L'Editoriale della domenica. Referendum: con i diritti un nuovo modello di impresa
- Igor Piotto
- 3 giorni fa
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di Igor Piotto*

L'8 ed il 9 giugno si vota per 5 quesiti referendari. Qui verranno esaminati quelli riguardanti il lavoro. I contenuti sono noti, ma forse vale la pena ripercorrerli per grandi linee e svilupparne le implicazioni più generali.
I primi due riguardano il tema dei licenziamenti: nel caso delle imprese con oltre 15 occupati l'abrogazione della norma (contenuta nella L.23/2015) dunque il diritto al reintegro in caso di licenziamento illegittimo, parzialmente modificato dalla L.92/2012, meglio conosciuto come Legge Fornero. Nel caso delle imprese sotto i 15 dipendenti, l'abrogazione della norma consegna al giudice la facoltà di individuare, sulla base di criteri articolati, un adeguato indennizzo, che per il momento può essere definito da 2,5 a 6 mensilità.
Il terzo quesito sui contratti a termine comporta il ripristino, in caso di abrogazione, della causale; l'impresa sarebbe chiamata a giustificare con una “ragione oggettiva” il ricorso al contratto a termine fino a 12 mesi. Una forma contrattuale che ha avuto una diffusione straordinaria (tra il 2003-2004 i contratti a termine sono passati da 1,9 a 3mln, Istat) ed un utilizzo spregiudicato che ha concorso in maniera significativa ad un peggioramento delle condizioni di sfruttamento del lavoro.
Il quarto quesito agisce sulle catene di fornitura e, modificando le attuali norme con l'abrogazione, riporta in capo all'impresa appaltante la responsabilità, ad esempio in caso di infortuni, delle condizioni di lavoro lungo tutta la filiera, dunque per le imprese in appalto e subappalto.
Quest'ultimo quesito pone al centro della discussione la forte correlazione che esiste tra sicurezza sul lavoro e riduzione delle tutele nella condizione contrattuale del lavoro. Oltre ad una legittima richiesta di controlli, è evidente che la necessità di “agire per meccanismi”, ovvero introdurre dispositivi di responsabilizzazione che possono evitare forme di dumping contrattuale che sommandosi lungo la catena di fornitura mettono a rischio la sicurezza del lavoro.
Licenziamenti, sfruttamento del lavoro, sicurezza non richiamano solo la necessità di un intervento strutturale (e radicale) sul mercato del lavoro, necessaria e urgente, ma chiamano in causa un modello di impresa che opera grazie alle norme di liberalizzazione del mercato del lavoro, a partire dalle legge 30/2003 (e successivi decreti attuativi).
Secondo una elaborazione della Cgil (2025), il salario medio lordo annuo è di 10.302 euro, il 13,6% dei lavoratori (oltre 2,3 mln) ha un salario lordo inferiore a 5000 euro, il 22% (3,6 mln) ha un salario lordo annuo compreso tra 5000-15000 euro. Uno scenario che rappresenta non solo una linea di frattura nel mercato del lavoro, ma un aggregato di disgregazione sociale. Non esistono lavoratori precari. Esistono lavoratori (in particolare donne, giovani, lavoratori migranti) che operano in imprese che possono stare sul mercato solo attraverso il ricorso a forme articolate di sfruttamento intensivo. Sono imprese ad elevata intensità di lavoro, con prestazioni standardizzate, di ridotte dimensioni, spesso all'interno di catene di fornitura che nelle loro parti finali presentano una elevata produzione di valore.
Lo slittamento dell'apparato produttivo su imprese di piccole dimensioni può costituire un elemento di arretratezza del sistema produttivo italiano, alimentando quello che Sylos Labini chiamava “effetto Ricardo”: la compressione del salario nominale verso il basso sostituisce, per fronteggiare l'incertezza del mercato, la tensione all'innovazione tecnologica e organizzativa. Lo sfruttamento intensivo è una forma di oppressione economica e di negazione della libertà che trova legittimazione nella norma.
La transizione dal “lavoro come merce” al “lavoro come titolare di diritti e libertà” solleciterà resistenze e tensioni, dunque un conflitto organizzato. In questa prospettiva i referendum possono rimettere in discussione decenni di stratificazione legislativa nel segno della liberalizzazione, porre al centro del dibattito pubblico le disuguaglianze e promuovere una modernizzazione del sistema produttivo. E' una prospettiva aperta, che dobbiamo tracciare con passione e razionalità.
*Segreteria Camera del Lavoro di Torino
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