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L'Editoriale della domenica. Proviamo ad applicare Sun Tzu al conflitto ucraino

di Michele Corrado


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L’arte della Guerra è considerato un capolavoro assoluto del pensiero. Elaborato in Cina oltre 2300 anni addietro ed attribuito ad un fantomatico Sun Tzu rappresenta tuttora un testo capitale per interpretare non solo le operazioni militari ma qualsiasi situazione attinente al nostro quotidiano che potremmo definire di interesse.

Viene ancora studiato ed approfondito e si presta a molte interpretazioni. Alcuni passi poi, sono di doverosa conoscenza se si vogliono comprendere o interpretare azioni complesse.

Una di queste affermazioni (cap. I - Valutazioni Strategiche), dice che “Le operazioni militari sono di vitale importanza per lo stato. […] È dunque necessario ponderarle con cura”.

Una successiva (cap. 3 - Strategia di attacco), “Se chi è in minoranza persevera, determina la vittoria di un nemico più numeroso”.

Con queste due brevi passaggi è possibile comprendere in maniera chiara cosa è necessario fare per non ritrovarsi in contesti dove non vi siano possibilità di recupero.

Applicando questi principi all’Ucraina si può constatare che i vertici politici non avevano conoscenze e capacità strategico-militari e la Russia ha risorse umane enormemente superiori agli ucraini, i quali continuano anche a “perseverare”.

Risulta quindi facilmente deducibile che le prospettive di successo militari ucraine siano inesistenti. Considerando inoltre che le capacità militari dei contendenti sono “simmetriche” (come si usa dire oggi), ma che la Russia è anche potenza nucleare non si vedono prospettive future di una qualche positività per l’Ucraina, che continua a subire ripetuti attacchi di droni sulla sua capitale Kiev. L'ultimo di ieri ha fatto registrare tre morti e numerosi feriti, tra cui alcuni bambini.

Di contro, applicando gli stessi concetti al confronto Russia-Europa (occidentale), si inverte il risultato constatando le risorse umane e tecnologiche europee notevolmente superiori (a meno di quelle nucleari).

Quindi, visto che non si è riusciti ad elevare le capacità militari ucraine ad un livello così elevato rispetto alle capacità russe da rendere il conflitto “asimmetrico” e men che meno si sono inviati corposi contingenti europei combattenti per riequilibrare la disparità di truppe potenziali da impiegarsi in operazioni, le possibilità di un successo ucraino sono nella  pratica assenti.

Questo era noto anche nel 2022, ma pare sia stato del tutto ignorato. Ora ci si ritrova a sostenere una nazione semi distrutta, semi spopolata e con un quinto del territorio occupato da una potenza nemica. Inoltre le risorse finanziarie garantite in primo luogo dagli Stati Uniti ed ora “trasferite” in conto ai Paesi europei iniziano a scarseggiare. Seguendo questo corso degli eventi è possibile che l’Ucraina collassi e cada interamente sotto controllo russo o che la parte non occupata (come nelle condizioni attuali), passi in carico agli europei per la sua ricostruzione. In entrambi gli scenari, non poteva andare peggio, oltre alle immense perdite in ordine alle risorse umane.

È necessario che i decisori strategici, se si devono misurareccon situazioni di conflitto, debbano avere conoscenze e capacità in tal senso.

Quella che oggi viene definita “cultura della difesa” è pressochè assente nel nostro ambito geopolitico, convinti che con la capacità finanziaria si possa surclassare chiunque in qualsiasi settore. Ci sono però ambiti nei quali la disponibilità economica è solo una parte del tutto. E soprattutto non va presa per superiorità assoluta. La superbia è un vizio capitale che potrebbe diventare un errore fatale.

Attualmente, almeno a livello europeo, non si rispetta questo assioma ed i risultati conseguiti in Ucraina stanno a ricordarcelo, da tre anni e otto mesi.

 

 








 



















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