Normandia, 6 giugno 1944 L'assalto alla fortezza nazista
di Vice
"Alle 4 del mattino del 5 giugno il dado era irrevocabilmente tratto: l'invasione avrebbe avuto inizio il 6 giugno. [...] A mezzogiorno del 6 giugno inviati la Camera dei Comuni da apprendere formalmente la notizia della liberazione di Roma da parte degli eserciti alleato al comando del generale Alexander. [...] Prima di sera mi sentii di poter riferire a Stalin quanto segue: Tutto è cominciato bene. Le mine, le ostruzioni e le batterie costiere sono state in gran parte superate. Il lancio dei paracadutisti è stato effettuato con grande successo, su larga scala. Lo sbarco dei reparti di fanteria procede rapidamente, parecchi carri armati e cannoni semoventi sono già a terra. Le previsioni meteorologiche lascino ben sperare". La sua risposta fu pronta e recava un annuncio graditissimo della più alta importanza: Ho ricevuto il vostro messaggio circa il successo iniziale dell'operazione Overlord. L'offensiva estate delle forze sovietiche, predisposta in osservanza degli accordi di Teheran avrà inizio verso la metà di giugno, in uno dei più importanti settori del fronte. [...]
Il 10 giugno il generale Montgomery fece sapere di essere attestato sulle spiagge francesi in maniera abbastanza sicura per ricevere una visita".[1]
Così Winston Churchill nella sua monumentale La Seconda guerra mondiale, che gli valse il Nobel per la Letteratura, descrisse quei momenti del D.Day, lo sbarco in Normandia, di cui oggi si celebra l'anniversario dai suoi 80 anni. Al comando del generale Dwight D. Eisenhower, futuro 34º presidente degli Stati Uniti, le forze alleate sbarcarono sulle coste francesi, su cinque spiagge della Normandia denominate Utah, Omaha, Sword, Juno e Gold. Era una forza titanica: 5 mila navi, 13 mila aerei, 2 milioni di uomini.
Non c'è impresa militare meglio descritta e rappresentata per la mole di materiale cinematografico, iconografico, d'archivio, museale e cimiteriale, che qui rappresentiamo con alcune immagini.
Fin dallo sbarco, il governo americano volle un regista a filmare le fasi della battaglia, così come sarebbe accaduto in altre parti del mondo in cui erano impegnate le truppe americane. Le riprese del D-Day furono affidate a George Stevens (1904-1975), passato da pellicole romantiche interpretate dalle star dell'epoca Fred Astaire e Ginger Rogers, e da una delle coppie più celebrate di Hollywood, Katharine Hepburn e Spencer Tracy, alle crudeltà dei combattimenti.
Con la macchina da presa, George Stevens seguì le truppe fino al giorno della liberazione di Parigi e del Campo di concentramento di Dachau, le cui immagini furono utilizzate durante il processo ai criminali nazisti a Norimberga. Dopo lo sbarco, Stevens fu affiancato anche dal grande John Ford. Ma anche Hollywood ebbe i suoi eroi nello sbarco: in primis, gli americani Charles Durning, sulla spiaggia di Omaha nella prima ondata, uno dei pochi della sua unità a sopravvivere, premiato con tre Purple Heart e una Silver Star, oltre a essere insignito nel 2008 della Legione d'onore per i suoi meriti di combattente in Francia; Henry Fonda, Stella di bronzo, a bordo del cacciatorpediniere USS Satterlee, unità di supporto durante l'invasione; gli inglesi Alec Guinness, ufficiale sui mezzi da sbarco che trasportavano i soldati britannici sulle spiagge, e David Niven, responsabile di un'unità dietro le linee per informare sulle posizioni tedesche, il canadese James Doohan (Scotty in Star Trek), sbarcato a Juno Beach, ferito da colpi di mitragliatrice, dopo aver eliminato 2 cecchini.
