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I primi 40 anni di democrazia in Brasile: la vittoria di Neves

Jacopo Bottacchi

Aggiornamento: 17 gen

a cura di Jacopo Bottacchi


Siamo, mia cara, ad un soffio, da che il giorno nasca felice. Perché il giorno nasca felice, il mondo intero si svegli, mentre noi dormiamo, dormiamo. Perché il giorno nasca felice, questa è la vita che volevo. Il mondo intero si sveglia”(Pro dia nascer feliz, Barão Vermelho).


Rio de Janeiro, 15 gennaio 1985: i Barão Vermelho, gruppo rock guidato da Cazuza, secondo Caetano Veloso “il più grande poeta dalla sua generazione”, terminavano il loro concerto nella prima edizione di Rock in Rio con “Pro dia nascer feliz”  celebrando, di fronte a migliaia di brasiliani, la fine della dittatura militare. Pochi anni dopo, dando ancora voce al diffuso malcontento verso la politica, lo stesso Cazuza sarà nuovamente voce di una generazione, con l’iconica “O Tempo Não Para”, in cui accuserà “il futuro di ripetere il passato” e dirà di “vedere un museo di grandi novità”, in una fase nichilista del rock brasiliano che succederà, rapidamente e drammaticamente, a quella dell’utopia e delle speranze dei primi anni ’80.

Ma quella delle difficoltà della “Nuova Repubblica”, nata grazie alla vittoria di Tancredo Neves, è un'altra storia; la notte del 15 gennaio 1985 e i giorni successivi furono il momento della festa, dopo 21 lunghissimi anni di dittatura militare.

Moltissimo si potrebbe dire su quei giorni, che portarono allo storico ritorno della democrazia. Una democrazia che, nonostante le enormi difficoltà, non ultime quelle vissute durante la presidenza del capitano dei para Jair Bolsonaro, resiste ancora oggi, seppur ammaccata e fragile.

Con questo articolo iniziamo un viaggio a puntate nel 1985 brasiliano, ripercorrendo le ultime tappe della transizione democratica; racconteremo gli eventi politici, ma anche momenti di cultura, sport, e curiosità interessanti che hanno segnato quegli anni, partendo dal momento in cui “il giorno nacque felice”.

Un viaggio importante perché la lunga transizione democratica brasiliana ci ricorda, anche a migliaia di chilometri di distanza, che la “democrazia è un valore universale”, come scriveva Carlos Nelson Coutinho, che nessuna sconfitta politica è mai definitiva, ma soprattutto che anche le conquiste politiche e sociali non lo sono, ma necessitano dell’impegno collettivo e quotidiano per essere mantenute.

 

Una breve storia del Regime militare

La dittatura brasiliana, definita indegnamente come una “ditabranda” (letteralmente, una dittatura “morbida”, qualunque cosa voglia dire) in un editoriale pubblicato nel 2009 su uno dei principali quotidiani nazionali, la Folha de S. Paulo, non aveva in realtà nulla “da imparare” da quelle ben più conosciute di Cile e di Argentina. Anzi, cronologicamente si può affermare proprio il contrario...

Probabilmente meno conosciuta alle nostre latitudini, durante i 21 anni del Regime furono infatti ben 434 i brasiliani uccisi o scomparsi, ai quali vanno sommati le perlomeno 20.000 vittime di tortura, senza contare poi i cittadini privati dei diritti politici, arrestati o che, prudentemente, si “auto-esiliarono”, in alcuni casi trasferendosi anche per lunghi periodi nel nostro Paese.

Dopo aver conquistato il potere con un colpo di Stato avvenuto nella notte tra il 31 marzo e il 1° aprile del 1964, i militari avrebbero mantenuto il potere tra il 1964 e il 1985, mostrando il loro volto più spietato a partire dal 1967, con l’approvazione dell’Atto Istituzionale n°5, che avviava e legittimava la fase più dura delle repressioni politiche e delle torture.

Proprio negli anni ‘70, tuttavia, i segnali di crisi della dittatura militare erano ormai evidenti; proprio per questo il regime annunciò di voler avviare un’apertura “lenta, graduale e sicura”, come venne definita dell’allora Presidente Generale Ernesto Geisel (1908-1996), che nient’altro era se non una strategia per prolungare il Regime, marginalizzando le forze considerate “estremiste”. La transizione democratica sarebbe stata così lunghissima e caratterizzata anche da significative sconfitte politiche. Tra queste, la più importante fu senza ombra di dubbio quella di Diretas Já, le più grandi manifestazioni della storia del Brasile (almeno fino ad allora), che tra il 1983 e il 1984 occuparono le strade e le piazze di tutte le grandi città in supporto all’Emenda Dante de Oliveira, un progetto di riforma costituzionale che avrebbe reintrodotto l’elezione diretta del Presidente della Repubblica e, di fatto, posto fine al Regime.

Per mesi, al lato di leader politici di opposizione marciarono cittadini, intellettuali, scrittori, cantanti e persino calciatori; tra le altre, divenne celebre la promessa di Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, meglio noto come Sócrates (1954-2011), stella della nazionale brasiliana e leader della Democracia Corinthiana, richiesto dai grandi club di tutto il mondo, che in un discorso dal palco promise che sarebbe rimasto a giocare in patria qualora il Congresso avesse approvato la riforma costituzionale.

L’enorme mobilitazione popolare, tuttavia, non fu sufficiente a convincere i militari a rinunciare al loro potere; quando la Camera dovette votare il testo della riforma, furono 113 i Deputati che non si presentarono in aula, rendendo impossibile il raggiungimento dei ⅔ dei voti necessari. Il regime era riuscito per l’ennesima volta a ritardare il ritorno della democrazia, e Socrates mantenne la sua promessa, abbandonando il paese per trasferirsi a Firenze, dove visse una stagione priva di soddisfazioni. 


La vittoria di Tancredo Neves e il ritorno alla libertà

La dolorosissima sconfitta del 1984 aveva comunque dimostrato che i militari avevano ormai perso il controllo della situazione, che sarebbe deflagrata definitivamente l’anno successivo, quando il Collegio Elettorale Elettorale (l’organo incaricato di scegliere il nuovo Presidente) avrebbe dovuto indicare il successore del Presidente Figueiredo.

In questo contesto emerse la figura di Tancredo Neves, Governatore di Minas Gerais e tra i principali responsabili della riorganizzazione del fronte democratico. Consapevole delle difficoltà interne al PDS, il partito dei militari, Neves riuscì a mantenere compatto il fronte di Diretas Jà, con la sola eccezione del PT, il Partido dos Trabalhadores, di Luiz Inácio Lula da Silva, noto come Lula.

Come previsto, al momento di scegliere un candidato unitario, il partito di regime si spaccò con uno dei suoi leader, il senatore José Sarney, che pubblicò il Manifesto da Frente Liberal, una proposta rivolta al fronte democratico per formare un governo di conciliazione nazionale. I militari perdevano così definitivamente la maggioranza nel Congresso; Neves, capo del Partito del Movimento Democratico Brasiliano (PMDB), a quel punto strinse un accordo con Sarney, indicandolo come candidato alla vicepresidenza.

Grazie ad un abile manovra politica il 15 gennaio 1985 Neves veniva eletto Presidente della Repubblica con un’ampissima maggioranza, ottenendo più del 70% dei voti. Un “civile” tornava così ad essere Presidente della Repubblica.

La transizione democratica, tuttavia, era appena iniziata e non sarebbe stata priva di ostacoli… ma, perlomeno, quella del 16 gennaio fu davvero l’alba di un giorno che nasceva felice.

 

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