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Malattie respiratorie dalla Cina: nuove precisazioni dell'OMS

di Giuseppina Viberti e Germana Zollesi

Lunedì scorso, 27 novembre, Maria Van Kerkhoce, direttrice ad interim del dipartimento dell’OMS per la preparazione e prevenzione delle epidemie e pandemie, ha risposto all’agenzia di stampa Stat ribadendo che “il picco di malattie respiratorie che si è verificato in Cina in questi gironi non è così elevato se confrontato con i dati pre-covid. Inoltre, nei casi recenti non sono stati trovati patogeni nuovi o insoliti.” Secondo la dottoressa Van Kerkhoce, “il dato cinese è in linea con quello che la maggior parte dei Paesi ha affrontato con la fine delle misure restrittive dovute al covid”.


Situazione in Francia

Il giorno prima, domenica 26 novembre, il portavoce della Commissione Nazionale cinese per la salute Mi Feng, ha dichiarato che l’aumento delle malattie respiratorie acute è dovuto alla circolazione simultanea di diversi tipi di patogeni, soprattutto il virus influenzale e in parte il Mycoplasma pneumoniae.

Nelle ultime settimane si è verificato un aumento anomalo di polmoniti nei bambini e ragazzi di età inferiore a 15 anni di cui sembra responsabile il Mycoplasma pneumoniae che, stando alle informazioni di Adnkronos Salute, sembra anche coinvolto, almeno in parte, con le polmoniti infantili cinesi.

Nei Pronto soccorso francesi si è registrato, per queste infezioni, un aumento di accessi del 44% per i neonati fino a 2 anni e del 23% da 2 a 14 anni. Questi bambini arrivano al Pronto soccorso con affaticamento importante, febbre, tosse persistente e profonda. Ed incrementi anomali, che non si vedevano da parecchi anni si registrano pure in Cambogia e Vietnam.

È evidente che la situazione è in continua evoluzione e sotto stretta sorveglianza dell’OMS vista la precedente esperienza con il coronavirus; quindi, i dati possono anche cambiare settimanalmente e ciò di cui si è convinti oggi può essere smentito domani.


Le ricerche di Giovanni Cosimo Bonomo

Quello che stupisce è l’essere prevenuti su una o l’altra tesi: con il mondo globalizzato le condizioni che possono sviluppare velocemente il diffondersi di un’epidemia sono molteplici e spesso concomitanti e ciò rende ancora più difficile il contrasto. Il coronavirus ha reso tutti “superesperti” ed oggi anziché pensare a come riorganizzare la società per affrontare i nuovi e sempre diversi pericoli ci si perde in mille discussioni inconcludenti. La scienza, come ha insegnato Galileo Galilei procede per tentativi ed errori “il vero metodo scientifico non ha paura dell'errore, ma lo accetta, lo supera e impara da esso” e ciò ha permesso di sviluppare soluzioni affidabili.

Fu l’italiano Giovanni Cosimo Bonomo a condurre i primi studi sulle modalità di contagio, individuando l’eziologia della scabbia. Figlio di uno speziale francese, dopo gli studi, nel 1684, fu nominato “medico di galere” al seguito della spedizione navale contro i turchi. Il viaggio fu un susseguirsi di "malattie", "infezioni" e morti che ridussero di oltre la metà l'equipaggio. Lo stesso Bonomo cadde due volte malato, divenendo di salute malferma e ciò lo portò a sviluppare gli studi su come le malattie si potevano “spostare” da un soggetto all’altro.

Studi ben lungi dall’essere conclusi perché ancora oggi sono tante le conoscenze ancora da acquisire e guai ad illudersi di sapere tutto sull’argomento. Per la cronaca, rispetto alle dottrine tradizionali che vedevano nella scabbia gli effetti di una discrasia umorale, Bonomo intuì l'origine unicamente acarica della scabbia.

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