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"La legge per il ripristino della natura", ora l'Europa lancia una sfida anche a sé stessa

Aggiornamento: 15 lug 2023

di Mercedes Bresso


Mercoledì scorso, 12 luglio, il Parlamento europeo ha approvato con 336 voti favorevoli, 300 contrari e 13 astenuti la Nature Restoration Law, la "legge per il ripristino della natura", tappa fondamentale per il Green Deal, la transizione ecologica europea e per la tutela dell’ambiente. La battaglia in aula è stata particolarmente ostica e tutt'altro che agevole per le forze indisponibile ad una ulteriore mediazione al ribasso in materia di ambiente, sia per il veto del Partito Popolare, sia per gli ostacoli frapposti da tutte le lobby che ruotano attorno alle associazioni di categoria, dalla pesca all'agricoltura e all'agroalimentare. Ma l'obiettivo di fermare la perdita di biodiversità, una delle conseguenze del cambiamento climatico e del progressivo innalzamento delle temperature, che nell'estate 2022, come è stato denunciato, ha provocato la morte di 61.672 persone in 35 nazioni europee, di cui 18.010 solo in Italia, si è rivelato uno straordinario collante al momento del voto e ha manifestato i propositi della maggioranza degli europarlamentari, socialisti, verdi, sinistra e liberali, e un numero non modesto di dissidenti del PPE, di dare un preciso segnale di svolta. Del resto, i dati quotidiani allarmanti sono stati confermati dall'evento del 3 luglio scorso, quanto il mondo ha fatto registrare a temperatura media più alta mai registrata nella storia pari a 17,01 gradi Celsius ossia 62,62 gradi Fahrenheit. Un record negativo registrato dai Centri nazionali per la previsione ambientale, che supera il precedente dato di 16,92 C (62,46 F) di agosto 2016 e che evidenzia l'inarrestabile aumento di emissioni di gas serra generati dalla combustione di combustibili fossili. Il commento dell'europarlamentare Pd Mercedes Bresso.

La Porta di Vetro


La legge, tecnicamente il regolamento, direttamente applicabile nei paesi UE, è stata approvata dalla plenaria di Strasburgo, che ha anche rigettato la proposta di rifiutare in toto la proposta della Commissione. Il compromesso che ha permesso l’approvazione, dopo il rigetto nella commissione per l’ambiente, è stato quello di riprendere le modifiche al testo proposte dal Consiglio, cioè dall’assemblea deliberativa degli Stati membri, composta volta a volta dai ministri competenti per materia, aggiungendovi altri emendamenti, alcuni più forti, altri più moderati, che sono stati votati dalla plenaria. Il testo ora passa al trilogo, composto dalla presidenza di turno spagnola, dal relatore e dai relatori ombra del Parlamento Europeo e dal Commissario o commissari competenti per materia. Tenuto conto del testo approvato dal Parlamento l’accordo non dovrebbe essere troppo difficile da raggiungere.

La legge sul ripristino della natura fa parte del grande pacchetto denominato Green Deal Europeo, approvato ad inizio legislatura, che si pone l’obiettivo di rispettare l’impegno preso a Parigi e poi riaffermato con il voto europeo, di decarbonizzare - fare in modo che la quantità di CO2 emessa sia pari a quella captata e rimossa - l’Europa entro il 2050, rispettando tutta una serie di tappe intermedie. A seguito del patto ambientale sottoscritto da tutti i paesi, la Commissione ha finora proposto oltre 60 atti (direttive, regolamenti, risoluzioni, guidelines, ecc.) per realizzare concretamente questi obiettivi. Prima fra tutte la legge sul clima, poi le modifiche, sempre aumentando il livello degli impegni, di tutti i testi relativi all’ambiente, dall’economia circolare, agli imballaggi, al recupero, riparazione, riuso degli oggetti, alle materie prime rare e strategiche che servono per l’elettronica, alle emissioni in aria e acqua, agli euro 7, alle emissioni industriali..., tanto per fare degli esempi.

La legge sul ripristino della natura è nata con l’ambizioso obiettivo di intervenire sulla perdita di biodiversità, di consumo di suolo e di degrado degli ambienti naturali, con un testo globale, che obbliga gli Stati a fare dei piani nazionali di ripristino degli ambienti degradati, nelle aree urbane, in quelle agricole e in quelle forestate o non in uso. Pone anche l’obiettivo di mettere a dimora almeno tre miliardi di nuovi alberi e di rinaturalizzare i corsi dei fiumi per almeno 25.000 km.

I piani dovranno permettere il recupero di queste aree per il 20% entro il 2030 e del 90% entro il 2050. Gli obiettivi che ci stiamo dando fanno tremare i polsi e ipotizzano la necessità di forti investimenti per i quali è previsto siano stanziati dall’Europa fondi ad hoc, una volta fatti i conti con i piani nazionali. Il testo approvato contiene numerose norme di temperamento nei casi in cui si incontrino difficoltà insormontabili. Non dimentichiamo però che intervenire ex ante sulla difesa del suolo potrebbe permettere di risparmiare alla collettività i molti miliardi spesi a riparare i danni di alluvioni, frane, siccità. In Italia poi i piani saranno penso regionalizzati, essendo le competenze in larga parte delle regioni, (che hanno peraltro già messo sotto tutela parti importanti del loro territorio con le norme di “Natura 2000” ). Già nella Pac, nel PNRR e nei fondi strutturali esistono, peraltro, risorse importanti.

Una grande sfida insomma ma che va colta se vogliamo ascoltare la voce delle migliaia di giovani che ce lo hanno chiesto in questi giorni vorticosi. E potremmo anche cogliere l’occasione, è uno dei suggerimenti, per creare un servizio civile di apprendimento alla rinaturalizzazione, per i giovani che volessero impegnarsi su questo tipo di lavori o dare semplicemente il loro contributo per un certo periodo.

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