Isoliamo Netanyahu e il suo governo, non il popolo d'Israele
- Vice
- 26 set
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Aggiornamento: 27 set
di Vice

Da una parte c'è l'allucinante discorso, diffuso dagli altoparlanti anche nell'apocalittico scenario della Striscia di Gaza, del premier israeliano Bibi Benjamin Netanyahu in un'aula del Palazzo di Vetro che rapidamente si svuota, tra fischi e sonore contestazioni, e che rende concreto l'isolamento di Israele, come mai era accaduto negli ultimi 77 anni della sua esistenza. Le menzogne non hanno diritto all'ascolto. Lo spiega bene il quotidiano israeliano d'opposizione Haaretz, che nel ritrarre in maniera caricaturale Netanyahu, ne offre un'interpretazione tra il piazzista e il più mediocre dei prestigiatori per essersi presentato all'Assemblea generale dell'ONU "armato, come sempre, di una serie di trucchi pirotecnici [intesa a mostrare] che i nemici di Israele sono in realtà i nemici di tutto l'Occidente".
Non ci si può però nascondere che quella corposa fetta del mondo, che ieri, 26 settembre, ha travalicato in massa il semplice rigetto al mittente di una criminale retorica votata al genocidio del popolo palestinese, rischia di voltare le spalle anche all'intero popolo ebraico. Ed è un serio pericolo. Ma non per l'antisemitismo che si può generare. La democrazia occidentale ha ancora al suo interno sufficienti valori e anticorpi per bloccare fanatismi e isterismi estremistici. Il pericolo deriva dalla convinzione che tende ad affermarsi che Israele sia un monolite sionista, ottuso, nazionalista e omicida, per cui non esiste un'alternativa credibile a Netanyahu che possa rompere sic e simpliciter lo schema della politica repressiva e intollerante verso i palestinesi che ha contraddistinto anche l'azione ambigua anche verso l'odiato Hamas negli ultimi vent'anni. Cadere in questa trappola è fare il gioco perverso di Netanyahu e dei suoi accoliti fascisti e estremisti religiosi, che dall'isolamento paradossalmente traggono rinnovata energia per trascinare la società israeliana in una guerra permanente, non certo rivoluzionaria.
Quindi, ora tocca ai cittadini europei e non di origine ebraica uscire da questo stato di narcosi, di catalessi, e recuperare il coraggio morale e civico per porsi accanto alle forze d'opposizione che da mesi in Israele conducono sulla stampa, nelle strade e nelle piazze una legittima campagna delegittimazione di Netanyahu e del suo governo, che con massimo del cinismo usano il dolore dei famigliari degli ostaggi per continuare nella distruzione di Gaza. Infatti, la protesta collettiva è esercitata contro un uomo corrotto su cui pende l'accusa di crimini contro l'umanità, che al pari del suo amico Trump non ha scrupoli nel perseguitare con qualunque mezzo chi dissente, trasformando gli avversari in nemici, e dunque da eliminare o "neutralizzare".
Sull'edizione on line di oggi sempre Haaretz ha espresso un netto e categorico giudizio sul discorso di Netanyahu, "consistito interamente in punti di discussione riciclati che sono stati ripetuti fino alla nausea negli ultimi mesi e non ha offerto nuove dichiarazioni sul futuro della guerra a Gaza, dimostrando ancora una volta che non ha alcun messaggio per il mondo ed è completamente dipendente dalla Casa Bianca".
Dipendente in toto dall'establishment americano, ma non dall'intera America, dove ha ripreso vigore il contrasto al tycoon dei democratici guidati dal deputato Ro Khanna, rappresentante dello Stato della California. Sono quarantotto membri del Camera che hanno invitato l'amministrazione Trump a riconoscere ufficialmente uno Stato palestinese sulla scia dei numerosi alleati degli Stati Uniti che hanno avviato la procedura diplomatica. È un appello che fa intravedere anche un distinguo su Israele, quando si ricorda che è l'attuale governo di Netanyahu a minare qualunque possibilità d'intesa per il cessate il fuoco, preso com'è dall'accelerazione "della campagna di annessione in Cisgiordania" e da rinnovati appetiti d'annessione di Gaza.
I valori dell'Occidente figli dell'Illuminismo, per troppo tempo in sonno, hanno ora, proprio alle soglie di una catastrofe, la possibilità di riportare nel suo giusto asse un mondo che si è rovesciato. Un mondo guidato da leader esaltati che giocano alla guerra e si ritrovano con il fiato sospeso se si invita alla pace; capi di stato che ripetono come pappagalli il motto latino si vis pacem para bellum, come se fossimo ancora all'età del ferro.
Prepotenza e violenza sono acerrimi nemici della convivenza civile. E chi li promuove non può che essere nemico dell'umanità. Non ci si può arrendere a ciò che viene propagandato come inevitabile.
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