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L'insegnamento della Pace di don Luigi Bettazzi

Aggiornamento: 25 mar 2023

di Michele Ruggiero

Ieri sera monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, classe 1923, 99 primavere, ci ha regalati un'altra preziosa testimonianza di fede nella Pace. Proprio così: fede nella pace, presupposto fondamentale per guardare all'altro come fratello e non come nemico, per credere nella possibilità e nella necessità del dialogo.

Dopo aver officiato la messa, ai presenti al Teatro dell'Oratorio "Beato Angelo Carletti" di Chivasso, don Bettazzi non si è risparmiato, insieme con Beppe Reburdo, per anni presidente dell'Associazione per la pace del Piemonte, nell'offrire la sua visione della guerra che da tredici mesi (ieri) dilania l'Ucraina. Persone di ogni ceto sociale, giovani mischiati a tanti meno giovani, hanno ascoltato le parole carismatiche del presule che dal 1946, anno del suo sacerdozio, prosegue con lucida perseveranza l'ideale di convivenza civile tra i popoli, in cui sia messa al bando la violenza che dal 1945 è anche a rischio di catastrofe nucleare. Come lo fu nel 1962, ha ricordato don Bettazzi, quando il mondo si trovò ad un passo dall'olocausto atomico per la crisi di Cuba, per i missili piazzati nell'isola caraibica dall'Unione Sovietica che provocò la reazione degli Stati Uniti guidati dal presidente John Fitzgerald Kennedy. Ma in quella circostanza, un Papa, Giovanni XXIII seppe parlare a tutti gli uomini della Terra, non soltanto ai cristiani, e la sua fu una mediazione forte, ferma, alta, che diede un grande contributo alla soluzione della grave controversia internazionale.

Ed è ancora sulle parole di un Papa, Francesco, voce isolata nella ricerca della Pace in mezzo ad un esercito di cantori della guerra, che don Luigi Bettazzi ha ammonito a non farsi suggestionare dall'inseguire la violenza come metodo privilegiato per sanare le dispute internazionali. La violenza è il preludio ad un vicolo cieco: una denuncia accompagnata senza esitazioni cerchiando le responsabilità dell'Occidente e della Nato; quella sorta di "avidità" politica e territoriale che ha spinto l'Alleanza Atlantica, dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica ad allargare la sua influenza ad Est, nonostante le assicurazioni verbali date all'epoca dal presidente americano Ronald Reagan a Mikhail Gorbaciov. Una politica che ha contribuito a restituire (e ora a propagandare) al Cremlino la sensazione sempre più verosimile di un completo accerchiamento della Russia unita alla volontà di imporre un ordine mondiale a trazione unica. Analisi che non ha giustificato Putin dalla sue responsabilità di aggressore, ma che ha riproposto più elementi diventati paradossalmente invisibili, a dispetto dalla valanga di immagini e di parole acritiche che si riversano con dovizia di particolari sulla guerra: dalle sofferenze e distruzioni concrete, psicologiche e morali subite dalla popolazione civile ucraine all'abisso delle lordure di sangue in cui precipitano nella feroce lotta i combattenti, di una parte e dall'altra.

Tra l'altro, è proprio di ieri la denuncia dell'Onu di torture ed esecuzioni sommarie compiute da entrambi gli eserciti. Accuse che Kiev ha respinto, chiedendo immediatamente le prove. Richieste legittime, ma che il comune cittadino sa riconoscere fine a se stesse, perché la sporcizia della guerra non è di oggi. L'elenco è sterminato. Uno scenario di orrori su cui don Luigi Bettazzi è ritornato indirettamente con la memoria, soffermandosi sull'impegno per la Pace, lui presidente per anni di Pax Christi, nutrito da marce pacifiste dai grandi orizzonti, in nome del disarmo, dell'obiezione fiscale alle spese militari. E in particolare nel ricordo di quella del 7 dicembre del 1992 nella Sarajevo assediata dalle milizie serbe, in prima fila insieme con don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, prematuramente scomparso nell'aprile del 1993.

Mobilitazioni corali di cui ci si sente orfani, ma dalle quali è sempre passato il cammino per salvare in questo difficile frangente l'umanità.



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