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L'appello del cardinale Parolin: Stiamo facendo di tutto per porre fine alla guerra in Ucraina?

di Vice

"Jamais plus la guerre, jamais plus la guerre!... Non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell'intera umanità". Con le parole pronunciate da papa Paolo VI alle Nazioni Unite, nella sua visita a New York il 4 ottobre del 1965, il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, ha messo su chiari e precisi binari il suo intervento all'iniziativa promossa stamane, 13 dicembre, dall'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede in collaborazione con i mezzi d'informazione del Vaticano e la rivista Limes“: un incontro dal titolo “L’Europa e la guerra. Dallo spirito di Helsinki alle prospettive di pace”.[1]

Nella circostanza, richiamandosi alla Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa che si svolse a Helsinki nel luglio e agosto del 1975, chiusa da un fondamentale documento finale sottoscritto da trentacinque Paesi, tra cui Stati Uniti, Unione Sovietica, Italia e Santa Sede, monsignor Parolin ha ribadito con fermezza, ricordando le parole di papa Francesco all'Angelus del 2 ottobre, che di "fronte alle immagini che ogni giorno ormai dal 24 febbraio scorso ci vengono proposte, c’è il rischio dell'assuefazione. Finiamo quasi per non fare più caso alle notizie della pioggia di missili distruttivi — le armi intelligenti non esistono — dei tanti morti civili, dei bambini rimasti sotto le macerie, dei soldati uccisi, degli sfollati, di un Paese disastrato dalle città semi distrutte e senza energia elettrica, dell'ambiente devastato".


Ma c'è un altro passo, estremamente significativo del discorso del Segretario di Stato della Santa Sede, che mostra ancora una volta la caparbietà del soglio pontificio ad esercitare tutta la sua influenza diplomatica per porre fine al conflitto russo-ucraino, laddove con severa preoccupazione si pone la domanda, tutt'altro che retorica, se si stia "facendo di tutto, tutto il possibile per porre fine a questa tragedia". Ed è una domanda che precede la richiesta di un cambio di prospettiva nella visione delle relazioni internazionali, e non soltanto da parte dei Grandi della Terra, più volte auspicato da Papa Francesco. Sebbene, ed è un dato oggettivo, è arduo riproporre la convergenza su una proposta di pace e di cooperazioni che connotò l'incontro nella capitale finlandese nel 1975, si deve lavorare, ha affermato il cardinale Parolin, per far rivivere lo spirito di Helsinki adoperandoci con creatività". "Abbiamo bisogno di affrontare questa crisi, questa guerra e le tante guerre dimenticate, con strumenti nuovi. Non possiamo leggere il presente e immaginare - ha aggiunto - il futuro soltanto sulla base dei vecchi schemi, delle vecchie alleanze militari o delle colonizzazioni ideologiche ed economiche. Abbiamo bisogno di immaginare e di costruire un nuovo concetto di pace e di solidarietà internazionale, ricordandoci che tanti Paesi e tanti popoli chiedono di essere ascoltati e rappresentati. Abbiamo bisogno di realizzare nuove regole per i rapporti internazionali, che oggi ci appaiono — passatemi l’espressione — molto più “liquidi”, e dunque inconsistenti, rispetto al passato. Abbiamo bisogno di coraggio, di scommettere sulla pace e non sull’ineluttabilità della guerra; sul dialogo e sulla cooperazione, e non sulle minacce e sulle divisioni".

Pensieri e riflessioni che sfrattano dal consesso civile quanti continuano ad alimentare la politica dello scontro fine a se stessa, mentre con la mano destra, appoggiata ipocritamente sul cuore in nome del popolo, si controlla in realtà lo spessore del proprio portafoglio.

[1] Dallo spirito di Helsinki alle prospettive di pace, Osservatore Romano, 13 dicembre 2022, in https://www.osservatoreromano.va/

[2] La "Dichiarazione sui principi che guidano le relazioni tra gli stati partecipanti" inserita nell'Atto finale (nota anche come "il decalogo") elencava i dieci punti seguenti:

  1. Eguaglianza sovrana, rispetto dei diritti inerenti alla sovranità

  2. Non ricorso alla minaccia o all'uso della forza

  3. Inviolabilità delle frontiere

  4. Integrità territoriale degli stati

  5. Risoluzione pacifica delle controversie

  6. Non intervento negli affari interni

  7. Rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo

  8. Eguaglianza dei diritti ed autodeterminazione dei popoli

  9. Cooperazione fra gli stati

  10. Adempimento in buona fede degli obblighi di diritto internazionale


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