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Alberto Trentini, 200 giorni nelle carceri venezuelane

Aggiornamento: 2 giorni fa


Vengono persino i brividi a scrivere quella cifra a tutto tondo: 200. Sono tanti, infatti, i giorni di prigionia di Alberto Trentini, "ospite" in un carcere del Venezuela. Risparmiamo ai lettori l'abituale e suggestivo calcolo della trasformazione di 200 giorni in ore, minuti, secondi e poi, al contrario, in mesi e settimane. Duecento giorni in galera dicono tutto e non lasciano niente all'immaginazione. Almeno a noi, che ne siamo fuori. Ad Alberto Trentini, invece, l'immaginazione sarà certamente amica e di conforto per continuare a viaggiare nel suo personalissimo spazio di libertà virtuale, forte della speranza che una volta aperta, quella porta di metallo gli potrà mettere ai piedi la libertà reale.

Del Venezuela, della sua grave crisi economica e politica, parliamo oramai come se fosse il nostro vicino di casa più prossimo. Del Presidente Maduro e del suo governo che ha gettato dietro le sbarre Trentini, pure. Abbiamo seguito le recenti elezioni attraverso la stampa venezuelana e quotidianamente siamo informati sul numero elevato di detenuti politici "ospiti" in quelle patrie galere e, soprattutto alla vigilia delle elezioni, su quanti sono stati prelevati per strada o nelle loro case dalla polizia segreta per presunti attentati alla sicurezza dello Stato o cospirazione contro di esso. Forse, lo stesso reato che si addebita a Trentini, un operatore umanitario, veneziano d'origine, 45 anni, che l'avrebbe commesso tra il 17 ottobre - data del suo arrivo in Venezuela - e il 15 novembre - data del suo arresto. Ma, è abbastanza evidente che insieme con l'incredulità dell'accusa, a non reggere sia proprio il profilo professionale di Trentini da cui non discende il tratto del cospiratore internazionale, protagonista di una spy story internazionale.

Chi si oppone a Maduro, impegnato a denunciare i soprusi del governo, non ha ancora parlato, che ci risulti, di Trentini. Del resto, in Venezuela la libertà di stampa è alle corde o sotto assedio, secondo la definizione del Collegio Nazionale dei Giornalisti (CNP), sezione di Caracas, che attraverso il quotidiano El Impulso, ha lanciato un appello "alle coscienze nazionali e internazionali" per la liberazione di 16 giornalisti e operatori della stampa detenuti nelle prigioni venezuelane.

Le attenzioni dei media sono rivolte soprattutto ai detenuti stranieri, meglio americani. Lo si comprende, considerato lo stato di tensione tra Maduro e quell'altro prepotente di Trump. Ma sarebbe ora che se ne parlasse diffusamente anche in Venezuela, dove si stima - secondo Wikipedia - che circa 5 milioni di venezuelani abbiano origini italiane, e che circa 160.000 cittadini italiani sono registrati nel Paese. Avere a cuore le sorti di un connazionale in galera da 200 giorni non è un atto di fede, ma di fede nella giustizia. E sarebbe anche un ulteriore sostegno alla libertà di stampa.


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