Cinema e televisione [1] hanno poi perlustrato in più sfaccettature, in modo diretto o indiretto, il Giorno più lungo, dal titolo del kolossal diretto nel 1962 in contemporanea da Ken Annakin, Andrew Marton, Bernhard Wicki, Gerd Oswald e Darryl F. Zanuck, trasposizione del libro di Cornelius Ryan, che annovera una fila di grandi attori dello star system di Hollywood: in primis Henry Fonda, John Wayne, Edmond O’Brien, Robert Mitchum, Richard Burton, Sean Connery, Peter Lawford, Eddie Albert, Rod Steiger, Curd Jürgens, Robert Wagner, Madeleine Renaud, Paul Anka.
Trent'anni e più dopo, è Salvate il soldato Ryan, epica di Steven Spielberg a riportare d'attualità lo sbarco in Normandia con uno stile innovativo a cominciare dai primi 25 minuti con le crude sequenze dei combattimenti sulla spiaggia di Omaha. La vicenda, tratta da una storia vera, si snoda poi in un gioco d'incastri anche psicologici di una pattuglia di ranger americani lungo la strada per la Germania con un parterre di grandi attori su cui spicca su tutti Tom Hanks, seguito da Tom Sizemore, Edward Burns, Barry Pepper, Giovanni Ribisi, Vin Diesel, Adam Goldberg, Matt Damon e Jeremy Davies.
Nel mezzo vi è Quella sporca dozzina (1967), grande successo al botteghino, in cui Robert Aldrich, uno dei più apprezzati registi di Hollywood, autore di Vera Cruz, Il volo della fenice, Quella sporca ultima meta, tiene con mano ferma un cast formato da Ernest Borgnine, Charles Bronson, Jim Brown, John Cassavetes, Robert Ryan, Telly Savalas, Robert Webber e Donald Sutherland. E, ancora, l'anno successivo, Dove osano le aquile, con Richard Burton e Clint Eastwood, film tratto dal romanzo di Alistair MacLean (I cannoni di Navarone, altra trasposizione cinematografica), sotto la direzione di Brian Hutton. Per arrivare al 1981 con La cruna dell'ago un film di Richard Marquand, che il cinema pesca dall'omonimo romanzo di Ken Follett ed usce nelle sale cinematografiche nel 1981 con le intense interpretazione di Donald Sutherland e Kate Nelligan. E, soprattutto, con la visione della guerra di Quentin Tarantino che in Bastardi senza gloria, remake di Quel Maledetto Treno Blindato, firmato da Enzo Castellari, entra in una dimensione anticorformista, antiretorica, antipatriottica, antisistema, che mette a nudo i peggiori compromessi che scaturiscono dai rapporti finalizzati unicamente agli interessi del potere. Tra i protagonisti, Brad Pitt, Christoph Waltz, Daniel Brühl, Gedeon Burkhard, Michael Fassbender, Eli Roth, Diane Kruger, Denis Ménochet, Mike Myers, Til Schweiger e Mélanie Laurent.
Nel pomeriggio di oggi, 6 giugno, in un crescendo delle misure di sicurezza (oltre 40 mila tra militari, agenti e forze di sicurezza dispiegati) la principale commemorazione vede protagonista il presidente americano, Joe Biden, insieme con i capi di Stato, tra cui il presidente ucraino Zelensky, sulla spiaggia di Colleville-sur-Mer, poco distante da Omaha Beach. Il clima politico non è quello di ricerca della concordia di dieci anni fa, quando la cerimonia vide l'incontro tra il presidente Putin e il presidente Obama nel ricordo dell'alleanza che sconfisse il nazismo. In quella circostanza, il Cremlino diffuse una nota in cui Putin e l'allora presidente dell'Ucraino Poroshenko avevano espresso il desiderio di una rapida fine delle ostilità nel sudest dell’Ucraina. Una posizione ribadita dall'inatteso colloquio tra Obama e Putin, con entrambi concordi sulla necessità di una fine delle violenze e dei combattimenti il prima possibile. Uno scenario diametralmente opposto, con la pesante ombra da oltre due anni del conflitto in Ucraina e lo spettro di un allargamento dello scontro militare all'Occidente.
Note
Winston Churchill, La Seconda guerra mondiale, Edizione condensata, Mondadori, 2022
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