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Medio Oriente: le incertezze di Biden e i rischi escalation

Aggiornamento: 26 nov 2024

 di Maurizio Jacopo Lami 


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"Le fazioni più intransigenti in Iran, specie i Guardiani della Rivoluzione, continuano a spingere per un grande conflitto regionale. Sono in minoranza ma se continuano a agire così, gli Stati Uniti rischiano davvero di trovarsi coinvolti in una guerra contro l'Iran con conseguenze inimmaginabili"

Da un rapporto della CIA di inizio gennaio 2024


La morte di tre soldati americani uccisi in Giordania da un attacco di droni può causare drammatici sviluppi.

Il presidente statunitense Joe Biden ha rilasciato ieri una impegnativa dichiarazione in merito: "L'attacco con droni che ha causato in Giordania la morte di tre nostri militari e il ferimento di altri è stato opera di milizie armate filoiraniane che agiscono in Iraq e Siria" e poi ha aggiunto il commento più preoccupante: "È l'Iran a spingere questi gruppi contro di noi. Chiederemo conto ai responsabili e li puniremo nei modi e nei tempi stabiliti da noi". Ma a stretto giro di posta è arrivata la smentita dei clericali iraniani, che hanno affermato di essere estranei all'attacco che ha provocato anche una ventina di feriti. "Queste accuse - ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Nasser Kanaani, citato dall'agenzia Irna - sono mosse con un obiettivo politico volto a ribaltare la realtà della regione".

Quale sia la realtà, secondo gli ayatollah, è presto detto: l'aperta accusa all'Iran e la chiara promessa di una dura ritorsione non può non far salire in modo esponenziale la possibilità di una guerra regionale, tanto più che la Casa Bianca è già in grave difficoltà con l'opinione pubblica americana per la sua politica in Medio Oriente che non produce risultati concreti. Biden non riesce ad avere da Israele l'attuazione di una vera tregua con Hamas o almeno la concessione di una condotta di guerra meno aggressiva. Il premier Benjamin Netanyahu ha apertamente detto che non seguirà le richieste e in pratica ha fatto fare a Biden la figura di chi si limita a deplorare a parole, ma poi in realtà arma Israele. La realtà, diversa, tuttavia è molto più complicata: Biden sta davvero spingendo per ottenere la pace e "neutralizzare" Netanyahu; lo dimostrano anche i ripetuti viaggi del segretario di Stato Antony Blinken nell'area con i conseguenti rallentamenti nelle operazioni delle Forze armate israeliane nella Striscia di Gaza; la posizione assunta dal Dipartimento di Stato americano sull'iniziativa Sudafrica, che ha portato Israele davanti alla Corte Internazionale di Giustizia con l'accusa di genocidio, e la successiva sentenza ritenuta coerente con l'invito del presidente Biden, secondo cui Israele deve fare di più per proteggere la popolazione civile. Ma i suoi sforzi arrivano indistinti e flebili in Medio Oriente.

Simultaneamente gli attacchi statunitensi contro gli Huthi, i ribelli filoiraniani dello Yemen, per ora non sembrano aver avuto conseguenze decisive. Anche qui, però, gli americani rischiano di fare la figura di chi non è capace né di proporre una vera tregua, né di fare la guerra sul serio. Biden è letteralmente sulla graticola nel suo Paese dove viene apertamente accusato dai filo palestinesi di non saper bloccare lo spargimento di sangue che se non è genocidio, rimane comunque un bilancio impressionante in poco meno di quattro mesi di guerra: 26.300 morti palestinesi, senza contare circa settemila dispersi. Per avere un metro di misura, nella guerra del Vietnam, nell'arco di dieci anni di coinvolgimento diretto, gli americani persero 58 mila soldati ed ebbero 153 mila feriti.

Del resto, la protesta negli Usa critica su Israele non è estemporanea e raggiunge più strati della società. Nei giorni scorsi, più di mille pastori protestanti neri hanno scritto una lettera aperta accusando il presidente di non intervenire. Un chiaro avvertimento sull'indicazione di voto alle prossime elezioni di novembre. Da altri versanti, sono sempre più numerosi gli americani che lo accusano di essere "molle" e di non saper intervenire con decisione.

L'attentato avvenuto a Istanbul, compiuto da due uomini mascherati che hanno fatto irruzione nella chiesa italiana e hanno ucciso un uomo, è l'ennesimo segno di come la tensione internazionale stia salendo senza tregua. Qui probabilmente è opera dell'ISIS o di un gruppo similare: la tecnica è quella tipica di attaccare qualsiasi fede diversa dalla propria durante cerimonie sacre per ottenere la massima tensione possibile e scatenare conflitti religiosi. 

Il Medio Oriente rischia davvero un grande conflitto con Israele e gli Stati Uniti contrapposti all'Iran e ai suoi alleati.

                 

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