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Lo strano caso del presidente regionale Giovanni Toti

di Mauro Nebiolo Vietti


@Regione Liguria

L’avviso di garanzia e le misure cautelari nei confronti del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti hanno provocato vivaci polemiche a livello politico e le solite invasioni di campo da parte dei giornalisti, ma non riscontro profili diversi dalle vicende che periodicamente ricorrono salvo due particolari su cui riflettere.

La dichiarazione polemica del ministro della giustizia Carlo Nordio mi ha colpito non perché puzzi di faziosità (Nordio ha taciuto sugli arresti ed avvisi di garanzia che in Piemonte hanno decimato il PD alla vigilia delle elezioni ed ha fatto bene), ma perché, dopo essere stato trent’anni pubblico ministero, non ha colto, o non ha voluto cogliere, un aspetto peculiare.

A Toti ed al suo capo di gabinetto (a quest’ultimo come protagonista ed al primo perché non poteva non sapere) sono stati contestati i rapporti con personaggi sospetti che avrebbero garantito voti in cambio di promesse. E, notizia di qualche ora fa, giovedì 9 maggio, al Presidente della Regione Liguria sarebbe anche accusato di corruzione per aver ricevuto circa 200 mila euro da aziende che si occupano di rifiuti. Detto ciò, a dar retta a Nordio, che sostiene inopportuna un’indagine avviata in clima elettorale, il voto avrebbe dovuto svolgersi senza clamore, ma se la contestazione risulterà fondata, questo sarebbe stato avvelenato dagli apporti mafiosi; quindi, secondo Nordio, prima bisogna lasciare che i mafiosi votino, poi arrestare i beneficiari di quei voti, e non invece intervenire prima per bloccarne l’apporto.

Nordio dichiarò in allora di accettare il ministero della Giustizia perché la sua esperienza passata di PM avrebbe potuto rendere più efficace l’azione di riforma, ma, se non mi è sfuggito qualcosa di essenziale, in questa vicenda nelle sue dichiarazioni di giuridico non c’è nulla, ma c’è molto del politico ossequiente.

In questa vicenda si inserisce un’altra singolarità; con atto di sublime ipocrisia è stato abolito il finanziamento dei partiti come se fosse naturale che organismi, dotati di dignità costituzionali ed essenziali per lo sviluppo democratico, potessero mantenere  proprie strutture con il solo contributo degli iscritti. Si è così sviluppata nel tempo una forma di lobbismo strisciante che ha trovato interlocutori nelle fondazioni create a fianco dei partiti per attività finora considerate lecite.

In questo quadro Toti ha assunto il ruolo di leader minore ed è indubbio che una formazione secondaria ha una minore capacità attrattiva di manifestazioni di interesse lecite, perché chi ne è autore tende a rivolgersi ad interlocutori di strutture più consolidate e per questo più credibili. Se  uniamo i due elementi ne risulta una struttura che, ancorché ridotta, non rinunzia alla funzione di essere rappresentativa di fasce della società, ma, essendo poco attrattiva nel gioco degli interessi nazionali, non ha la capacità di drenare risorse lecite.

Dall’altro lato vigila la mafia alla ricerca di soggetti deboli che possono essere indotti a compromessi per sopravvivere; ovviamente non sappiamo se l’ombra mafiosa adombrata dalla Procura della Repubblica risulterà tesi fondata, ma è indubbio che le organizzazioni mafiose, che hanno da tempo intrapreso un percorso per accreditarsi nella società dei colletti bianchi, hanno bisogno di soggetti deboli che non possono rifiutare un aiuto in cambio di favori ed allora occorre riflettere se abbia o meno senso aiutare col voto formazioni minori che senza compromessi non hanno possibilità di sopravvivere.

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