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"Ogni amore è oblativo, altrimenti è solo possesso"

Aggiornamento: 27 ott 2023

di Piera Egidi Bouchard

“E le donne non contano nella famiglia./ Voglio dire, le donne da noi stanno in /casa/ e ci mettono al mondo e non dicono/nulla / e non contano nulla e non le ricordiamo. / Ogni donna c’infonde nel sangue/qualcosa di nuovo,/ ma s’annullano tutte nell’opera e noi,/rinnovati così, siamo i soli a durare./ Siamo pieni di vizi, di ticchi e di orrori/ -noi, gli uomini, i padri – qualcuno si è / ucciso,/ ma una sola vergogna non ci ha mai/ toccato,/ non saremo mai donne ,mai schiavi a /nessuno”.

In questi crudeli, feroci versi di “Antenati”, Cesare Pavese ci dà una veritiera fotografia della famiglia contadina in un millenario patriarcato: il silenzio oblativo delle donne, che danno la vita, misconosciute e disprezzate, senza identità, senza storia, e la personalità degli uomini, che si concedono “vizi, ticchi e orrori” (botte, ubriachezza, stupro matrimoniale e oltre, le donne montate come le bestie delle loro stalle, ingravidate a ripetizione, umiliate ma indispensabili per il sesso e per la cura di casa, mariti e figli), certi della loro superiorità di padroni.


La lotta delle donne

E’ cambiato qualcosa nei secoli? Nella divisione dei ruoli della famiglia proletaria - e non solo - al maschio competeva il lavoro e il mantenimento, alla donna l‘accudimento. Certamente c’è una oblatività anche nel lavorare fino a sfiancarsi per sfamare moglie e figli (pensiamo non soltanto al lavoro della terra, ma anche nelle miniere, nelle fabbriche, nell’emigrazione). I padri mandavano - e mandano, oggi, migranti da ogni parte del mondo - i soldi a casa togliendosi il pane di bocca, ma, mi sono sempre chiesta, che ne era dei sentimenti, gli affetti, la condivisione, la sessualità? C’è amore in rapporti così impari? O è solo un faticoso dovere da ambo le parti? E certamente bisogna notare che ogni amore per essere tale è oblativo.[1] Se no è possesso, controllo, dominio. E vediamo come rapporti malintesi anche oggi nello spezzarsi rivelano con la violenza e i femminicidi il volto feroce del patriarcato.

Nel corso dei secoli, con l’avvento della borghesia le donne hanno progressivamente, con dure lotte sociali, potuto studiare e poi anche lavorare, e poi anche votare, e poi accedere alle libere professioni. Stiamo parlando dell’Occidente, in altre parti del mondo non è così anche oggi. La lotta di una donna per liberarsi dal condizionamento della “cura“ a cui è stata educata per secoli, nell’oblatività dell’umiliazione di sé, delle sue capacità e delle sue potenzialità - in definitiva la negazione di sé come soggetto - è straordinariamente espressa in quella famosa pagina sull'Angelo del focolare di Virginia Woolf su cui meditammo a lungo noi femministe degli anni ‘70, tanto da riconoscerci nel lavoro esecutivo di “angeli del ciclostile” a cui subito ci avevano relegate i nostri coetanei maschi dei collettivi studenteschi - spesso più asini di noi agli esami -, mentre loro pensavano, discutevano, ”facevano politica”... E a questo ci ribellammo, coi primi gruppi di autocoscienza e di analisi della società e della nostra condizione. Era nato il femminismo, anzi, era riemerso, dalle precedenti ondate dalle metà dell’ Ottocento e poi del Novecento.


La penna graffiante di Virginia Woolf

Ma vediamo cosa scrive Virginia Woolf dell’Angelo del focolare: “Era infinitamente comprensiva. Era estremamente accattivante. Era assolutamente altruista. Eccedeva nelle difficili arti del vivere familiare. Si sacrificava quotidianamente. Se c’era un pollo, lei prendeva l’ala; se c’era uno spiffero, ci si sedeva davanti lei; insomma era fatta in modo da non avere mai un desiderio per sé, ma preferiva sempre capire e compatire i pensieri e i desideri degli altri. E soprattutto, non occorre dirlo, era pudica. Il pudore era ritenuto la sua bellezza più grande, i suoi rossori il suo più bell’ornamento”.

Così si apre la dura lotta della scrittrice appena tenta di prendere la penna in mano per fare una recensione: ”Mia cara - le suggerisce quel fantasma - sei una ragazza giovane. Stai scrivendo di un libro che è stato scritto da un uomo. Sii comprensiva; sii tenera, lusinga, inganna, usa tutte le arti e le astuzie del nostro sesso. Non far mai capire che sai pensare con la tua testa. E soprattutto, sii pudica. ”Perciò, - scrive con la sua sincerità graffiante Virginia Woolf - Feci del mio meglio per ucciderla. Non l’avessi uccisa, lei avrebbe ucciso me. Perché non si può recensire neppure un romanzo senza pensare con la propria testa, senza esprimere quella che secondo noi è la verità sui rapporti umani, sulla morale, sul sesso.”

E ripetutamente le scaglia contro il calamaio: “Ce ne volle per farla morire. E’ molto più difficile uccidere un fantasma che una realtà”, (da il saggio “ Professioni per le donne”). Queste le famose pagine della grande Virginia, che esprimono la fatica per diventare se stesse rispetto a quella millenaria educazione all’oblatività, al rinnegamento di sé, perché, come diceva con una sua folgorante massima un’altra grande scrittrice che è stata nostra guida, Simone De Beauvoir “donne non si nasce, si diventa...


