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Riapre ad Alessandria il Museo Enrichetta Ottolenghi Sacerdoti

Era stato chiuso con le leggi razziali


di Alberto Ballerino

 

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Riapre un museo di storia patria, dal Risorgimento alla Grande Guerra, che venne chiuso dal regime fascista per motivi razziali, in quanto realizzato dalla crocerossina ebrea Enrichetta Ottolenghi Sacerdote. Dopo quasi un secolo, infatti, viene riproposto al pubblico con un percorso museale che include anche gli affascinanti dipinti del marchese Trotti Bentivoglio, realizzati nel periodo della Belle Époque. L’esposizione è inoltre arricchita da opere contemporanee dell’artista Francesco Arecco che si pongono in dialogo con quelle delle due storiche collezioni. L’appuntamento è per sabato 8 novembre, alle ore 16, a Palazzo Cuttica di Cassine nella sede della Società di storia, arte e archeologia per le province di Alessandria e Asti in via Gagliaudo 2.[1]

Il Museo Ottolenghi costituisce un esempio davvero significativo del grado di integrazione nella società e nella classe dirigente locale raggiunto dalle comunità ebraiche nella provincia di Alessandria alla vigilia delle leggi razziali del 1938, in seguito alle quali vennero messe brutalmente al bando dalla vita sociale nazionale. Questa collezione fu pensata per rappresentare attraverso cimeli, opere d’arte e documenti il percorso della storia italiana dal Risorgimento agli anni Trenta, tenendo però l’attenzione incentrata sul territorio.

La sua realizzazione si deve a Enrichetta Ottolenghi Sacerdote, soprannominata ‘madre dei combattenti’ per l’opera di assistenza e di crocerossina svolta durante la Prima guerra mondiale. Nata a Casale, con il matrimonio si era trasferita ad Acqui Terme per poi trascorrere ad Alessandria i suoi ultimi anni. Dopo la morte, nel 1936, il marito Davide Ottolenghi offrì al Municipio la collezione. Il Comune accettò la donazione e, conformemente al desiderio espresso dal donatore, l’affidò alla sezione locale della Regia Deputazione Subalpina di Storia Patria.


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Si tratta della Società di Storia Arte e Archeologia, che prese tale denominazione nel 1935 nell’ambito della riforma degli enti culturali voluta dal Ministro dell’Educazione Popolare Cesare Maria De Vecchi. Avrebbe ripreso il suo nome originale con il ritorno della democrazia, che avrebbe dovuto assicurarne visite gratuite alla cittadinanza nella sua sede, all’epoca a Palazzo Trotti Bentivoglio (distrutto poi da un bombardamento nel 1944).

Almeno un membro delle famiglie ebraiche Ottolenghi, Sacerdote e Vitale avrebbe dovuto fare parte della Commissione di Vigilanza del Museo, incarnazione del patriottismo alessandrino. Sul portale del Palazzo Trotti Bentivoglio si sarebbe dovuto collocare un’insegna recante la denominazione ‘Museo Enrichetta Ottolenghi Sacerdote’. Non solo, Davide Ottolenghi offrì anche un titolo di rendita del 5 per cento del valore di 100 mila lire, quale capitale di una Fondazione Enrichetta e Davide Ottolenghi, avente la finalità di favorire gli studi storici sul Monferrato e sull’Alessandrino.

L’amministrazione della Fondazione fu affidata, per volontà del benefattore, alla Società di storia, arte e archeologia. Il reddito annuo avrebbe dovuto essere diviso in due parti uguali, l’una destinata a premiare gli autori di lavori storici sulla provincia pubblicati dalla Società, l’altra a far compiere un viaggio di carattere culturale ai migliori sette allievi maschi di ognuno degli istituti medi alessandrini: Liceo classico, Istituto tecnico superiore, Ginnasio, Istituto magistrale superiore, Istituto tecnico inferiore, Istituto magistrale superiore e Scuola di Avviamento.

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I premi agli studi storici sarebbero stati assegnati da una commissione formata dai membri del direttorio della Società di storia, arte e archeologia. La composizione della collezione è estremamente eterogenea e ci racconta molti aspetti della storia locale. Particolarmente significativi sono i riferimenti a Giuseppe Saracco, lo statista risorgimentale di Bistagno che, ormai anziano, fu scelto come presidente del consiglio subito dopo l’assassinio di re Umberto I. Oltre a un grande busto su un bellissimo piedistallo, c’è anche un bozzetto in terracotta fatto dal celebre scultore Giulio Monteverde prima di realizzare la grande statua di Acqui Terme dedicata al leader liberale. La presenza di Saracco nella collezione si spiega anche con il suo legame con la comunità ebraica della città termale.

A lui si deve la riqualificazione dello spazio urbano in cui si trovava il vecchio ghetto in cui venne anche costruita la nuova sinagoga (oggi non più esistente). Tra i tanti pezzi museali relativi alla prima guerra mondiale, spiccano i lavori artigianali realizzati dai prigionieri austriaci nella Cittadella. La grande fortezza alessandrina fu infatti inizialmente scelta come unico luogo in Italia in cui portarli, solo in un secondo tempo per tale destinazione vennero individuate anche altre città. Impressiona l’uniforme lacerata di un ufficiale della prima guerra mondiale colpito a morte, che oggi ci fa riflettere sull’orrore di tutti i conflitti armati.


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Il museo rappresenta l’intera società locale, compresi coloro che si opposero all’intervento nella Grande guerra con una bandiera tricolore dei ‘giovani pacifisti alessandrini’. Presentato con grande risalto alla sua inaugurazione, il Museo venne silenziosamente chiuso con le leggi razziali. La sua storia dimostra il trauma che dovette rappresentare la repressione antisemita voluta dal Regime per le comunità ebraiche e per la società italiana in cui si erano integrate. La stessa Enrichetta Ottolenghi Sacerdote aveva aderito al fascismo. Per tanti altri come lei, fu una pugnalata alle spalle: vennero espulse dalla vita civile migliaia di persone che non avevano altra colpa se non quella di appartenere a un’inesistente razza nemica, bollata come tale da chi sarebbe diventato pochi anni dopo, per il vassallaggio di Mussolini, il vero nemico degli italiani: il nazismo.


Note

[1] Alle 18, la performance Inner Velvet nell’Auditorium del Conservatorio Vivaldi, posto in un’altra parte dell’edificio, chiuderà il vernissage con un progetto di installazione di Francesco Arecco che avrà l'accompagnamento degli allievi del Conservatorio e di tutti i musicisti alessandrini invitati a comporre un’orchestra con le custodie dei loro strumenti, deposte sul palco.  La realizzazione sarà visibile sul canale You Tube dell’artista.

L’iniziativa è organizzata dalla Società di Storia Arte e Archeologia per le province di Alessandria e Asti e dal Conservatorio Antonio Vivaldi con il sostegno dell’Associazione Culturale APS Amici ed ex Allievi del Liceo Scientifico Galileo Galilei e dell’Associazione I più fragili tra i più deboli, con il patrocinio della Città di Alessandria e con la sponsorizzazione di ‘Castello di Tassarolo – Vini Biodinamici’.  

 

 

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