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La soluzione al debito pubblico? La bacchetta del mago Giorgetti

di Anna Paschero


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"Tutto va ben, madama la marchesa...". Sintesi, cui non riusciamo a sottrarci alla tentazione dell'ironia, delle dichiarazioni recenti del ministro Giancarlo Giorgetti sui conti pubblici italiani per il 2026. Parole punteggiate, è doveroso riconoscerlo, con sapiente maestria su cui però aleggia un alito di propaganda, non fosse altro che l’Italia continua ad avere il debito pubblico più alto d’Europa (135,4% del Prodotto Interno Lordo) contro quello di Francia e Regno Unito rispettivamente del 114% e 96,10%. 

"Pinzillacchere", "sciocchezzuole", avrebbe detto l'arguto Totò, facendo seguire il doveroso e rispettoso silenzio che si deve alle istituzioni, ma con la mimica del pernacchio che si deve all'arte della comicità, non fosse altro che il disavanzo del bilancio pubblico (differenza tra entrate e spese) è pari per l’Italia al 7,4% del PIL, mentre per Francia e Regno Unito scende rispettivamente al 5,8% e al 4,8%. E non fosse ancora che il nostro Paese è "osservato speciale" della Commissione Europea per disavanzo eccessivo e che la crescita dell'1,2 per cento inizialmente prevista nel 2025, sia stata dimezzata allo 0,6% proprio dal Governo negli scorsi giorni. 

Crescita dimezzata, è vero, ma non altrettanto sono dimezzati i toni trionfalistici degli annunci della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del suo fido ministro economico; ultimi, quello di una ulteriore riduzione delle tasse attraverso l’aliquota unica (flat tax) e altri ed ennesimi condoni a favore degli evasori fiscali (saldo dovuto in 120 rate), nonostante che a fronte di 1.108,4 miliardi di spesa pubblica arrivino nelle casse dello Stato appena 1.032,9 miliardi di entrate costituite principalmente da tributi.

E prima di fare discutibili paragoni, si provi a immaginare il governo francese alle prese con i numeri dell'Italia, al di là delle sue crisi endemiche. Ma nel nostro “Bel Paese” sembra che i conti pubblici siano secondari, marginali, accessori, rispetto ad altri attributi dei nostri governanti; in primis la dialettica seduttiva che non fa difetto a Palazzo Chigi, soprattutto quando si tratta di costruire sulle sabbie mobili i conti del bilancio nazionale. Tanto, come capita da sempre, toccherà a chi verrà dopo rimettere le cose a posto, a discapito del consenso raccolto e del nuovo sforzo fiscale richiesto ai cittadini. Come è accaduto ai piemontesi, per fare un esempio, in un recente passato.

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