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Papa Leone: "o la pace o la fine: guerra, voragine irreparabile"

Aggiornamento: 23 giu

di Luca Rolandi



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Papa Prevost nell’Angelus il giorno della festa del Corpus Domini affonda il suo grido dolore e indica nella scelta della pace, in un tempo di guerra, l’unica strada possibile per invertire la rotta. Le parole di Leone XIV sono molto chiare, preoccupate e sofferenti, come le tante vittime di questa escalation di fronti in Medio Oriente, ultimo l’Iran. “In questo scenario drammatico, che include Israele e Palestina, rischia di cadere in oblio la sofferenza quotidiana della popolazione, specialmente a Gaza e negli altri territori, dove l'urgenza di un adeguato sostegno umanitario si fa sempre più pressante”, ha affermato il Papa. Un giudizio senza condizioni: quando l’uomo distrugge un altro uomo, e diventa eserciti che si contrappongono, vittime innocenti, ferocia e considerazione agghiacciante nel considerare "inevitabili" danni collaterali il lancio di missili non solo su obiettivi militari ma anche su civili inermi.

“Oggi più che mai, l’umanità grida e invoca la pace". È un grido che chiede responsabilità e ragione, e non dev’essere soffocato dal fragore delle armi e da parole retoriche che incitano al conflitto. Ogni membro della comunità internazionale ha una responsabilità morale: fermare la tragedia della guerra, prima che essa diventi una voragine irreparabile. Non esistono conflitti “lontani” quando la dignità umana è in gioco”, ancora il Papa.  E Prevost insiste nel considerare come la “guerra non risolve i problemi, anzi li amplifica e produce ferite profonde nella storia dei popoli, che impiegano generazioni per rimarginarsi. Nessuna vittoria armata potrà compensare il dolore delle madri, la paura dei bambini, il futuro rubato”.

Parole chiare, forti e inequivocabili che richiamano ad un contesto di civiltà nel quale la diplomazia deve fare tacere le armi!” con un ultimo e fondamentali impegno  “le Nazioni traccino il loro futuro con opere di pace, non con la violenza e conflitti sanguinosi!”. "Davanti alla miseria di molti, l'accumulo di pochi è segno di una superbia indifferente, che produce dolore e ingiustizia – aveva detto ancora  il Santo Padre nella Basilica di San Giovanni in Laterano - anziché condividere, l'opulenza spreca i frutti della terra e del lavoro dell'uomo. Specialmente in questo anno giubilare, l'esempio del Signore resta per noi urgente criterio di azione e di servizio: condividere il pane, per moltiplicare la speranza, proclama l'avvento del Regno di Dio".

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