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L'intervista a.... Gianna Pentenero: "Cambiamo il Pd con la passione dei giovani"

Aggiornamento: 14 set

di Arianna Passanisi


Torino e Piemonte, una endiadi sul piano sociale che politicamente per il centro sinistra, alla guida del capoluogo, si trasforma in un ossimoro, nel suo contrario, con la regione governata dal centro destra. Per poi diventare, sempre per il centro sinistra, in particolare per il Partito democratico, un autentico rompicapo, un continuo esercizio di punti interrogativi alla ricerca (non vana, si spera) di ricostruire un rapporto con i cittadini e l’elettorato, come è stato osservato da più parti.[1] Gianna Pentenero[2], capogruppo del Pd nel Consiglio regionale del Piemonte, dopo essere stata assessore con le giunte Bresso (2005) e Chiamparino (2014), assessore del Comune di Torino fino a ieri l’altro e, in giovane età, sindaca di Casalborgone, un piccolo comune del Chivassese, sembra la figura perfetta per rappresentare sia l’endiadi e sia quell’ossimoro, e per stuzzicare la curiosità sul “che fare?” per ridare smalto ai dem, sia dove governano, sia dove guidano l’opposizione. E nel primo cosa, uno degli spunti recenti più interessanti è arrivato proprio da un ex assessore del Comune di Torino, Beppe Borgogno, che ha disegnato l'immagine evocativa delle "due città". Effettivamente potremmo immaginarci una Torino del Politecnico e delle Startup che si occupa di aerospazio e di Intelligenza Artificiale e, dall'altra parte, una Torino dei "problemi irrisolti". Uno scarto non da poco.


In effetti, noi abbiamo una Torino che si occupa dell'aerospazio e che si occupa dell'Intelligenza Artificiale per due motivi, primo perché esiste il DAP, il distretto dell'Aeronautica spaziale del Piemonte, allocato al  fondo di corso Marche. Siamo stati identificati come centro per lo sviluppo delll’'Intelligenza Artificiale legata al settore del dell’automobile; quindi,questo è qualcosa che esiste e che ci permette di guardare  al futuro. Poi esistono altri aspetti  che sono i nodi  irrisolti , per le quali si fatica a trovare una soluzione. Ad esempio, penso al settore manifatturiero dove occorre un sostegno alla micro e piccola impresa e alle questioni dell'automotive legate alla filiera stessa  e al suo indotto, dall’altra  ci sono tutti i temi più di carattere sociale, per i quali occorre una maggiore attenzione, occorre una maggiore consapevolezza di come ci siano fasce di popolazione all'interno della città di Torino che non stanno vivendo condizioni facili.

Occorre lavorare sui due fronti: lavorare su questioni importanti che guardino al futuro e risolvere i problemi del presente per quelle fasce di popolazione più fragili. Non solo penso che si possa, ma si devono   affrontare le due facce di una realtà per cercare di rispondere al presente con uno sguardo al futuro.

Come fare? Ovviamente servono risorse e credo che, ad esempio, l'applicazione dell'autonomia differenziata modello Calderoli non porterebbe certamente maggiori risorse ai territori, alle grandi città come Torino ma, anzi, a una situazione di confusione rispetto al trasferimento. Abbiamo bisogno che le tante  risorse destinate alla città possano donare un volto innovativo.


Se il Gruppo Stellantis non è più interessato a Torino...

Considerando Torino come una città post-industriale sarà possibile includere nei siti culturali anche la storia più moderna, che ha caratterizzato la nostra città a partire dagli anni’70? Inoltre, la centralizzazione produttiva di Stellantis si sta lentamente spostando. Ancora. Sarà possibile riqualificare le zone dismesse del polo di Mirafiori e dei vari altri impianti produttivi, affinché la multinazionale possa continuare a collaborare con l’eccellenza scientifica torinese, a partire dal Politecnico e dall’ Università di Torino?

La città della Fiat quest’oggi rappresenta storia, rappresenta un processo culturale e ciò va messo a fattor comune all'interno della città. Consideriamo che, però, Torino e il Piemonte continuano a restare una città e una regione manifatturiere. Torino è una città dove il know-how legato all'automobile è fortissimo. Bisogna costruire un futuro su questo know how. E mi riferisco a molte competenze: dall’ingegneria al design, ma anche alle professionalità delle nostre maestranze.

Tutto questo fa parte della competenza legata alla filiera e all’indotto dei quali si parlava prima. Ecco perché al di là dei programmi che Stellantis ha per il futuro di Mirafiori, quest’area si può candidare come insediamento ideale per altri marchi e che può anche essere rivolto ad altri comparti automobilistici, ad altre imprese, a chi ha voglia di venire, di investire sul nostro territorio. Lo spazio deve essere messo a disposizione e quindi insomma, se all’amministratore delegato di Stellantis non interessa più, questo coacervo di capacità dev’essere utilizzato e deve diventare uno strumento di sviluppo per altre aziende che possono venire ad operare nel nostro territorio. 


Dunque, come abbiamo già detto, la nostra città può in parte vivere di turismo?

