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Regionali Piemonte. Alla ricerca del tempo sprecato: una chance per Gianna Pentenero

Aggiornamento: 20 mar

di Beppe Borgogno


E’ indispensabile una premessa: considero Gianna Pentenero una persona di  qualità ed esperienza, che ha fatto bene, con competenza e con passione, tutto quello di cui si è occupata in tanti anni di impegno politico e amministrativo. La premessa è necessaria, perché proprio Gianna Pentenero sembra essere (ma stiamo assistendo a talmente tanti cambi di indicazione per le candidature regionali, repentini quanto deludenti, per cui non si sa mai…) il punto di arrivo di una storia, quella recente del centrosinistra piemontese (nella sua forma stretta quanto in quella allargata) che rasente molto da vicino il fallimento. In barba, è doveroso ricordarlo dal momento che non c'è politico che non lo voglia ricordare, ad una legge elettorale che per competere rende indispensabili le coalizioni, alla necessità di unirsi per condurre battaglie più efficaci sui grandi temi che riguardano la vita dei cittadini (primo tra tutti lo stato del sistema sanitario, in particolare dei piemontesi), e persino al sano bisogno di non umiliare ancora di più la democrazia, che vive anche di competizione e di confronto. Dinanzi a tutto ciò il centrosinistra piemontese si è frantumato.

C’è chi ha già dichiarato che darà il proprio sostegno all’avversario: nel giro delle "veroniche" politiche, una parte di Azione, pare, confluirà in una lista a sostegno di Cirio, come anche qualcuno, o tutti, i Moderati, tuttora in maggioranza con il centrosinistra a Torino. Straordinaria metamorfosi dell'opportunismo sotto rete, per usare una metafora calcistica. C’è chi, il Movimento 5stelle, dichiara urbi et orbi che correrà da solo, con l’intenzione di consolidare il proprio radicamento territoriale: curioso escamotage per permettere all’avversario di vincere e continuare a governare senza nemmeno dover fare una grande fatica. E c’è infine il Partito Democratico, che evidentemente continua a considerare la propria unità interna, meglio se senza dibattito e confronto autentico, il bene supremo: rinunciando però a chiedersi se e quanto essa, da sola, sia utile al di fuori del recinto dello stesso Pd e delle ambizioni strettamente personali dei suoi gruppi dirigenti. E’ davvero difficile, a questo punto, immaginare che l’impegno, la dedizione e le qualità - in ordine crescente, sia chiaro - di Gianna Pentenero bastino a invertire la tendenza. E che bastino per dare ad una ipotetica coalizione almeno alcune qualità indispensabili: coraggio, rispetto reciproco, insieme con quei tratti di generosità e di desiderio autentico indispensabili per aprirsi e superare  il confine dell’autoreferenzialità.  

Circa un anno fa, migliaia di cittadini, decine di associazioni, sindacati, e l’area politica che avrebbe potuto dare vita alla coalizione di centrosinistra, furono protagonisti di una grande manifestazione, a Torino, per la difesa della sanità pubblica. Era un mondo, spesso diviso, disperso ed isolato, che si ritrovava attorno ad un tema straordinariamente concreto: denunciare una sanità in profonda crisi, spesso non in grado di garantire il diritto alla cura e alla salute, in particolare alle fasce di popolazioni più fragili ed anziane. Un mondo che chiedeva alla politica di radicalizzare il contrasto a quella grave insufficienza del governo regionale diventata emergenza, e costruire qualcosa di diverso. In molti pensarono, e dissero, che l’avvio di una grande vertenza sulla sanità piemontese sarebbe potuto essere il lievito per costruire l’alternativa ad presidente-sfinge della caratura di Alberto Cirio e ai suoi annunci: innanzitutto, a quelli attorno al tema della salute, che vedevano e vedono peggiorare tutti gli indici relativi alle prestazioni, ma anche sul lavoro e lo sviluppo, visti i tanti punti di crisi così lontani dalle favole di chi è in carica, a cominciare dal progressivo distacco del gruppo automobilistico Stellantis da Torino, ribadito in forma edulcorata dal suo Ceo Tavares, attraverso una serie di richieste a piè di lista.[1]

Ma le cose sono andate in un altro modo. Verso quel mondo, protagonista di quella manifestazione, grande anche nei numeri, c’è stata, a conti fatti, ben poca apertura: di vertenze se ne sono viste poche, per non parlare addirittura della timidezza nel rispondere a Cirio quando, qualche mese fa, ha esibito la sua migliore interpretazione attoriale proponendo addirittura di togliere la salute dalla contesa elettorale “perché è un bene comune, e se ci sono responsabilità sono di tutti”. Come se la Regione avesse così tante altre competenze - l'80 per cento del bilancio investe la sanità - e se i risultati della sua gestione non fossero così deludenti e almeno da contestare. Ma soprattutto, complice la contemporaneità del voto regionale con la scadenza europea e il voto proporzionale che la contraddistingue, ognuno si è praticamente blindato per guardare agli equilibri e alle ambizioni in casa propria.

Così, tra le ambiguità, la debolezza e gli imbarazzi dei gruppi dirigenti nazionali come di quelli locali, attraverso un tempo scandito dalle dichiarazioni dell’autorevole di turno, persino la vittoria in Sardegna, dopo l'iniziale giubilo, è apparsa un imbarazzante contrattempo più che uno stimolo e un’opportunità. Un'affermazione, non c’è dubbio, resa possibile dagli errori della destra, ma anche da una candidatura autorevole e da un progetto comprensibile e vicino ai cittadini, cioè dalle due cose di cui sarebbe stato utile discutere - con il massimo del tempo a disposizione - anche in Piemonte senza pregiudizi. Niente da fare. Intanto, dall’altra parte, la destra locale si sbizzarriva in preoccupanti prove muscolari al proprio interno, lasciando immaginare quanto sia precaria la presunta moderazione di Cirio, nonostante la sua (ad oggi) quasi granitica certezza di successo. Non so se ci sarà, nelle prossime settimane, la possibilità di rimediare, almeno in parte. Spero almeno che la generosa disponibilità di Gianna Pentenero non diventi l’alibi per perfetto per tutti quelli che, “siccome tanto si perde”, a parole si sono schierati tra coloro che formalmente volevano costruire qualcosa di unitario, ma intanto si impegnavano solo per far prevalere una componente sull’altra o si limitavano a farsi guidare dai vecchi rancori, distinguendosi poi nel delegittimarsi a vicenda.

E spero anche che qualcuno, soprattutto tra quelli che per unire  il centrosinistra hanno fatto di meno, non si metta a rimproverare Pentenero di essere poco capace di “federare” come se fosse una ricamatrice (ruolo che non so davvero quanto le sia congeniale, soprattutto in una situazione così compromessa). Come mi è già capitato di dire, si può anche perdere, ma bisogna poi voler ripartire ed avere qualche punto forte da cui farlo. In certi casi, come questo, può essere utile almeno un po’ di disponibilità, sconosciuta purtroppo ormai da tempo, a riconoscere gli errori, e a correggerli per il futuro. Dato che le elezioni vanno, ma i problemi restano, ai piemontesi che avrebbero voluto, e che ancora vorrebbero concorrere alla ripresa, almeno questo è dovuto.


Note


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