Il disorientamento degli uomini

Le donne sono diventate indipendenti, anche se tuttora segnate da condizionamenti emotivi e affettivi di dipendenza dal partner: sarà l’antica condanna biblica”, i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te.”(Genesi 3,17)? Certo che di questa reciproca dipendenza in una coppia bisogna tener conto, quando si riflette sull’amore oggi. Perché le due diverse dinamiche psicologiche maschile/femminile danno origine a diverse aspettative. Le donne hanno fatto un lungo, difficile percorso: hanno scoperto di poter parlare, di potersi esprimere, di poter insegnare, di avere un corpo con le sue pulsioni, di essere soggetti desideranti, e non solo oggetti di desiderio.

Ma gli uomini non hanno fatto altrettanto, e oggi si trovano disorientati, ancora prigionieri delle loro arcaiche visioni, e non capiscono: di fronte ai problemi, alle incomprensioni, agli abbandoni, reagiscono con la loro primordiale aggressività fisica. Non che le donne siano meno aggressive, ma in modo diverso, spesso sottile, perfidamente psicologico. Il rapporto di coppia diventa una guerra. Bisogna interrogarsi, informarsi, e poi confrontarsi, parlarsi, reciprocamente... Anche gli uomini devono lavorare su se stessi - e lo possono fare solo loro, in prima persona - come si è detto anche nella serata del Sinodo valdese sulla violenza contro le donne. Devono lavorare sulle differenze, se vogliono diventare complementarietà. Quindi l’amore deve trasformarsi, deve diventare un punto d’incontro tra due differenti identità, che si liberano dai loro condizionamenti.

Due ottimi strumenti per capire le reciproche diversità sono tuttora i libri di Francesco Alberoni sulla sessualità e sull’amore. Perché, per esempio, per una donna oggi è insopportabile in un rapporto di coppia scoprire il partner che va a prostitute o che è a letto con un’altra? Un classico dei filmetti rosa: lui che emerge dalle lenzuola allarmato e dice:” Non è come credi, è solo sesso!”.


Interpretazione diversa del sesso

Ecco una diversità fondamentale: per il maschio la scissione tra affettività e sessualità. Le donne hanno scoperto il loro desiderare, e in genere l’affettività è strettamente legata alla sessualità. Il “cara, è solo sesso!” offende la donna, che si sentiva amata corpo e spirito. L’incontro sessuale per lei è qualcosa di profondo. Nella scelta reciproca dell’odierno “amore romantico”, la donna non è più l’animale da monta di millenni, fatta solo per figliare. La donna col suo corpo dona il suo cuore, ed esige la reciprocità e l’esclusività. Impensabile la moglie in cucina e il bordello per il piacere, o il “triangolo borghese” con l’uomo al centro, la moglie da una parte e l’amante dall’altra.

Magari nei secoli la moglie, sposata nei matrimoni combinati, senza amore, era pure contenta, tirava un respiro di sollievo di non averlo sempre addosso... Adesso non è più così. Le ragazze si sentono carine, si sentono libere, si sentono sexy, vogliono essere scelte e scegliere con totalità. Se no c’è il rifiuto, la rottura. Riprendono la loro strada. E per il maschio, che - comunque qualsiasi cosa faccia al di fuori del rapporto, perché “cara, ma è solo sesso!” - vive la partner come suo possesso e forse unica possibilità di cura e di affetto, questo è intollerabile. Due diverse opposte intollerabilità.

Vale allora l’opportunità per ambedue di riflettere su un raro contributo “al maschile” di uno studioso, Stefano Ceccone, che, nell’analisi dei cambiamenti sociali del nostro tempo, confrontandosi anche col pensiero femminista, rileva il “disagio maschile”, e partendo da un percorso su di sé - condotto anche col dialogo in gruppi di uomini “interessati a pensare sulla propria identità e sui modelli maschili” (è presidente dell’associazione e rete nazionale “Maschile plurale”) - ha scritto questo interessante e tuttora valido “Essere maschi – Tra potere e libertà” (Rosenberg & Sellier, Torino,2009).

L’autore rileva con crudezza quella che chiama “la miseria del maschile” , che nomina: ”non rassegnato alla sua ineluttabilità, ma perché credo che il nostro percorso rappresenti un’opportunità per superarla e liberare l’esperienza del maschile da ciò che la storia ha costruito (...) Assumere questa categoria di lettura del maschile non statica, non immutabile, attribuibile a una presunta natura, mi permette di collocare il mio percorso fuori da alcune derive che oggi rischiano di segnare gli atteggiamenti degli uomini di fronte ai mutamenti che investono le relazioni tra i sessi e le loro rappresentazioni sociali. (...) Possiamo aprire in tal modo uno spazio conflittuale e al tempo stesso di rispecchiamento tra la storia maschile e l’esperienza di ogni singolo uomo. La stessa sessualità maschile diviene così non un indice di una natura da disciplinare, quanto un territorio complesso per molti versi espropriato e sconosciuto da reiventare.” (pp.62-63,passim).

L’attuale protagonismo femminile può diventare dunque un’opportunità per gli uomini, affrontando temi come la violenza sessuale, il genere, la relazione con i figli, il lavoro di cura, la prostituzione, l’esperienza del corpo, e individuando così una domanda latente di libertà maschile dagli stereotipi che imprigionano la vita degli uomini, la loro sessualità, affettività ed esperienza di paternità. Una strada che vale la pena di percorrere, per soffrire di meno tutti quanti.


Note


[1] Sull'amore oblativo cfr. Stefano Capello, Educhiamo all'amore oblativo, risposta alla violenza di oggi in https://www.laportadivetro.com/post/educhiamo-all-amore-oblativo-risposta-alla-violenza-di-oggi




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