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- a cura del Baccelliere
- 1 giorno fa
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Aggiornamento: 19 ore fa
Dalle note dei Waterboys passa la vita sincopata di Dennis Hopper
a cura del Baccelliere

Gli ingredienti questa settimana sono una band scozzese in attività da più di quarant’anni e un attore e regista americano scomparso da quindici. Stiamo parlando dei Waterboys e del disco che hanno dedicato a Dennis Hopper, Life, death and Dennis Hopper, uscito il 4 aprile.
Un po’ di storia. Dennis Hopper è stato una personalità ricca di contraddizioni e anticonformista. Ha frequentato Hollywood per cinque decenni. L’ha rifiutata e ne è stato rifiutato salvo poi accettarla. Aveva cominciato a metà degli anni ‘50, insieme a James Dean in Gioventù bruciata e Il Gigante. A differenza di James Dean sopravvisse (capita). Ma la consacrazione fu soltanto rimandata (capita anche questo). Arrivò grazie a Easy rider, film del quale nel 1969 fu regista, e protagonista insieme a Peter Fonda. Easy rider rappresenta uno spaccato della cultura hippie e la potente metafora del suo fallimento. [1]
Negli anni ‘70 Hopper conobbe una specie di eclissi, anche se vale la pena ricordare la sua interpretazione in Apocaypse now di Francis Ford Coppola. Dagli anni ‘80 si ritagliò un ruolo quasi da caratterista [2], anche se mantenne un’identità artistica ben definita, evidente nei film di cui curò la regia come Colors e The hot spot. Morì nel 2010, poche settimane dopo aver ricevuto la stella con il suo nome sulla Hollywood Walk of Fame. Si sposò cinque volte. A dispetto dei sogni giovanili, politicamente si considerava un repubblicano. Cosa che non gli impedì di spendersi a favore di Barack Obama in occasione delle elezioni presidenziali del 2008.
I Waterboys sono una band nata nel 1983. Hanno vissuto alterne fortune. Scioltisi nel 1993, si sono riformati nel 2000. Estranei alla new wave imperante nei primi anni ‘80, fin dagli inizi si sono posizionati nello spartiacque che sta fra il rock e il folk. Dalle origini la band ruota intorno alla figura di Mike Scott, che, in particolare dalla reunion, ha accentuato il proprio ruolo di leader.
Life, death and Dennis Hopper, sedicesimo album della formazione, ripercorre l’esistenza del protagonista, dall’adolescenza in Kansas alla sua storia professionale e personale, fino alla morte. È un disco musicalmente disordinato. I brani sono 25. Country, rock psichedelico, blues, incursioni orchestrali e accenni di house music si susseguono quasi con volubilità. Vi partecipano artisti diversi come Bruce Springsteen, Steve Earle, Taylor Goldsmith, Kathy Valentine e Fiona Apple. Mike Scott ha voluto testimoniare un’affezione speciale per la vicenda di Hopper, nella quale si sono alternati successi e cadute, creatività e arroganza, sogni e bruschi risvegli. La vita di Dennis Hopper si trasforma in un affresco dell’America, fra pregi e difetti, tragedie e fortune.
Life, death and Dennis Hopper è un lavoro complesso, da ascoltare più volte, tutto insieme o canzone per canzone. Un album quasi teatrale, che racconta e al medesimo tempo accende l’immaginazione. Comincia con Kansas cantata da Steve Earle [3], il resto è da scoprire.
Note
[1] la colonna sonora del film, quasi un’antologia del rock di fine anni ‘60, ebbe grande successo. Ascoltiamo Born to be wild degli Steppenwolf https://youtu.be/egMWlD3fLJ8?si=2oVnsUKTog80zrQv .
[2] ne è testimonianza la candidatura all’Oscar nel 1987 come miglior attore non protagonista per Colpo vincente di David Anspaugh.
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