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Punture di spillo. Attenti al governo delle esternazioni!

a cura di Pietro Terna


Heri dicebamus – mi sono montato la testa, con questo incipit – che leggendo[1] il Sole 24 Ore di 50 anni prima, quello del 24 luglio 1973, ci aveva colpito la massiccia adesione a una “politica sociale dei redditi nel quadro della programmazione economica”, come scelta centrale per risolvere i problemi allora aperti. Poi le “Punture di spillo” sono andate in vacanza e i problemi, non quelli di 50 anni fa, ma quelli di oggi, invece no.


Il monito di Luigi Einaudi

Un amico che legge gli spilli con lo spirito di un ragazzaccio di 93 anni, ha commentato quel mio pezzo rievocativo scrivendomi: “non so se la storia insegni o possa insegnare qualche cosa; mi hanno sempre detto che sì, l'ho sempre creduto, ma ora francamente non lo credo più; anzi ritengo che sia meglio dire: ho studiato il passato, ma quello che vi propongo è una cosa nuovissima”. Sono solo parzialmente d’accordo con lui: quando il passato è un esempio di metodo, si può riproporlo. Al metodo della programmazione è dedicato un intramontabile paragrafo[2] di Luigi Einaudi:


Fare un piano è condizione necessaria in tutti i rami di attività. Artigiani, venditori ambulanti, bottegai, commercianti piccoli e grossi, industriali, capi di imprese, agricoltori, banchieri fanno piani, compilano bilanci, inventari, tengono conto del mutevole succedersi delle entrate ed in relazione alle condizioni accertate correggono continuamente i piani preventivi. Tutti, salvo gli imprevidenti e gli innocenti, fanno piani.


Superbonus: Giorgetti, il nuovo malpancista

In questo inizio di settembre ai piani si sostituiscono invece gli annunci e le smentite, ma solo se clamorosi. Se chi se ne serve non se ne vergogna, funzionano benissimo. Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti dice che il super bonus gli fa venire il mal di pancia, espressione raffinatissima, e così sorvola sul fatto che faceva parte del governo che l’ha deciso (decreto legge 34/2020). Ora si studia come proseguire, solo per i meno abbienti e solo al 90% oppure al 70%, oppure anche meno… con o senza cessione del credito. Senza cessione del credito, chi ha un reddito modesto e tutto il patrimonio investito nella casa, spesso ereditata, come può sostenere una spesa di ristrutturazione che rappresenta una quota rilevante del valore del suo immobile? E se ha un reddito limitato, quale mai potrà essere la deduzione dalle imposte? Come dire: fermare tutto senza che si veda troppo.

Quali sono i dati? Secondo quanto indicato dall'Enea[3] – che ha un ruolo diretto di controllo degli effetti delle ristrutturazioni sul risparmio energetico, che è lo scopo dell’intervento pubblico – nel suo Rapporto sul superbonus 110%, al 30 giugno 2023 erano in corso 417.187 interventi edilizi incentivati, per circa 79,9 miliardi di investimenti ammessi a detrazione. Detrazione suddivisa per il numero di anni indicati, inizialmente 4 o 5, poi 10, quindi con rientro a lungo termine. Se gli anni fossero 5 per tutti, il peso sul bilancio pubblico sarebbe di 16 miliardi all’anno; si può arrotondare a 20, perché dopo quei dati ci sono altri mesi di lavoro prima della fatidica data di fine 2023, quanto il vecchio regime si ferma. È un dato da confrontare con le entrate pubbliche generate da tutti i lavori messi in moto, non dimentichiamolo. Il Censis, nell’analisi[4] “Ecobonus e Superbonus per la transizione energetica del Paese”, e il Consiglio nazionale dei commercialisti,[5] ridimensionano fortemente l’onere complessivo del bonus 110% sui conti pubblici.


Signora Meloni, non è una truffa allo Stato

In sintesi: quasi metà dell’onere pubblico rientra subito, non spalmata nel tempo. Quindi all’inizio entrano quasi di 50 miliardi, che lo Stato ripaga con 5 anni di detrazioni da 20 miliardi. Intanto abbiamo rimesso in moto l’economia, con almeno 900mila occupati, e migliorato una parte significativa del patrimonio edilizio. I miliardi indicati possono ancora un po’ aumentare, certo, ma anche le entrate. C’è proprio da avere il mal di pancia? Ci sono state anche delle truffe, ma è un’altra questione: siano sanzionate con la massima severità, ma la presidente Meloni non dichiari più che si è trattato di una grande truffa allo Stato. È un segnale di sfiducia incondizionata verso tutto e tutti.

Sede Eurostat

Certo tutto si complica se l’intero onere per lo Stato deve interamente gravare sul prossimo bilancio, come pretenderebbe l’Eurostat che, dalla sua sede di Kirchberg in Lussemburgo, collocata fuori del tempo e dello spazio, dovrebbe occuparsi di statistiche e invece è diventato una specie di revisore delle contabilità pubbliche. Ora i suoi funzionari chiedono che si metta a bilancio, con effetto immediato sui conti, anche il futuro onere per lo Stato. Se si hanno buoni rapporti con le autorità di Bruxelles sono problemi che si superano, ad esempio stabilendo che non se ne tiene conto per i calcoli del patto di stabilità. Se si litiga invece un giorno sì e l’altro anche, tutto diventa più difficile.


Un altro esempio di mancanza di programmazione e di improvvisazione nell’azione di Governo si è verificato nei confronti del PNRR, il piano per l’utilizzazione dei fondi europei post pandemia. Il primo atto del Governo Meloni nella materia è stato quello di centralizzare presso la Presidenza del consiglio tutta l’attività, sottraendola ai ministeri e nominando persone nuove a dirigere quegli uffici. Risultato: si è ricominciato tutto, o quasi tutto, da capo, rescindendo i legami di collaborazione e fiducia che si erano stabiliti nell’interlocuzione tra le realtà territoriali e i ministeri.

L'improvvida iniziativa di Fitto

Tra fine luglio e inizio agosto, con una danza di dichiarazioni e smentite che ha visto protagonista il ministro per gli affari europei Raffaele Fitto, è stato deciso il definanziamento (improvvida parola che suona anche male) di ben nove misure del PNRR, con varie motivazioni, ma per lo più denunciando possibili ritardi. Così sono stati colpiti i Comuni maggiori e le città metropolitane che si erano presentati con le carte in regola alle scadenze previste, puntando in particolare su iniziative di rigenerazione urbana,[6] sappiamo quanto necessarie. La scelta - da parte di uno che è stato presidente di regione e ministro per gli affari regionali - ha provocato la rivolta dei sindaci, di tutti i colori politici, e il governo è corso ai ripari assicurando che tutti i progetti rientranti nelle misure definanziate saranno recuperati attraverso l’impiego di altre risorse. Speriamo che la mossa funzioni, ma è programmazione o confusione?


Serve un po’ di buona musica per tirare il fiato. Il nostro Maestro, segretissimo consulente degli spilli, ha l'impressione che in azione ci siano dei principianti e così propone di ascoltare David Bowie che nel 1986 scrisse Absolute beginners[7] per il film omonimo di Julian Temple. L'incipit:[8]

I’ve nothing much to offer

There’s nothing much to take I’m an absolute beginner


sembra quasi un abito su misura. A consolarci c'è un bell'assolo di sax nel finale, molto “anni '80”.


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