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La delicatezza melodrammatica del ministro dell'Interno verso l'informazione

  • Menandro
  • 25 mag 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

di Menandro


Che nel Bel Paese si ami il melodramma non è un mistero. Anzi. Il cavaliere Benito Mussolini, da romagnolo sanguigno e impenitente seduttore di donne e di italiani, ne incarnò per un ventennio l'archetipo attraverso le sue verità ad effetto, l'idea di giocare alla guerra come se fosse una partita di calcio, le sue frasi roboanti, le sue smorfie, il petto compresso in quelle invidiate divise da primo maresciallo d'Italia che sembrava scoppiare da un momento all'altro, le sue dichiarazioni tronfie contro la democrazia, di cui, peraltro, soltanto una parte degli italiani era consapevole di aver perduto.

Tuttavia, ero lontano da pensare - ed è la ragione per cui sono ritornato, quasi preso per i capelli, a guardare le italiche vicende dopo mesi - che il melodramma fosse radicato nella testa di Matteo Piantedosi, l'uomo che siede al Viminale, sempre estremamente composto, nulla fuori posto, se non alcune decisioni, un tantino controverse. Parliamo, cioè, del titolare di un potere inferiore soltanto alla presidente del Consiglio, per tutti oramai solo e unicamente "Giorgia!".

Infatti, non riesco a spiegarmi altrimenti, se non con un amore smisurato per il melodramma, come il ministro dell'Interno abbia acconsentito ad alterare (uso un eufemismo) mesi fa il sonno dell'ex direttore de La Stampa Massimo Giannini, svegliato nel cuore della notte in un hotel a Milano, dopo la partecipazione ad una trasmissione della Nove, da scrupolosi funzionari di Polizia, che gli hanno notificato una querela per diffamazione.

Proviamo ad immaginare la scena, con il malcapitato Giannini - prendo un melodramma a caso, toh, la Tosca di Giacomo Puccini, per dare alla vicenda il giusto taglio prepolitico - nella parte del liberale Cavaradossi, svegliato di soprassalto dal ministro della polizia pontificia, barone Vitello Scarpia. Atto unico: Cavaradossi-Giannini, vista annebbiata dal brusco risveglio, passo incerto con cui si approssima alla porta, che apre per poi gorgheggiare con timbro tenorile: "Che cosa fate qui?". Scarpia-Funzionario di polizia, che rimanda in sottofondo baritonale: "Le devo consegnare una diffida". "Da parte di chi?" "Non è importante. La legga, è nei suoi diritti". "Ma sono le quattro di notte e non trovo gli occhiali". "La giustizia non ha orari e non va mai a dormire. Per gli occhiali, gli presto i miei".

Cala il sipario. Applausi democraticamente scoscianti, con il loggione che si divide tra i fan di Cavaradossi-Giannini e i pasdaran di Scarpia-poliziotto. Per la cronaca, negli anni Venti e Trenta del Novecento, quando di notte a interrompere il sonno dei dissidenti antifascisti, per trasferirli direttamente al confino, erano i funzionari dell'Ovra, gli spioni di regime, non c'erano applausi e meno che mai era prevista la partecipazione di pubblico. Ma questa è un'altra storia direbbe il ministro Piantedosi che, immaginiamo, avrebbe anche un'altra sensibile obiezione da porre: svegliare alle quattro di mattina e offrire la possibilità di ritornare a letto per riprendere il sonno al destinatario di una notifica è da preferire alla consegna a colazione, peggio a pranzo o a cena, con il rischio di far andare di traverso il cibo e provocare danni digestivi al diretto interessato.

In questo caso, e ne conveniamo, la delicatezza non è un optional e non mai troppa. Del resto, il ministero dell'Interno ha già mostrato in altre circostanze, soprattutto nel rapporto con gli studenti che manifestano, quanto la delicatezza sia la pietra angolare del suo agire nell'interesse della sicurezza di tutti noi.

Si spiega così, con la somma delicatezza, anche il passaggio nelle celle di sicurezza di tre giornalisti a Roma per "consentire" alla polizia di identificarli. Un provvedimento, ha chiarito il ministro Piantedosi, dettato da un equivoco e dalla riluttanza, pare, sconfessata però dai fermati, di dichiarare prontamente le proprie generalità e di appartenere ad un ordine professionale. Insomma, quando si tratta di ordine, soprattutto dell'informazione, il ministro vigila su tutti noi. Ma senza esagerazione, se fosse possibile, perché l'ultima volta la troppa attenzione alla stampa non è finita granché bene, com'è noto.



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