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Il Convegno: "Enrico Boffa, una pagina di terrorismo a Rivoli"

STEEME COMUNICATION snc

Aggiornamento: 6 nov 2023


Dalle 16,45 di oggi, 21 ottobre, nella Sala Conferenze della Casa del Conte Verde a Rivoli, in via Piol 19, un convegno organizzato da Unitre Rivoli e La Porta di Vetro con il contributo dell'amministrazione comunale, ricorderà la figura di Enrico Boffa, rivolese, uno dei primi feriti nella stagione del terrorismo. L'iniziativa rientra all'interno degli eventi collaterali dedicati alla mostra fotografica: "Città ferite: Torino Rivoli '70", curata da Tiziana Bonomo con la supervisione di Bruna Bertòlo e Michele Ruggiero.

Dopo i saluti istituzionali del sindaco di Rivoli, Andrea Tragaioli e del vicepresidente del Consiglio Regionale del Piemonte Daniele Valle, prenderanno la parola, tra gli altri, Pierantonio Boffa, figlio di Enrico Boffa, e Flavio Fossat, figlio di Paolo Fossat, quadro Fiat, ferito alle gambe nei pressi dello stabilimento di Rivalta il 19 giugno del 1975, con quattro colpi di pistola munita di silenziatore . L'aggressione fu rivendicata con un comunicato da un'organizzazione terroristica.


La sera del 21 ottobre del 1975, esattamente 47 anni fa, Enrico Boffa, direttore del personale della Singer, la multinazionale delle macchine da cucire che all'epoca aveva uno stabilimento a Leinì con una forza lavoro di poco meno di duemila persone, rimase vittima di un agguato terroristico da parte di un nucleo delle Brigate rosse. Il dirigente, che coniugava la sua professione con l'impegno politico - capogruppo della Democrazia Cristiana nel Consiglio comunale di Rivoli - fu uno dei primi "gambizzati", parola che negli anni si ripropose ossessivamente come il marchio sanguinario delle imprese terroristiche.


La Stampa titolò in prima pagina il grave episodio: "Torino: Brigate rosse sparano ad un dirigente della Singer. È Enrico Boffa, 41 anni; non è grave - Bloccato nel garage di casa, tre sconosciuti lo hanno costretto a inginocchiarsi e fotografato dopo avergli messo un cartello al collo - Prima di fuggire, i brigatisti hanno fatto fuoco".L'articolo di Vincenzo Tessandori, un giornalista esperto, destinato a diventare uno dei più attenti cronisti delle vicende del terrorismo italiano, ricordava che Boffa era già stato preso di mira dai brigatisti il 2 febbraio dello stesso anno, quando, all'alba "una bomba aveva semidistrutto la sua «125 special».

L'ordigno era una «molotov» di tipo assai sofisticato e potente. Quella notte era stata stata distrutta anche l'auto di un altro dipendente della Singer, Pietro La Sala, ex maresciallo dei carabinieri in congedo da un anno. Copie di un comunicato erano state lasciate sui luoghi degli attentati. Diceva, tra altro il testo: 'Questi i due personaggi sono i fautori dell'attacco repressivo che in questa fase viene sferrato contro la classe operaia della Singer'...". Una falsità: era noto ai lavoratori, come ai sindacati, l'impegno di Enrico Boffa per trovare una soluzione meno traumatica possibile dinanzi alla chiusura dello stabilimento prospettata dalla società con la concentrazione della produzione in un altro stabilimento italiano. E gli inquirenti misero al centro delle indagini proprio la conflittualità e la tensione diventate quotidiane alla Singer per la difesa del posto di lavoro, più della Fiat e della Michelin.

I dirigenti dell'Ufficio politico della Questura di Torino osservarono poi che il ritorno sulla scena torinese delle Brigate rosse, a distanza di cinque mesi dal raid culminato nell'incendio di nove autovetture nella notte del 15 maggio, dimostrava il tentativo del partito armato "di dimostrare efficienza in un momento che, per loro, è oggettivamente delicato dopo i ripetuti arresti e le sconfitte che hanno dovuto incassare".

Alla fine del 1975, il bilancio sarebbe stato comunque pesante per il Piemonte e Torino: 3 feriti, 2 incendi a fabbriche, 5 attentati a sedi di partito, chiese, organizzazioni, 3 attentati a caserme, 22 auto incendiate, 3 atti di vario genere.[1] Era il preludio al diluvio di morti e feriti che avrebbe colpito soprattutto il capoluogo piemontese nel 1977: 4 morti (Ciotta, Crce, Crescenzio, Casalegno), 10 feriti, 27 aggressioni, 83 attentati a sedi di partito, caserme, organizzazioni e negozi, 58 auto incendiate.


Note


[1] Consiglio Regionale del Piemonte, Una Regione contro il terrorismo, 1979

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