È sicuramente uno degli elementi che compone il PIL della città. Ecco, se vogliamo dirla in questi termini, sicuramente il turismo lo rappresenta oggi un elemento importante, così come non solo all'interno della città, ma all'interno di tutto il territorio. Ma attenzione, anche qui, ci sono molti “turismi” che richiedono attenzione e programmazione. Il turismo delle grandi città è diverso da quanto possono offrire i nostri territori. Ci sono ottimi poli congressistici che possono indurre flussi di professionisti, il tutto legato alle eccellenze paesaggistiche ed enogastronomiche da salvare e tutelare con un clima in continuo cambiamento.


Coltiviamo la passione politica dei giovani

Invece, riguardo alla sfera politica della nostra città. Nelle leve più giovani si sta sviluppando un astensionismo sempre più ampio, i programmi elettorali spesso non includono le problematiche riguardanti i giovani e apparentemente i partiti cercano di stilare programmi che siano funzionali a mantenere i propri elettori e a richiamarne di nuovi, spesso senza che però si riesca a mantenere tali propositi. Infatti, abitualmente si sente di parlare del voto al “meno peggio” tra i partiti, o comunque a un voto che serva a contrastare una parte che proprio non si vuole che vinca. Considerando la sua lunga esperienza in politica, come si può accorciare questa distanza tra la politica e le nuove generazioni? Cosa dovrebbero fare i partiti per creare un maggior senso di appartenenza, soprattutto nei più giovani?


Cosa non facile, ma ciò che devono fare i partiti è aprirsi ai giovani e quindi coinvolgerli, farli partecipare. Personalmente, nel momento in cui mi è capitato di coinvolgerli, ho sempre ottenuto risposte favorevoli, certamente non è sufficiente, ma mi rendo conto che sia un'operazione spesso faticosa. Noi dobbiamo davvero far sì che le forze politiche tutte, a partire innanzitutto dal Partito Democratico che, per ciò che mi riguarda è una forza attenta una serie di valori e di aspetti legati alla nostra società, non può dimenticare i giovani e quindi bisogna cercare di coltivare in loro la passione per la politica perché, se la politica viene vista solo come un luogo di cui possiamo fare a meno, perdiamo un po’ quell'aspetto valoriale che credo sia importante. Quindi, dovremmo cercare di far nascere un po’ di passione politica, perché senza quella diventa difficile far nascere, trasferire, coinvolgere le nuove generazioni nell'attività della vita politica. Credo che con sforzo si dovrebbe andare in questa direzione di apertura ed allo stesso tempo di stimolo verso una passione politica nuova.


Per esempio, ad un giovane che volesse iniziare a fare la differenza all'interno della propria città, del proprio territorio o comunque che si riconoscesse nei valori di un partito, consiglierebbe di impegnarsi nell’iter politico partendo dal basso, ad esempio nelle circoscrizioni? Pensa che sia possibile iniziare a fare la differenza già partendo da lì?

Bisogna certamente partire dal basso, bisogna formarsi sul campo, insomma, io ho iniziato in questo modo ed ho apprezzato la politica attraverso l'impegno. Non amo tanto l'espressione carriera politica, ma credo che innanzitutto la politica debba essere a servizio della propria comunità. Se proviamo ad immaginare che l'impegno politico, bisogna pensare a servire le proprie comunità, offrire delle opportunità nuove alle persone. Poi, certo, le ambizioni individuali, sono aspetti importanti e spesso qualificanti e comunque, cioè, sta anche poi a chi è già in ruoli importanti saper cogliere la bellezza e l’impegno, insomma, dei giovani e portarli nei luoghi, ad aiutarli nel crescere.


Quindi, sempre su questa linea, considerando che adesso lei è capogruppo del PD nel Consiglio regionale del Piemonte, qual è la più grande sfida e qual è invece la più grande opportunità per la nostra Regione in questo momento e nel futuro prossimo? Secondo lei, cosa ci aspetterà nei prossimi cinque anni?

La più grande sfida è quella legata al tema della sanità. La seconda è quella dell'attrattività, cioè se io ritenga o meno la mia regione attrattiva in termini di formazione e di opportunità di lavoro. È una delle valorizzazioni, cioè degli obiettivi che dobbiamo darci ed anche chi è all'opposizione ha una responsabilità in questo senso. Bisogna lavorare affinché questa regione diventi sempre più attrattiva sia come luogo formativo sia come luogo per lavorare, quindi per vivere la propria vita.

 

Note



[2] Alle 18 di oggi, sabato 14 settembre, Gianna Pentenero sarà ospite al Festival dell'Unità a Torino in un dibattito organizzato dai Giovani Democratici su "Nuove politiche industriali per nuove sfide in Europa" cui partecipano da programma Brando Benifei (Europarlamentare PD) Marco Gay (Presidente di Unione Industriali di Torino), Giorgio Airaudo (Segretario Generale Cgil Piemonte), Luca Caretti (Segretario Generale Cisl Piemonte), Gianni Cortese (Segretario Generale Uil Piemonte) e Elena Accossato (Segretaria regionale GD Piemonte).


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