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Lido Riba, se ne va un amico della montagna

di Marco Travaglini



Lido Riba era da tempo malato e sapeva di combattere un nemico arcigno e cattivo. Eppure ogni volta che lo incontravi, ti rimandava la determinazione e il coraggio di chi si sentiva più forte del male. Ed è stato così per anni, tanti, al punto che si era portati a credere che il male avesse ormai alzato bandiera bianca, che avesse mollato la sua presa per sfinimento. Del resto, Lido, dietro quell'aria sorniona, che gli derivava in parte dall'aspetto fisico pacioso e rotondo, nascondeva un lato intransigente, per non dire cocciuto, che lo portava a battersi senza risparmio per le cose in cui credeva. E la sua vita valeva, eccome se valeva, al netto delle ambizioni personali e della politica che spesso provoca guasti. Valeva per la carica umana che Lido sapeva esprimere nei momenti di gioia come in quelli difficili, alternando una gestualità spontanea alla voce un po' baritonale che usava come passo di carica per convincere i dubbiosi o per incitare a superare l'ostacolo gli indecisi. Ci mancherai Lido.

Mi.R.


Con la scomparsa di Lido Riba, storico dirigente della sinistra e dell’Uncem piemontese le genti della montagna da oggi sono più sole. Riba è stato uno dei protagonisti della vita politica e sociale piemontese dell’ultimo mezzo secolo. Aveva 78 anni ed era nato a Caraglio, in provincia di Cuneo, il 31 maggio del 1944. Alla frequentazione del mondo rurale e delle terre alte ha dedicato gran parte del suo impegno per valorizzarne le risorse e la cultura. La montagna per Lido Riba non è mai rappresentato solo il paesaggio agreste degli alpeggi e dei boschi, dei borghi abbandonati dopo l’esodo, del grumo di fatiche e lavoro per creare le condizioni minime di una economia magari frugale, ma dignitosamente orgogliosa che ha segnato la storia del “mondo dei vinti”.


Dal suo punto di vista come politico di sinistra e amministratore pubblico per lunghissimo tempo tenace leader piemontese dell’Uncem (l’Unione dei comuni e delle comunità montane) la montagna è sempre stata una risorsa viva, capace di offrire occasioni di sviluppo socio-economico e una nuova coscienza del territorio e dell’ambiente che conserva. Il suo impegno nelle istituzioni lo vide protagonista nei consigli comunali di Caraglio, Pradleves e Ostana, alla comunità montana della valle Grana, alla provincia di Cuneo e in Consiglio regionale dove, eletto per la prima volta nel 1990, è stato tra i protagonisti di tre legislature e assessore all’agricoltura e alla montagna. Con lui ho condiviso moltissime iniziative, percorrendo in lungo e in largo il Piemonte, dando vita al primo gruppo degli amici della montagna in Consiglio regionale.


Tra ricordi personali e comuni memorie, incontri e viaggi, resoconti di vicende che ci hanno visto protagonisti, resta nitida e forte la sua idea di una politica generosa, alimentata da passioni vere, dove occorreva (e occorrerebbe oggi, a maggior ragione) studiare e documentarsi, vivere la realtà dei paesi e delle persone per capire cosa è giusto fare e cosa non va fatto. Il suo “lungo viaggio”, che raccontò in un accorato libro di memorie, lo vide protagonista nella vita della scuola cuneese, sindacalista del mondo contadino, militante e dirigente del Partito comunista italiano in una “provincia Granda” tradizionalmente feudo democristiano, uomo coerente con i suoi valori progressisti nelle successive evoluzioni politiche. L’eredità che lascia è un patrimonio di inestinguibili intuizioni e analisi, battaglie e conquiste condotte con la passione di chi pensava che rispettare le tradizioni significa custodirne il fuoco, non adorarne le ceneri.


Questo occitano orgoglioso delle sue radici ha saputo mostrare nel concreto d’aver introiettato la lezione di saggio realismo che si trova alla base più sincera della cultura contadina. Quella cultura, per intenderci, di chi è cresciuto, come cantava Guccini, “a castagne ed erba spagna”. Lido, rappresentando al meglio nell’Uncem e altrove le vite “in salita” dei montanari, era consapevole di dover coniugarne aspettative e speranze al futuro e non al passato. Tenere alto quest’impegno sarà il riconoscimento più importante alla memoria di un uomo che ha speso decenni della propria vita a immaginare e proporre soluzioni per i territori montani piemontesi pensando a una politica che non fosse solo redistribuzione di risorse, alzando la spesa pubblica, ma un progetto concreto in grado di colmare sperequazioni territoriali, recuperare vecchi mestieri e inventarne di nuovi, investendo nell’economia verde, nel legno e nell’acqua, e in un nuovo welfare di comunità.


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