce; si preferiscono rimuovere i brutti ricordi, per guardare avanti. Il risultato è quello implacabilmente descritto da Primo Levi: il fatto che qualcosa di terribile sia accaduto, dimostra solo che può accadere di nuovo.
Il fascino dell'autoritarismo sui giovani
Sono soprattutto i giovani ad essere affascinati dalla immagine di un regime autoritario sì, ma efficiente, credibile, autorevole. A fronte del presente di una democrazia debole, instabile, incerta. “Mussolini ha fatto anche cose buone”, “Fino alle leggi razziali …”, “I treni arrivavano in orario”, “La criminalità era repressa” e si poteva dormire con le "porte aperte", come ricordava criticamente nel 1990 un bellissimo film di Gianni Amelio, protagonisti Gian Maria Volonté ed Ennio Fantastichini. Poco conta che queste affermazioni non trovino riscontro fattuale, comprese quelle più scontate: i treni arrivavano in orario perché i giornali non potevano scrivere dei ritardi e i comitati pendolari non erano ammessi; la criminalità negli anni ’30 era molto più alta di oggi, e si capisce, il paese era molto più povero.
Al momento, semplicemente, queste convinzioni e questa situazione garantiscono Meloni e Fratelli d’Italia: sono i detentori del brand della destra-destra e nessuno può scalfire questa rendita di posizione.
La doppiezza di Meloni e l'incauto gioco al rialzo di Salvini
Nello stesso tempo, e qui sta il virtuosismo dell’equilibrio, la Presidente del Consiglio e il suo partito cercano di accreditarsi come soggetti istituzionalmente affidabili: una tecnica collaudata, nei più diversi contesti. Si fanno discorsi infuocati nei comizi, quando ci si rivolge ai propri elettori; si fanno discorsi soft quando si parla nelle sedi ufficiali. Anche questo è un gioco che funziona. L’interlocutore di turno è di norma troppo presuntuoso per pensare che chi gli sta davanti parli per convenienza: il pubblico dei comizi e i rappresentanti dell’establishment in questo sono uguali, preferiscono credere che l’interlocutore con loro dica la verità, e quello che dice altrove non conti. Ci cascò perfino l’eroe Rabin con Arafat, che è tutto dire.
In questa situazione, il tentativo di Salvini di scavalcare a destra Meloni è velleitario e patetico. Il capo leghista è costretto a spararle sempre più grosse, con l’unico effetto di perdere ulteriore credibilità e rafforzare la credibilità della sua concorrente. Sintetizza il paradosso delle destre l’immagine affiancata di Salvini a Pontida con Marine Le Pen e in contemporanea quella di Meloni a Lampedusa con Von der Leyen (e Marion Maréchal, per buon peso): il capo dei sovranisti europei con la Presidente democristiana della Commissione; il rappresentante delle partite IVA padane con la minoranza francese anti Europa e anti euro. Per Salvini è stata una giornata disastro, che ha fatto crescere anche i malumori e i distinguo interni.
L’altro paradosso delle destre è che, pur conflittuali su tutto, non possono non restare insieme: la forza loro è la forza del blocco, complice la legge elettorale, che per altro è prevalente responsabilità della sinistra. E i rapporti di forza interni scivolano sempre di più a favore di Meloni, con Salvini in difficoltà e Forza Italia marginale.
Opposizioni deboli e fuori dalla realtà
A favore di Meloni giocano infine altri due fattori. Il primo è merito suo: una straordinaria capacità di comunicare, con l’abilità di trasformare i disastri del suo governo in slogan di rilancio. Completato dalla occupazione totale, rapida, efficace e silenziosa della RAI, un esempio di guerra lampo riuscita, più unico che raro. Il secondo è un dono degli dei: le due opposizioni sono la polizza di assicurazione sulla vita del governo. Mentre la destra al potere sa parlare al senso comune, la sinistra no: solo come esempio, la destra è in difficoltà sui suoi cavalli di battaglia, immigrazione e sicurezza; la sinistra, anziché far rilevare l’inefficacia fallimentare dell’azione governativa, con spiccato senso dell’irrealtà, si limita ad accusare il governo di essere troppo securitario e poco accogliente, ma non avanza proposte credibili o che non siano la riproposizione di soluzioni del passato che non corrispondono al mutamento dello scenario geopolitico, e non solo nel continente africano.
Così trasforma una débâcle del governo in una sua ulteriore arma di propaganda, un vero capolavoro politico-mediatico. Non basta: ad una destra che parla (falsamente) di tasse, la sinistra risponde parlando di “diritti”, cioè delle libertà individuali di minoranze culturalmente aggressive e invise alla maggioranza della popolazione.
L’altra opposizione, quella non di sinistra, non commette gli stessi errori di merito, ma risulta poco credibile per l’incapacità di compattarsi e di esistere. E in più, cercando il confronto sui problemi con il governo (un estremo esercizio di ottimismo della volontà), gli attribuisce una credibilità che di suo non avrebbe.
Così l’obiettivo dei Fratelli d’Italia (e relative parentele), occupare in toto il potere e restarci a lungo, diventa ogni giorno più verosimile.
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