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Recovery Fund in salsa franco-tedesca: vera solidarietà o solo misera concessione?

Aggiornamento: 21 apr 2023

di Daniele Viotti

Come quasi sempre accade sulle proposte che arrivano dall’Europa (le sue istituzioni o i suoi Stati Membri) si scorgono luci e ombre e spesso, soprattutto per noi europeisti convinti, sono spesso più le ombre che le luci. Lo stesso vale, non poteva essere diversamente, sulla proposta arrivata ieri sera dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel e dal Presidente Emmanuel Macron sulla loro proposta di “Recovery fund”. Proprio perché luci e ombre sono sempre presenti vale la pena di non iscriversi neanche questa volta al partito degli entusiasti, ma neanche a quello dei delusi. Proviamo invece ad analizzare i primi contenuti che si conoscono e a farne una valutazione politica generale. Cahiers de doléances

I contenuti, ormai noti perché riportati dai maggiori quotidiani e mezzi di informazione, offrono a mio avviso una notizia buona e tre notizie meno buone. Comincio dalle ultime. Anzitutto ci risiamo: a dettare l’agenda politica e a formulare proposte non sono la Commissione Europea, né il Consiglio, figuriamoci il Parlamento. Sono Francia e Germania, come sempre. Va bene ricordare, come ha fatto in queste ore un attento osservatore come Marco Zatterin, vicedirettore de La Stampa, che nel bene e nel male sono 65 anni che la testa dell’Europa sta in quel confine martoriato da centinaia di anni di guerre, ma forse è arrivato il momento di allargare quel consesso informale. In secondo luogo, e qui passiamo ai contenuti, siamo ancora alla fase 1, per usare una espressione che ci è divenuta famigliare: quella di ieri è una proposta, non una decisione. È la proposta che Francia e Germania hanno consegnato alla Commissione Europea che ora dovrà scrivere il compito e soprattutto dovrà essere discusso dagli altri venticinque governi. E sappiamo bene che alcuni Paesi avevano già il loro “no” pronto da consegnare alle agenzie di stampa. Il che ci porta dritti dritti a una soluzuione che non ci piacerà. Nel peggiore dei casi a un affossamento della proposta, nel migliore a una riduzione ulteriore di quella cifra proposta che è già, in ogni caso, insufficiente. E qui siamo alla terza nota dolente. Quei cinquecento miliardi sono insufficienti alla incredibile sfida di fronte a cui si trova il nostro continente. Credo che tutti abbiano notato come in queste settimane, in questi mesi, si siano sprecate espressioni – giustamente – iperboliche per descrivere il dramma sanitario, umano, sociale ed economico di fronte a cui ci siamo trovati. Quelle espressioni apocalittiche hanno poi visto, fino ad ora, risposte affrettate, parziali e francamente insufficienti. Italia, Spagna, Portogallo, ma anche la Francia chiedevano un impegno di almeno 1000 miliardi euro, in parte a fondo perduto e in parte in prestiti, per risanare e rilanciare tutti i settori produttivi europei a partire da quelli che sempre più si sono dimostrati strategici in questo periodo: la ricerca, l’innovazione e il digitale. Finanziamenti per chi ha più bisogno

Ed ora la notizia buona, una sola, ma molto buona. In quella proposta i 500 miliardi sono grants e non loans, per usare termini che (forse) abbiamo imparato ad usare nelle scorse settimane. Cioè sono euro a fondo perduto (cioè non prevedono la restituzione da chi ne usufruisce) destinati agli Stati più colpiti dal Covid. Ed è una buona notizia non solo perché l’Italia sarà, purtroppo dobbiamo dire, il maggior beneficiario ma perché si intravede una piccola luce di solidarietà: i soldi non andranno a chi ha di meno, ma a chi ne ha più bisogno. Una sorta di fondo di solidarietà. Per essere chiari: l’Unione Europea è gia dotata di fondi speciali di solidarietà, tra tutti il Fondo contro le calamità naturali e il Fondo contro le conseguenze della globalizzazione. Ma questo è un Fondo solidale che interviene proprio per aiutare i paesi più colpiti nei suoi settori economici. Ed è la prima volta che se ne fa almeno cenno. Certo resterà da vedere come sarà realmente finanziato. Fin qui si parla di bond europei garantiti dal Bilancio Pluriennale Europeo. Si è fatto cenno a nuove forme di tassazione europea (le tanto agognate da chi scrive “risorse proprie”), ma questi che appaiono dettagli possono essere gli elementi che faranno fare il vero salto di qualità alla proposta. Italia e Spagna si sono affrettate a commentare positivamente la proposta definendola come una base di discussione per fare una proposta ancora più avanzata. Come sempre occorrerà attendere, vedere quel che si otterrà al termine delle necessariamente lunghe trattative. Ancora una volta l’Europa cammina su un crinale. Se avrà il coraggio di buttarsi da un lato avremo finalmente quella che potremmo definire vera solidarietà. Se invece cadrà dall’altra parte si tornerà all’Europa delle concessioni, delle elargizioni a voler essere buoni. O della carità a voler essere severi.

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