Poveri americani, pagheranno i dazi di Trump e non lo sanno
- Rocco Artifoni
- 6 giorni fa
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di Rocco Artifoni

Era il 2 aprile 2025 quando nel giardino delle rose della Casa Bianca il presidente degli USA ha esordito dicendo: «Questo è uno dei più importanti giorni nella storia d’America. È la nostra dichiarazione di indipendenza economica». Durante quel discorso Trump ha mostrato ad un pubblico di fedelissimi una tabella con le proposte di tariffe doganali reciproche tra gli USA e il resto del mondo.
Se fosse stato il 1° aprile, in Italia avremmo pensato ad uno scherzo, anche perché l’esposizione della tabella trumpiana ricordava quelle che la fantomatica “Camila” fornisce a Zaia/Crozza. È il caso di segnalare che la formula utilizzata per stabilire i dazi in realtà calcolava la percentuale del rapporto tra disavanzo commerciale USA e valore delle importazioni dall’estero. Pertanto il Presidente degli USA ha palesemente scambiato lucciole per lanterne.
In questo modo Trump ha attribuito numeri falsi ai dazi degli altri Paesi, per poter dire che, con magnanimità, gli USA stabilivano dazi reciproci soltanto del 50% di quelli applicati dagli altri. Non solo: Trump ha mostrato solamente una tabella relativa alle merci, per le quali gli USA risultano in deficit commerciale con quasi tutti i Paesi. Ha volutamente tralasciato di considerare lo scambio dei servizi, per i quali la situazione è rovesciata, poiché sono gli altri Paesi in disavanzo commerciale nei confronti degli USA.
Insomma, l’impostazione del problema dei dazi da parte di Trump è illogica nel metodo e viziata nei contenuti. Non è un caso che subito dopo la presentazione della proposta trumpiana tutte le borse mondiali sono crollate, compresa quella degli USA. Persino la logica del mercato non può approvare le scelte irragionevoli degli apprendisti stregoni.
Infatti a pagare il prezzo dell’imposizione dei dazi trumpiani saranno anzitutto i cittadini americani, che compreranno i prodotti stranieri ad un prezzo maggiorato. Inoltre, l’aumento dei prezzi dei prodotti negli USA farà salire l’inflazione, riducendo il poter d’acquisto dei cittadini americani, in particolare di quelli a basso reddito.
La recente riforma fiscale dell’amministrazione Trump, il cosiddetto “Big Beautiful Bill”, ha fortemente ridotto le tasse sui redditi più alti e sulle imprese. Di conseguenza i dazi servono a Trump per compensare la riduzione del gettito delle imposte dirette sui contribuenti più ricchi.
Ovviamente l’aumento dei prezzi sui beni materiali negli USA porterà a minori acquisti di merci importate, con conseguenze negative anche per le economie dei Paesi esportatori verso gli USA. Questi ultimi dovranno cercare di trovare mercati alternativi con minori barriere doganali. L’impatto negativo dei dazi USA ci sarà sicuramente in tutti i Paesi che esportano verso gli USA, ma con molta probabilità sarà inferiore al danno causato all’economia e ai consumatori in USA.
Recentemente Tommaso Monacelli su sito lavoce.info ha scritto: «L’aumento dei dazi Usa sull’Ue non è una strategia “patriottica” che colpisce gli stranieri. È una tassa mascherata imposta a imprese e cittadini americani che, spesso inconsapevolmente, ne subiscono gli effetti diretti e indiretti, in termini di minore possibilità di scelta. Difficile sbandierare tutto ciò come una “vittoria di Trump”».
Parafrasando Democrito si potrebbe dire che “il peggior governo è quello non dove vi sono le peggiori leggi, ma dove i peggiori governano”.
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